2021-03-25
Il premier riporta l’Italia in Libia con la sponda Usa
Mario Draghi (Getty Images)
Gli Usa fondamentali per frenare Recepp Erdogan. Tornano a crescere gli investimenti Eni La telefonata di Mario Draghi a Recepp Erdogan non ha toccato solo il tema dei diritti umani o dei flussi migratori. I due martedì hanno parlato di Libia, il Paese strategico per ridare un ruolo mediterraneo all'Italia. Non a caso Tripoli sta diventando un posto trafficato pure per il resto della politica europea. Draghi ha fatto sapere ieri che andrà in Libia il 6 e il 7 di aprile. Non solo. Ha inviato una serie di messaggi destinati al nuovo governo e alle forze turche che calpestano il deserto libico. E senza mai nominarli pure agli interessi russi attorno all'area di Bengazi. L'Italia sostiene «il governo di unità nazionale», ha detto il premier in Aula, «con l'obiettivo di elezioni e aiutare a fare riforme economiche che inizino ad affrontare la situazione sociale ed economica deteriorata fortemente. Andrò in Libia la prima settimana di aprile, già Di Maio è stato lì. Quella sarà un'occasione importante per vedere i nostri indirizzi rafforzati dal dialogo e dal sostegno. Occorre essere molto vigili che l'accordo sul cessate il fuoco venga rispettato con l'evacuazione di coloro che hanno alimentato questa guerra, i mercenari e gli eserciti di altri Paesi, tra questi la Turchia». Tradotto in parole più semplici. Il nostro Paese sembra adesso vantare l'appoggio e la delega americana per ritornare in Libia e accompagnare all'uscita Erdogan. Il quale al netto delle uscite e sparate non può prescindere dall'appoggio internazionale della Casa Bianca. Joe Biden sembra aver deciso di modificare la lunghezza del guinzaglio. Un concetto spiegato bene l'altro ieri dal segretario di Stato Usa Antony Bliken in occasione della ministeriale Nato. Bliken ha ribadito l'importanza del ruolo turco dentro la Nato, spiegando che si aspetta qualche cambiamento. Il primo si vedrà proprio in Libia. Al nostro Paese toccherà a quel punto fronteggiare e perimetrare il ruolo dei mercenari russi. Un impegno non da poco che però va letto in quadro più ampio.Oggi sul suolo africano si incontreranno i tre ministri degli Esteri di Italia, Francia e Germania. Di Maio ha spiegato che a lui toccherà aprire il fascicolo immigrazione. Ma ciò che conta è la rinnovato presenza del Cane a sei zampe. L'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha incontrato il premier libico Abdulhamid Dabaiba domenica sera concordando un piano di investimenti in entrambe le direzioni. Da un lato gas e petrolio in uscita e dall'altro infrastrutture in loco per sostenere la ripresa economica ed evitare i blackout strutturale. Si tratta del solo modo di arginare i flussi migratori. O si contribuisce a ricostruire la filiera del business energetico, altrimenti continuerà a essere più interessante per i libici lavorare al traffico di esseri umani.Se non bastasse il titolare della Difesa, Lorenzo Guerini, sempre ieri è rientrato a Roma dopo una due giorni nella quale ha incontrato i pari grado di Gibuti e della Somalia. Le due nazioni più a Est sull'asse strategico che in queste settimane vede coinvolta la diplomazia militare per rivedere le alleanze nel Sahel e fornire le garanzie di maggiore stabilità della Libia. Non a caso dopo aver incontrato la titolare della Difesa tedesca, ieri Guerini ha chiamato al telefono anche il collega inglese Ben Wallace per condividere il tema degli equilibri necessari «per la sicurezza nel quadrante mediterraneo e in Africa, non solo per le minacce e i rischi emergenti in alcuni paesi come la Libia ma soprattutto per l'impatto sulla sicurezza del continente europeo e dell'Alleanza Atlantica, in particolare lungo il suo fianco sud», recita una nota diffusa tramite agenzia. Insomma, è chiaro che a dieci anni esatti dalla scellerata guerra a trazione francese che ha portato alla morta di Muhammar Gheddafi e a una frammentazione tribale dell'intera area la consapevolezza di dover evitare l'implosione del Sahel torna comoda per ricostruire la sponda sud del Mare Nostrum. Quanto tempo servirà dipende dal convitato di pietra di tutte le riunioni sulla Libia. È il presidente dell'Egitto e si chiama Abdel Fattah al-Sisi. E Palazzo Chigi lavora per aprire pure il fronte del Nilo. Un atto necessario se non si vuole mettere a repentaglio gli investimenti fatti per la Libia nelle ultime settimane. Per Draghi quello a Tripoli sarà il primo viaggio da premier all'estero. Speriamo non sia solo un gesto simbolico ma l'occasione per piantare una prima bandierina e sbrogliare anche la matassa egiziana. Imprescindibile pure per rimettere in discussione l'egemonia dell'industria militare francese. Insomma, se non vendiamo armi noi o altri partner Ue, dovrebbero smetterla di andare a fare marketing per conto loro.