L’ex premier si accorge soltanto ora che gli obiettivi green sono «irrealizzabili». Poi critica la burocrazia continentale: «Troppo lenta, potrebbe non riuscire a riformarsi». Il suo piano B: alcuni Stati facciano da sé.
L’ex premier si accorge soltanto ora che gli obiettivi green sono «irrealizzabili». Poi critica la burocrazia continentale: «Troppo lenta, potrebbe non riuscire a riformarsi». Il suo piano B: alcuni Stati facciano da sé.Mario Draghi fa il funerale all’Unione europea. «I cittadini e le aziende sono delusi dalla lentezza della Ue». Gli Stati «agiscono in maniera scoordinata». I target climatici al 2035 per le auto «sono superati». La norma sull’intelligenza artificiale va «sospesa». La Gdpr, ovvero la legge che impone alle aziende la tutela dei dati, «aumenta i costi delle imprese europee del 20% rispetto ai concorrenti Usa». Ma anche l’obiettivo di arrivare a produrre il 20% di microchip nel Vecchio continente non è «realizzabile». L’ex numero uno della Bce è andato giù duro alla conferenza organizzata dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, per celebrare il primo anno dalla pubblicazione proprio del Rapporto di Draghi sul futuro della competitività europea. Competitività che avrebbe bisogno ora di 1.200 miliardi l’anno di investimenti e non più degli 800 profetizzati solamente 12 mesi fa.Più che di un «rapporto» si tratta di un lamento continuo, quello dell’ex premier. «L’Europa si trova in una situazione più difficile. Il nostro modello di crescita sta svanendo. Le vulnerabilità stanno aumentando. E non esiste un percorso chiaro per finanziare gli investimenti di cui abbiamo bisogno. Ci è stato dolorosamente ricordato che l’inazione minaccia non solo la nostra competitività, ma anche la nostra stessa sovranità». Parole forti, che però al di là del bla bla politico di giornata non si sa a cosa porteranno. Anche perché dopo un anno di dibattiti sulla necessità di adottare l’agenda Draghi, appena l’11% dei suoi contenuti ha iniziato a essere messo nero su bianco. Il problema, al di là della volontà politica si seguire il vangelo di super Mario, è che «l’attuazione deve essere affidata a project manager esperti, non a burocrati. E l’Europa dovrebbe essere in grado di effettuare investimenti diretti in poche, grandi iniziative strategiche di deep tech». A sentire l’uomo del «whatever it takes» che salvò l’euro e l’Italia dalla speculazione dei mercati nel 2012, sorge però una domanda: dov’era Draghi in questi ultimi 10 anni? Ad esempio sull’automotive ha chiesto di rivedere la normativa Ue sui target Co2 al 2035, puntando a un approccio tecnologicamente neutrale che includa anche carburanti carbon neutral. «Il mercato delle auto elettriche non è decollato come previsto, le infrastrutture di ricarica sono insufficienti e la flotta europea continua a invecchiare», ha osservato. «I target si basano su presupposti che non sono più validi. La scadenza del 2035 per le emissioni zero avrebbe dovuto innescare un circolo virtuoso: obiettivi rigorosi avrebbero stimolato gli investimenti nelle infrastrutture di ricarica, fatto crescere il mercato interno, stimolato l’innovazione in Europa e reso i modelli di veicoli elettrici più economici. Ci si aspettava che i settori adiacenti - batterie, chip - si sviluppassero parallelamente, supportati da politiche industriali mirate. Ma questo non è accaduto», ha evidenziato. Solo che in pochi avevano contestato gli obiettivi al 2035 sull’auto mentre Von der Leyen e Timmermans li spacciavano come oro colato, nonostante gli allarmi lanciati dai produttori, l’avanzata cinese e la scarsa domanda continentale verso quattro ruote alimentate dalla spina troppo costose e difficilmente ricaricabili. Fino a un anno e mezzo fa, anche nel tempio svizzero della finanza di Davos, il ritornello era «green», «green», «green». E, come adesso per la difesa, si lanciavano cifre con numerosi zeri per spingere in una direzione. Adesso, visto che la stessa finanza non vede rendimenti forti, e soprattutto dopo il boom dell’intelligenza artificiale, ecco che tutte le teorie sulla transizione sono andate in soffitta, senza nemmeno ringraziare chi in tempi non sospetti evidenziava l’impossibilità di trasformare l’energia di un continente in un decennio.E adesso che si fa? Draghi ce l’ha la ricetta. «Sono necessarie riforme più profonde: delle competenze, del processo decisionale e del finanziamento. In definitiva, in alcuni ambiti cruciali, l’Europa deve iniziare ad agire meno come una confederazione e più come una federazione. Ma tale riforma richiederà tempo, tempo che potremmo non avere». Ecco perché «il progresso potrebbe dipendere da coalizioni di volenterosi, utilizzando meccanismi come la cooperazione rafforzata», ha aggiunto l’ex capo della Bce. «Anche senza modifiche al trattato, l’Europa potrebbe già fare molto di più concentrando i progetti e mettendo in comune le risorse». E «il passo logico successivo sarà quello di considerare il debito comune per progetti comuni, sia a livello Ue che tra una coalizione di Stati membri, per amplificare i benefici del coordinamento».In poche parole: la Ue non c’è praticamente più, ora spazio a quelli bravi e volenterosi. Gli altri si attacchino al tram.
Paolo Longobardi (Getty images)
Il presidente di Unimpresa: «Va data sicurezza alle transazioni delle pmi che operano in più valute. L’Occidente imponga standard di qualità contro la concorrenza sleale».
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
- La Corte d’appello di Bologna ha disposto la consegna di Sehrii Kuznietsov, l’ucraino accusato di aver danneggiato il gasdotto nel 2022. Crosetto: «Disponibili su Samp-T e aerei radar». M5s e Calenda esortano il governo al confronto in Aula su «Sentinella Est».
- Invasione nazista, Berlino secca: «Soldi alla Polonia? Storia chiusa». Merz: «Ma siamo al fianco di Varsavia». Presto possibile vertice Trump-Zelensky.
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Ansa
- Massiccia invasione via terra e raid con droni ed elicotteri. Crosetto: «Decisione sbagliata». Il Papa chiama il parroco Romanelli: «Preoccupato». Ira dei parenti degli ostaggi: «Così Netanyahu li uccide».
- Mobilitazione indetta per venerdì. Liti nella Flotilla, Greta lascia il direttivo e cambia imbarcazione. Il dem Scotto, in navigazione: «Sempre in contatto con la Farnesina».
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13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
Schierati da poco in Estonia, gli F-35 italiani hanno avuto una parte importante nell’intercettazione di velivoli russi e nel pattugliamento in seguito allo sconfinamento dei droni di Mosca in territorio polacco. Da agosto l’Aeronautica italiana è al comando della Baltic Air Policing.
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La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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