2022-08-11
I due Bulli tentano di pedalare insieme. Forse oggi finisce la fiction Azione-Iv
Matteo Renzi e Carlo Calenda (Imagoeconomica)
Braccio di ferro su candidature e liste tra Matteo Renzi e Carlo Calenda. Grandi discussioni sul simbolo e sul ticket Carfagna-Bonetti.Il format è sempre lo stesso: trattative spossanti, egocentrismo parossistico, e - nei momenti di pausa - bullismo social. A giudicare dall’impietoso 2% piovuto su Azione proprio dopo le giornate di massima visibilità in tv di Carlo Calenda, qualcuno farebbe bene a ipotizzare un cambio di schema: ma per ora prevale la coazione a ripetere. Cominciamo dalle trattative con Matteo Renzi, a cui Calenda è legato da sentimenti ambivalenti: consonanza sui contenuti, rivalità personale, timore di essere fregato. Ancora ieri, i calendiani avrebbero voluto candidature comuni nell’uninominale, ma due distinte liste nel proporzionale: richiesta dettata dalla convinzione di essere più forti. I renziani - con maggior realismo - insistono invece per una lista unica, che avrebbe più speranze di valicare l’asticella del 3%. Tra l’altro, con due liste, per Azione si riproporrebbe lo scoglio delle firme necessarie per presentarsi. Una volta che questo nodo sarà stato sciolto, si capirà che tipo di simbolo utilizzare. In caso di lista unica, l’egocentrismo calendiano sarebbe comunque soddisfatto: il capo di Azione avrebbe infatti ottenuto che nella metà superiore del simbolo sia scritto il suo cognome, mentre nella metà inferiore, secondo il modello delle «biciclette» elettorali, ci sarebbe sia il logo di un movimento politico sia quello dell’altro. E le candidature? Il braccio di ferro è ancora in corso: Calenda vorrebbe una ripartizione del 60% per sé e del 40% ai renziani, che invece insistono per un salomonico 50% a testa. Probabile che ci si incontri a metà, e che poi ciascuno si faccia carico di una quota minima da garantire ai contraenti più piccoli, a partire da Federico Pizzarotti: i più perfidi ieri dicevano che Renzi e Calenda dovranno anche discutere di chi si terrà Pizzarotti nei weekend. Da trentasei ore, poi, si riconcorrono voci contraddittorie su chi sarà il frontrunner: Renzi, per vellicare la vanità calendiana, ha fatto presente la sua disponibilità a cedere il passo. Dopo di che, dai due accampamenti, sono state fatte circolare formule al femminile, o per investire del ruolo Mara Carfagna, o per immaginare un ticket tra la stessa Carfagna e Elena Bonetti. Ma - in tutta franchezza - la cosa avrebbe un po’ il sapore della presa in giro: come si può sostenere che, sotto un simbolo in cui potrebbe esserci scritto a caratteri cubitali il cognome «Calenda», e mentre Calenda stesso imperversa in tv, il leader sia qualcun altro? Appare così abbastanza evidente il tentativo, attraverso un eventuale ruolo della Carfagna (la quale diverrà con ogni probabilità coordinatrice politica di Azione), di andare all’attacco di Forza Italia, che i calendiani sono convinti di poter elettoralmente saccheggiare. Per carità: nulla si può escludere. Ma la sensazione è che si tratti di un’altra sessione di training autogeno da parte di Calenda: se infatti la nuova minicoalizione resta fatalmente di impronta progressista; se è abbastanza chiaro che (nonostante gli insulti con il Pd: l’altra sera Calenda ha quasi minacciato, in tv, di rendere noti i messaggini scambiati con Enrico Letta nei giorni caldi della trattativa) questa lista - dopo il voto - tornerà a dialogare in una forma o nell’altra con il centrosinistra, non si vede per quale ragione gli elettori di centrodestra dovrebbero farsi incantare da un simile specchietto per le allodole. Questo terzo polo (o quarto, visto che parte molto al di sotto dei sondaggi grillini) non è equidistante tra centrodestra e centrosinistra, e dunque è improbabile che possa rosicchiare più di tanto a destra. Sta di fatto che l’accordo pare inevitabile, ma non è ancora concluso. Lo stesso Renzi, ieri, ha preso tempo: «Con Calenda non abbiamo ancora chiuso, ci dovremo vedere domani (oggi, ndr), abbiamo tempo fino a venerdì. Serve un accordo molto serio. La leadership è il tema finale del percorso. Uno o tutti e due dobbiamo fare un passo indietro. Prima l’accordo e poi i nomi». Per concludere, intervistato dall’edizione online della Stampa, un avvertimento: «Io non sono una mammoletta». Si vedrà. Si diceva infine delle «pause» dedicate al bullismo social: anche ieri Calenda non si è risparmiato. Pesci in faccia con Emma Bonino: lei lo ha accusato di un «un voltafaccia repentino, immotivato e anche truffaldino», lui l’ha ruvidamente invitata a «non perdere il controllo». Altro tweet, altra rissa: stavolta con l’ex amica Irene Tinagli, ora vicesegretaria del Pd, che aveva dichiarato: «Siamo noi i veri riformisti, non i partitini personalistici». Apriti cielo: inevitabile a quel punto la replica di Calenda, lesto a rinfacciare episodi passati («Ho fatto una battaglia per imporla al Pd come capolista a Milano»). Infine, a testimonianza di dove batta il cuore di Calenda, pacche sulle spalle per Carlo Cottarelli, per quanto candidato da Pd e Più Europa: «Avere Cottarelli in Parlamento sarà una cosa positiva per il Paese. Indipendentemente da chi lo candida. Un abbraccio», Calenda dixit. Stavolta senza bacio.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
Continua a leggereRiduci
Mark Zuckerberg (Getty Images)