2021-02-20
Draghi al G7 tra atlantismo e corsa alle vaccinazioni seguendo il modello Johnson
Cambio di rotta del neopremier. Il timore è che Russia e Cina possano usare i loro vaccini come dono verso i Paesi meno sviluppati. In agenda soldi e aiuti alla ricercaClima disteso al G7 in formato online, non senza momenti in cui la superchat audiovideo dei potenti del pianeta ha ricordato gli inconvenienti delle riunioni telematiche di noi comuni mortali. Emblematico il «Puoi sentirci Angela? Penso che tu debba mettere il “muto"» detto ridendo da Boris Johnson alla Merkel, che, parlando ad alta voce con il microfono acceso, stava interferendo con l'intervento di apertura del premier britannico. Per il resto, parlare di un esordio internazionale per Mario Draghi è una contraddizione in termini: non solo l'ex presidente Bce conosce già i suoi nuovi «colleghi» del G7 (oltre all'Italia, ci sono Usa, Uk, Francia, Germania, Giappone, Canada), ma gode di un'autorevolezza pregressa certa. Tuttavia, tecnicamente, quella di ieri è stata una «prima volta» (in attesa di un incontro fisico a giugno in Cornovaglia già fissato dalla presidenza di turno Uk). E pure per l'altro «debuttante», cioè Joe Biden, si è trattato di un battesimo per modo di dire, vista non solo l'età veneranda del neopresidente Usa ma anche gli otto anni già trascorsi come vicepresidente ai tempi di Barack Obama. I leader del G7 si erano convocati avendo sul tavolo l'emergenza Covid, e in particolare una constatazione inquietante: oltre 130 Paesi, i meno sviluppati del pianeta, non hanno nemmeno iniziato una campagna di vaccinazione, il che lascia aperta la porta a nuovi focolai, nuove varianti, nuovi rischi. Non solo: c'è anche una preoccupazione geopolitica, legata al fatto che la Russia e soprattutto la Cina possano usare i loro vaccini come dono verso queste aree del pianeta, per far crescere la loro influenza. Di qui il tentativo occidentale di riguadagnare posizioni. Johnson, leader ospitante e protagonista di una spettacolare campagna di vaccinazione nel Regno Unito (già vaccinato più del 20% della popolazione, più tutte le categorie a rischio, e gli over 50 in Uk riceveranno la loro iniezione entro fine marzo, un mese prima della scadenza prevista), si era preparato ad annunciare la donazione ai Paesi poveri delle dosi britanniche in surplus. Londra, nell'ambito di una campagna di acquisti anticipata ed efficacissima, che ha umiliato le lentezze di Bruxelles e dell'Ue, aveva infatti comprato 400 milioni di dosi, molte più del necessario. Più cauto Joe Biden: realisticamente Washington prima intende garantire l'immunità di gregge agli americani (ieri il Wall Street Journal pronosticava il mese di aprile per quel risultato) e poi potrebbe valutare donazioni di dosi. In compenso, gli Usa metteranno sul piatto una somma enorme (4 miliardi di dollari) per il Covid vaccine global access, il piano Oms per la distribuzione globale dei vaccini, portando a 7,5 miliardi lo stanziamento totale del G7 tra somme già versate e somme promesse.In agenda c'era anche l'altra proposta britannica, in vista di eventuali future pandemie: aiutare la ricerca a comprimere ancora (dopo i 300 giorni record per realizzare il vaccino Covid) il tempo per realizzare nuovi antidoti contro malattie emergenti. La visionaria ambizione di BoJo arriva a evocare un tempo di soli 100 giorni.Draghi in Parlamento, pur senza citare Londra, aveva evocato la necessità per l'Italia di «imparare dai Paesi che si sono mossi più rapidamente di noi». E, di fatto, le indiscrezioni delle ultime 48 ore che, al posto della campagna petalosa di Domenico Arcuri, prevedono un vasto ricorso a caserme, palazzetti dello sport, parcheggi, fanno pensare che il modello britannico sia stato finalmente messo a fuoco anche da Roma. In Uk si viaggia da metà gennaio al ritmo di 600.000 vaccinazioni al giorno, considerando che la catena di montaggio prevede 21-22 minuti per ciascuna vaccinazione: 6-7 per la preparazione e l'iniezione, e 15 per tenere la persona in osservazione dopo il trattamento. Per Draghi, più in generale, è stata anche l'occasione per far intuire la sua linea atlantista di politica internazionale dopo le sbandate filocinesi di Giuseppe Conte. Tra l'altro, è abbastanza curioso che alcuni quirinalisti, ieri, abbiano cercato di accreditare un ruolo di Sergio Mattarella per arginare quella deriva, come se fosse stato qualcun altro a ricevere al Quirinale con tutti gli onori, e con tanto di scorta di corazzieri a cavallo, il dittatore cinese Xi Jinping.Da segnalare, sempre ieri, un altro appuntamento internazionale online, la Conferenza di Monaco sulla sicurezza. Ma i tempi di Donald Trump sono lontani, e Biden, pur evocando «gli abusi economici della Cina», non si è spinto al di là della parola «competizione» («sarà una dura competizione») rispetto a Pechino. Quanto alla postura complessiva di Biden, il presidente Usa è tornato al mantra del multilateralismo: «L'era di America first è finita». Gli europei più ingenui gongoleranno, ma, retorica a parte, non è affatto chiaro come si porrà la nuova Casa Bianca. «Gli Usa non vogliono una nuova Guerra fredda», ha detto Biden, ma resta la «preoccupazione» per il protagonismo di Pechino e Mosca. In realtà, tutti sanno che il vero rischio di Biden, nel confronto con il suo predecessore, è di essere percepito come debole da questi rivali geopolitici.