2022-07-06
Draghi va dal «dittatore necessario». Chiede la pace ma promette missili
Mario Draghi e Recep Tayyip Erdogan (Ansa)
Il premier da Recep Tayyip Erdogan rilancia la linea del negoziato, a partire dalle rotte del frumento. Sulla Libia, però, restano attriti con la Turchia. Mr Bce invoca aiuti per gli sbarchi: «Non ce la facciamo più ad accogliere».Si è tenuto ieri il nuovo vertice intergovernativo tra Italia e Turchia: il terzo incontro di questo tipo, dopo quelli svoltisi a Roma nel 2012 e a Smirne nel 2008. Nell’occasione, Mario Draghi è stato ricevuto ad Ankara dal presidente Tayyip Erdogan: il premier era accompagnato dai ministri Luigi Di Maio, Giancarlo Giorgetti, Lorenzo Guerini, Luciana Lamorgese e Roberto Cingolani. In questa cornice, sono state siglate svariate intese in vari campi: dalla Difesa allo sviluppo sostenibile, passando per la protezione civile. Gli occhi erano tuttavia puntati sulla conferenza stampa congiunta diDraghi ed Erdogan. Nonostante gli attriti del passato, i due leader hanno mostrato una discreta sintonia. «Draghi è un mio amico, faccio le condoglianze per l’incidente della Marmolada. L’Italia per noi è molto importante sul piano energetico e anche sulla questione Libia», ha detto il presidente turco. «Voglio ringraziare il presidente Erdogan e il governo turco per l’organizzazione di questo terzo vertice intergovernativo e per la calorosa ospitalità. L’incontro di oggi indica una volontà comune di rafforzare la collaborazione tra i nostri Paesi», ha replicato Draghi. I due leader hanno sottolineato la solidità delle relazioni commerciali che intercorrono tra Roma e Ankara. Il turco ha anche parlato positivamente dei rapporti nel settore della Difesa, intervenendo specificamente sulla questione del sistema missilistico Samp-T. «Samp-T è importante per Italia, Francia e Turchia. Abbiamo discusso la questione con Macron al vertice della Nato. Ne abbiamo discusso ancora nel nostro incontro con Draghi. I nostri ministri della Difesa lo hanno fatto. Vogliamo arrivare alla fase della firma per quanto riguarda Samp-T, perché anche questo è di grande importanza per i nostri sistemi di difesa», ha dichiarato. Non sono poi mancati riferimenti alla questione energetica. «L’Italia è un partner per noi importante nel campo dell’energia», ha affermato il presidente turco. «Abbiamo dato grande importanza ai nostri progetti e interessi comuni per la sicurezza energetica, tra cui la nostra cooperazione per costruire un gasdotto sottomarino nella riserva di gas di Sakarya sul Mar Nero». Un’ulteriore questione centrale della conferenza stampa è stata ovviamente rappresentata dalla crisi ucraina. Draghi ha detto che «Italia e Turchia sono unite nella condanna alla Russia e nel sostegno a Kiev», ribadendo al contempo l’auspicio di un rilancio delle trattative diplomatiche, in vista di una pace che sia accettabile per l’Ucraina. È in questo contesto che è stata affrontata la questione del piano volto a sbloccare il grano nei porti ucraini. Erdogan, in particolare, ha detto di sperare che un accordo per un corridoio nel Mar Nero sia possibile entro una decina di giorni. Secondo il nostro premier, un’intesa sul frumento «ha un importantissimo valore strategico», perché «nel complesso degli sforzi per la pace sarebbe un primo atto di concordia, un primo tentativo di arrivare a un accordo per un fine che deve coinvolgerci tutti perché ne va della vita di milioni di persone nelle aree più povere del mondo». Insomma, Draghi ha rilanciato ieri la linea trattativista condivisa con Francia e Germania. Una linea cara anche alla Turchia che, visti i suoi rilevanti interessi in ballo, sta cercando da tempo di ritagliarsi il ruolo di grande mediatrice nella crisi ucraina. Una sintonia in tono minore si è invece registrata sull’altro dossier centrale del vertice di ieri: quello libico. Su questo fronte, Roma e Ankara sposano notoriamente degli interessi divergenti. Erdogan sta rafforzando la propria influenza sulla parte occidentale del Paese nordafricano e ha recentemente prolungato di 18 mesi la presenza delle proprie truppe in loco. In tutto questo, non è affatto escludibile che il sultano punti a un accordo di spartizione con Vladimir Putin che, grazie ai mercenari del Wagner Group, ha esteso la sua longa manus sulla Libia orientale. Ebbene, quando i due leader sono stati interpellati ieri sul dossier libico, le risposte sono apparse decisamente evasive. Draghi si è limitato a dire che l’obiettivo comune di Roma e Ankara è quello di una stabilizzazione della Libia. Una posizione, questa, rimarcata anche da Erdogan. Tuttavia, nessuno dei due ha spiegato in concreto come intendano collaborare e come sia possibile stabilizzare un Paese che rischia di piombare in una nuova guerra civile. Ciò lascia intendere che forse, nel loro colloquio a porte chiuse, Draghi ed Erdogan non abbiano trovato un accordo soddisfacente sul tema. Se così fosse, per l’Italia sarebbe ancora più urgente cercare di rompere l’idillio recentemente creatosi tra Joe Biden e il leader turco. L’unico aspetto su cui, restando al fronte libico, il nostro premier è sembrato più chiaro è quello migratorio. «La gestione dell’immigrazione deve essere umana, equa ed efficace. Noi cerchiamo di salvare vite umane. Ma occorre anche capire che un Paese che accoglie non ce la fa più [...] Forse noi siamo il Paese meno discriminante e aperto, ma anche noi abbiamo limiti e ora ci siamo arrivati», ha detto Draghi, che ha anche riferito di aver parlato con Erdogan di diritti umani. «Ho incoraggiato il presidente Erdogan a rientrare nella Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne», ha detto. Insomma, si rafforzano le relazioni tra Roma e Ankara. Ma alcuni nodi restano sul tavolo. Nodi che, a partire dalla Libia, devono essere affrontati e sciolti tempestivamente.
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