2025-11-18
Doveva «far saltare i conti pubblici». Invece il centrodestra li ha risanati
La Commissione certifica: quest’anno deficit sotto il 3%. Meglio di Francia e Germania. Eppure ancora solo pochi mesi fa i dem prevedevano lo sfascio del bilancio. E abbiamo anche evitato la trappola del Mes.«I numeri sono implacabili», tuonava nel marzo scorso il responsabile dell’Economia del Pd, Antonio Misiani, prefigurando inverni nucleari per colpa del governo di Giorgia Meloni, con tutta una serie di emergenze, compresa l’invasione delle cavallette. Il commissario europeo allo Sviluppo economico Valdis Dombrovskis non lo sapeva e ieri ha annunciato: «Il deficit/Pil dell’Italia per il 2025 è previsto scendere al 3%. Anzi sotto, perché il dato finale della stima è stato arrotondato. Nelle previsioni comunitarie i dati vengono arrotondati a una cifra decimale, mentre nelle tabelle Eurostat viene espressa una doppia cifra decimale. Nel caso dell’Italia il deficit/Pil stimato sarebbe a 2,98%».È bene comunicarlo a bassa voce per non aumentare le gastriti dei catastrofisti, ma quel numero più implacabile di tutti gli altri sancisce una buona notizia: dopo sei anni il nostro Paese è sotto la soglia del warning di Bruxelles, precarietà nella quale aveva galleggiato nei 14 anni precedenti il 2019 nonostante la macelleria sociale di Mario Monti e i numerosi esecutivi di sinistra virtuosi solo nella «narrazione». Le previsioni autunnali rivedono in positivo quelle di primavera, secondo le quali il rapporto avrebbe dovuto assestarsi sul 3,3%. La novità aritmetica ne porta con sé una seconda strutturale: se nell’aprile del 2026 il dato sarà confermato, il nostro Paese uscirà di diritto dalla procedura di infrazione che lo accompagna come una maglietta della salute. Nella conferenza stampa, Dombrovskis ha aggiunto: «Abbiamo discusso molte volte con le autorità italiane sull’abrogazione della procedura per deficit eccessivo e ora dovremo vedere i dati finali verificati da Eurostat, dati che saranno disponibili ad aprile. Se il deficit/Pil sarà sotto il 3%, la decisione sull’uscita dalla procedura sarà presa in occasione del prossimo “pacchetto” di sorveglianza semestrale, nella primavera del 2026». La tendenza è positiva poiché la stessa Commissione, nelle previsioni d’autunno, ipotizza un deficit al 2,8% per l’anno prossimo e al 2,6% per il 2027. I numeri sono in linea con quelli resi noti dal ministero dell’Economia in un contesto tutt’altro che semplice, con una situazione internazionale delicata per via della guerra in Ucraina, degli errori di programmazione della stessa Unione europea (le scelte suicide legate al Green deal) e dei dazi trumpiani. La filosofia è quella enunciata più volte dal ministro Giancarlo Giorgetti: «L’obiettivo è non creare nuovo debito per le nuove generazioni, un principio morale prima che contabile». L’Italia era considerata un malato cronico e nel 2022, all’inizio del governo di centrodestra, l’opposizione aveva indicato nella frenata dell’economia e nello «sfascio dei conti» i due pericoli che avrebbero portato la nazione su una strada senza ritorno. Vale la pena citare ancora una volta l’immaginifico Misiani di marzo: «Il quadro è preoccupante. Dopo due anni e mezzo di governo della destra, l’amara verità è che l’economia è ferma, le tasse sono a livelli record, il debito pubblico dilaga».Morale delle gufate collettive: 2,98%, conti in regola, rischio più lontano di sanzioni e condanne, spread ai minimi storici, rating migliori, procedura d’infrazione in estinzione. Tutto questo con le difficoltà di implementare il Pnrr per raggiungere gli obiettivi imposti dalla Ue e senza cadere nella trappola del Mes, ritenuto a torto dagli economisti socialisti l’unico salvagente possibile per non finire con l’acqua alla gola. La situazione generale è più ottimistica rispetto ad alcuni Paesi ritenuti «esempio e faro». Ieri Bruxelles ha annunciato che 11 Stati avranno un deficit/Pil peggiore del nostro (quindi superiore alla deadline del 3%) e le sorprese non sono proprio marginali: Belgio, Germania, Francia, Lettonia, Malta, Austria, Slovacchia, Finlandia, Ungheria, Polonia, Romania. Nel contesto generale italiano continua a pesare il debito pubblico (quello prodotto dal pubblico, non certo dai privati) al 136,4%, secondo le previsioni di Eurostat destinato a salire nel 2026 al 137,9% prima di cominciare a scendere nel 2027 al 137,2%. Anche la crescita subisce una frenata: sarà dello 0,4% rispetto alle stime di primavera (0,7%) prima di una risalita virtuosa l’anno prossimo allo 0,8%, con una conferma nel 2027 allo 0,9%-1%. La locomotiva Italia cammina ma non corre. E se la manovra disegnata da Giorgetti non è espansiva, scoppiettante, con l’helicopter money (termine da luna park che piaceva tanto a Rocco Casalino degli anni contiani) il motivo è dovuto all’attenzione ai conti, a quel rigore che proprio Bruxelles pretende con i suoi paletti.Sarebbe stato più facile raggiungere obiettivi migliori senza autentiche palle al piede, lascito dei governi precedenti, come il reddito di cittadinanza indiscriminato e privo di controlli (costo 35 miliardi) e il Superbonus (costo 160 miliardi), figli dell’economia creativa di Giuseppe Conte e dell’appiattimento ideologico del Pd sulle posizioni della sinistra estrema. Gli stessi che oggi demonizzano le finanze italiane sono coloro che le hanno destabilizzate per anni con scelte scriteriate.
Sergio Mattarella (Imagoeconomica)