2021-07-10
È guerriglia nel M5s Conte e Bonafede sparano sul governo
Alfonso Bonafede e Giuseppe Conte (Ansa)
Il partito difende il compromesso, ma Fofò grida al tradimento L'avvocato stronca la norma e punge Beppe Grillo sulla leadership.Ce ne hanno date tante, ma quante gliene abbiamo dette… Il day after grillino, dopo lo schiaffo rimediato l'altro ieri in cdm su prescrizione e giustizia, ha esattamente questo tratto: un fiume di parole forti nel malinconico tentativo di attenuare la pesantezza dell'umiliazione subita. E, in controluce, uno scontro interno al calor bianco tra l'ala dura e l'ala governista del Movimento.Può certamente gridare mantenendo la sua linea dura e pura Alessandro Di Battista, che ora è fuori dai giochi e a cui il governo con Mario Draghi non è mai andato giù: «Una forza politica che tre anni fa - sebbene pare sia passato un secolo - prese il 33% dei voti grazie a sacrosante istanze di cambiamento e che finisce a portare il caffè a chi un tempo diceva di voler spazzar via accontentandosi, in modo dozzinale, di mancette composte, oltretutto, da banconote false». E ancora, per chi non avesse capito bene: «Non è vero che Draghi è grillino, sono certi grillini ad essere ormai irrimediabilmente diventati draghiani. Intimoriti o interessati, i ministri a 5 stelle hanno dato prova di incapacità politica, pavidità, accidia e inadeguatezza». Una lapide più che un commento sulla testata Tpi. Decisamente più scomoda è invece la posizione di Giuseppe Conte: non è ancora leader del Movimento, è impantanato in una faticosa trattativa con Beppe Grillo, e l'altro ieri è miseramente fallito il suo tentativo - da fuori - di indurre la delegazione governativa grillina ad astenersi in cdm. Ieri, dunque, non gli è rimasto altro se non piagnucolare e attaccare indirettamente i ministri pentastellati: «Non canterei vittoria. Non sono sorridente su questo aspetto della prescrizione, siamo tornati a quella che è una anomalia italiana». E ancora, tentando di ergersi a contraltare di Draghi: «Si cerca sempre la contrapposizione Conte-Draghi. Ma qui non è un Conte contro Draghi, si tratta di confrontarsi sui principi». Poi una velata minaccia a Grillo: «La leadership è una premessa indispensabile, c'è un progetto statutario e organizzativo. Se l'ipotesi di progetto venisse condivisa io ci sono, altrimenti no». E infine vaghe promesse all'ala dura: «Se io sarò leader del Movimento, il progetto politico sarà chiaro e di forte identità». Alleanze? Prima un mezzo no («Al momento non ha senso parlare di un'alleanza precostituita, senza i contenuti»), poi un sì che svela l'ovvio (in caso di accordi «gli interlocutori privilegiati sono Pd e Leu»).Sulla stessa linea barricadera si colloca il grande sconfitto del giorno prima, l'ex ministro Alfonso Bonafede, titolare della norma parzialmente sbianchettata da Marta Cartabia: «Nell'unanimità improvvisata di ieri che ha visto tutti insieme a tutti, si è inevitabilmente e oggettivamente annacquata una battaglia durata dieci anni». Anche dall'ex Guardasigilli parole al veleno sull'attuale delegazione governativa grillina: la norma è stata approvata «con il timoroso e ossequioso benestare dei ministri M5s (che non hanno avuto nemmeno il tempo e la possibilità di analizzare la proposta)». A ben vedere, però, non si comprende sulla base di quali rapporti di forza l'ala contiana (Conte stesso, Bonafede, Casalino), che pure può contare sull'esplicito supporto esterno di Marco Travaglio e del suo giornale, potesse pensare di far cadere il governo o di costringere il Movimento a uscirne. E infatti ieri l'editoriale di Travaglio era fiammeggiante contro i grillini di governo («Gli unici coerenti sul salvaladri Draghi-Cartabia sono quelli che l'hanno sempre voluto, cioè i berluscones. Tutti gli altri devono semplicemente vergognarsi»). Di più: l'edizione online del Fatto ieri pomeriggio ha versato altra benzina sul fuoco accusando esplicitamente proprio Grillo di aver fatto pressione sui suoi ministri (dopo essere stato sollecitato da Draghi) affinché si allineassero. Una specie di accusa di alto tradimento: e il segno di una battaglia - interna ed esterna - che potrebbe portare i più vicini a Conte a inasprire le loro posizioni. E infatti lo scontro minaccia di farsi pesante. Ieri pomeriggio, in oggettiva contrapposizione alle note durissime di Conte e Bonafede, è comparso sul nuovo sito del Movimento un comunicato difensivo, che, non senza qualche arrampicata sugli specchi, ha cercato di giustificare le scelte del giorno prima: «Di fronte a una proposta iniziale che, di fatto, smantellava tutto quanto fatto in questi anni, abbiamo combattuto con le armi che abbiamo, dentro una maggioranza che sul tema la pensa diversamente da noi». E ancora: «Se non ci fossimo stati noi, l'esito sarebbe stato molto diverso. Dobbiamo farci trovare pronti, ancora una volta, a difendere col coltello fra i denti quanto conquistato. E non sarà facile, siatene certi».Insomma, una nave senza nocchiero in gran tempesta: da un lato c'è chi spara a palle incatenate, dall'altro chi accampa deboli difese del lavoro svolto. Risultato? La navigazione parlamentare del provvedimento si annuncia complicatissima e imprevedibile: in questo pandemonio, non si vede come possano trovare compattezza i 162 deputati e i 75 senatori grillini, che già appaiono balcanizzati.Intanto, restano sul terreno - come vittime civili collaterali - per un verso un testo governativo mediocre e contraddittorio (che, proprio per accontentare i grillini, mantiene più lunghi i processi per i reati contro la Pubblica amministrazione, introducendo un'evidente disparità di trattamento tra imputati per reati diversi), e per altro verso il Pd, che assiste attonito alla deflagrazione dell'alleato che aveva prescelto.
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Margherita Agnelli (Ansa)