2022-05-26
Draghi con i balneari stravolge un settore che vale 120 miliardi
Il ddl Concorrenza contiene gli stessi errori delle privatizzazioni. Ecco quali sono i veri impatti economici della «lotta ai bagnini».Come i lupi anche i draghi perdono il pelo, ma non il vizio. Il 2 giugno saranno trenta anni esatti dalla «mitologica» riunione a bordo del Britannia, lo yacht dei reali d’Inghilterra, in cui l’allora direttore generale del Tesoro Mario Draghi spiegò agli investitori istituzionali che tra le tante ragioni che inducevano alle privatizzazioni, non una si è realizzata e lo stato attuale dell’economia lo dimostra, vi era anche che si considerava «questo processo di privatizzazione accompagnata da deregolamentazione inevitabile perché́ innescato dall’aumento dell’integrazione europea». Sono passati appunto sei lustri e siamo ancora lì. Rischiando di commettere, con l’applicazione della Bolkestein alle concessioni tanto balneari quanto delle centrali idroelettriche, gli stessi errori che hanno portato alla svendita dell’economia italiana. L’allora direttore generale del Tesoro, a bordo del Britannia, affermò: «Lasciatemi sottolineare ancora che non dobbiamo fare prima le principali riforme e poi le privatizzazioni. Dovremmo realizzarle insieme». Non avendo fatto le riforme abbiamo perso le imprese. Telecom, Montepaschi, Autostrade (tra le tante) sono lì a dimostrarlo. Con gli stabilimenti balneari va ancora peggio. Occorrerebbe che Draghi riflettesse sull’impatto della Bolkestein. Per forzare la mano, ha detto che è a rischio il Pnrr. Tutti sanno che non c’entra nulla, ma è stato sufficiente a piegare i partiti a un compromesso che dovrebbe diventare operativo il 30 maggio col voto parlamentare. In sostanza si tratta di questo: si va all’asta per le concessioni entro il 31 dicembre 2023, possibile la proroga di un anno, indennizzi per chi dovesse perdere l’impresa. La domanda è, però, se non sia l’Italia a perdere il suo posto al sole. Anche perché chi, come Spagna e Portogallo, ha imparato dagli italiani a costruire un’offerta turistica sulle concessioni balneari, della Bolkestein non se ne cura, salvaguardia l’interesse nazionale e allunga fino a 30 anni l’affitto (va detto, molto più caro che in Italia) per i lidi. In Italia le concessioni balneari muovono il 64% del turismo: 120 miliardi. Per valutare gli impatti economici e turistici, si deve tenere conto non solo del valore diretto (nel caso dei bagnetti, il fatturato non supera i 2,4 miliardi, qualcuno lo tira fino a 15 miliardi, ma è un’esagerazione) ma del conto satellite. Cioè dei moltiplicatori che innesca l’esistenza di un’attrattiva. Il turismo balneare, compresi i laghi, vale il 64% del fatturato turistico che assomma circa 189 miliardi, il 13% del Pil pari, al netto delle difficoltà attuali di reperimento di manodopera, a 3,4 milioni di occupati. La domanda da porsi è: la sinergia stabilimento balneare-offerta turistica resta intatta con l’applicazione del ddl Concorrenza? Vi sono alcuni aspetti tecnici non secondari. Gli hotel che hanno concessioni possono mantenerle? Senza la disponibilità dell’arenile, la competitività di quell’hotel diminuisce? E, al contrario: se l’hotel viene alienato, la concessione segue la proprietà e dunque diventa una privatizzazione surrettizia? Altro aspetto: se il target di una località turistica si altera per effetto di standard qualitativi differenti tra balneare e ricettivo, che succede al fatturato di territorio? È applicabile a un paese che ha 8.500 km di coste di frontiera più altri 10.000 km di spiagge interne lo stesso criterio di gestione delle coste del mar del Nord o della Normandia? Questo è stato, forse, il più grave errore di Mario Draghi il «privatizzatore». Oggi come allora non tiene in conto la specificità italiana. Non considera che il turismo balneare è nato in Italia e che è una peculiarità della nostra offerta. La prima concessione è del 1781 e la ottenne a Livorno Paolo Baretti dal Granduca di Toscana. Nacquero i bagni di mare come prolungamento delle terme, nel volgere di un cinquantennio diventarono attrattiva assoluta. Moltissimi stabilimenti balneari, soprattutto in Versilia e in Liguria, sono dei capolavori del liberty. Se l’Europa inventasse una Bolkestien per i beni culturali saremmo disposti ad alienare il Colosseo? Totò con la fontana di Trevi c’era riuscito e il nostro Governo ha talvolta esiti comici. Vi è poi l’aspetto non trascurabile della sicurezza: delle persone in mare, della navigazione e anche dei confini. Se molti tratti di spiaggia vengono abbandonati, chi li sorveglia? I litorali più soggetti a sbarchi di clandestini, oggi comunque presidiati dai concessionari, se perdono appetibilità turistica diventano «spiaggia di nessuno»? Pare evidente che il mercato non risolve tutto, né tutto spiega e chi s’impalca a difesa del liberismo attraverso lo sfratto dei bagnini rischia di darsi l’ombrellone sui piedi perché potrebbe essere che i costi, a liberalizzazione fatta, siano per lo Stato superiori ai benefici. La manutenzione chi la fa? Moltissimi stabilimenti balneari, soprattutto lungo le coste più frastagliate, hanno realizzato, a proprio investimento, moli e dighe che sono sia protezione della costa, sia approdo per piccoli natanti incrementando la carente portualità turistica italiana. Questi mini-scali vengono dismessi? Tra approdi e punti d’ormeggio, in Italia ci sono 94.400 posti barca, il 57% di quelli disponibili. Sono 15 miliardi di fatturato del turismo nautico che stiamo consegnando in mani straniere? Il caso Red-Bull nel marina Hannibal di Trieste lo dimostra. Infine: sui 189 miliardi di fatturato «vacanziero». il valore aggiunto è calcolato in 112 miliardi. Di questi. il 30% è generato dall’uso turistico della casa di proprietà; circa il 75% di queste è in località balneari. Sono 35 miliardi di valore aggiunto che l’applicazione della Bolkestein mette a rischio. Varare una «privatizzazione» degli arenili senza tenere conto di questi fattori rinnova l’infelice stagione già vissuta: un trasferimento all’estero di ricchezza nazionale.
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