2019-09-18
Dopo il crollo del ponte Castellucci ha preso 18 milioni
Solo l’aggravarsi delle inchieste sul disastro ha convinto i Benetton a cambiare l’amministratore. Che, dal 14 agosto 2018 a oggi, si è preso 1,3 milioni di stipendio, 3,7 di bonus e 13 di buonuscita. Servivano 13 mesi per capire che qualcosa era andato storto?Per capire il peso di un personaggio come Giovanni Castellucci, per 18 anni alla guida di Autostrade e Atlantia, basta mettere il suo nome sui terminali delle agenzie di stampa negli ultimi due giorni e vedere quanti politici hanno espresso una qualche opinione sulla sua imminente defenestrazione, dopo l’inchiesta sui presunti depistaggi e un meno 15% nelle prime due sedute di Borsa della settimana. Totale comunicati, dichiarazioni, «a margine», commenti: zero. Di Castellucci non parla mai nessuno, almeno pubblicamente. La sensazione è che siano davvero pochi i politici liberi di parlarne, a parte l’ex ministro Danilo Toninelli che ne avrebbe voluto la cacciata il giorno dopo il crollo del ponte e al quale, comunque, il manager nato a Senigallia sessant’ani fa, da punto di vista delle poltrone, è sopravvissuto un paio di mesi. Già venerdì, quando la procura di Genova è venuta allo scoperto con gli arresti a carico dei tecnici di Autostrade e della controllante Spea, presieduta dall’ex ministro prodiano Paolo Costa, la lettura di gran parte dei giornali era straniante: il nome di Castellucci non era citato, come neppure quello di Costa. Sembravano quasi parti lese di oscuri maneggi, tutti da dimostrare, tra dipendenti infedeli. Anche se le intercettazioni telefoniche facevano capire che gli indagati riportavano direttamente all’ad di Atlantia. Poi Luciano Benetton, ieri, finalmente tira su il lenzuolo dell’ipocrisia, un lenzuolo sotto il quale erano già rimasti 43 morti: «È una settimana che siamo sotto choc per quello che appare dai comunicati della giustizia. Speriamo che si chiarisca. Sicuramente ci sarà qualche cambiamento. Questo lo aspettiamo dal cda di oggi (ieri, ndr)». Il secondo troncone dell’indagine genovese si sta concentrando sulle presunte omissioni nei controlli e nelle manutenzioni da parte del concessionario. Ovviamente, essendo impossibile isolare le indagini solo sul ponte di Morandi, stanno venendo fuori particolari agghiaccianti sulla «gestione» mediatica e giudiziaria della strage del 2013 in Irpinia, quando un autobus volò giù da un viadotto e vi furono 40 morti, e sulla maniera in cui sarebbe stata nascosta al ministero delle Infrastrutture la reale condizione (di pericolo) di ponti, viadotti e gallerie in giro per l’Italia. Dalle carte sembra al momento emergere un «sistema», e allora ecco che i Benetton capiscono improvvisamente che non possono difendere a oltranza il loro manager più fidato. Perché un conto è un evento drammatico, ma imprevisto, e un conto un certo modus operandi che, al di là delle conseguenze penali per i singoli, rischia di far decadere la fiducia del concedente nel concessionario e, con essa, le concessioni stesse. Che tra parentesi sono assai lucrose, quasi una sine cura fino a quel 14 agosto 2018. Castellucci ha studiato ingegneria meccanica a Firenze, ha un master in amministrazione aziendale alla Bocconi e ha mosso i primi passi in Boston Consulting group. A gennaio 2000 viene scelto come amministratore delegato di Barilla, ma 18 mesi dopo è già chiamato come direttore generale in Autostrade. Ad aprile del 2005 ne diventa anche ad. Un anno dopo, nel 2006, lo nominano alla guida di Atlantia e da novembre 2013 è anche nel cda della controllata Aeroporti di Roma. Politicamente più vicino al centrodestra, Castellucci ha buoni rapporti anche con il Pd e comunque si integra perfettamente con la famiglia Benetton, da sempre più liberal e legata a uomini come Romano Prodi ed Enrico Letta. Paradossalmente, con il governo giallorosso che ha preso il posto di quello con la Lega, la famiglia di Ponzano Veneto, che ha richiamato nella holding un manager esperto e navigato come Gianni Mion, non ha più bisogno di Castellucci perché dialoga con il Pd in modo autonomo. Mentre con i 5 stelle c’è proprio poco da fare, visto che anche nei giorni scorsi Luigi Di Maio insisteva con la revoca di tutte le concessioni autostradali ad Atlantia. Del resto solo i grillini, il 29 marzo scorso, protestarono duramente per il «regalino» dei Benetton a Castellucci, lo stesso manager che oggi tanto li imbarazza e viene messo alla porta. Quel giorno venne fuori che nell’anno del crollo del ponte, il riconfermatissimo (per tre anni) manager di Senigallia ha incassato anche un ben poco elegante bonus da 3,7 milioni. Mentre il presidente Fabio Cerchiai, una vita nelle assicurazioni, si dovette accontentare di 560.000 euro. Il compenso totale di Castellucci, nel 2018, è arrivato così a 5 milioni di euro e nel 2019 incasserà altri 13 milioni di buona uscita che in totale, dal crollo del ponte, fa ben 18 milioni di euro. Ammesso che sia comunque direttamente responsabile di eventuali depistaggi dei suoi sottoposti, resta la responsabilità manageriale e una figura non bellissima per una famiglia comunque assai attenta all’immagine come i Benetton, che su una certa visibilità, seopcie nella lotta alle discriminazioni, ha costruito il proprio successo. E tuttavia Castellucci non è solo l’uomo della rete autostradale, ma, soprattutto negli ultimi due anni, il regista di un’operazione spettacolare e rara per l’Italia d oggi come l’acquisizione della spagnola Abertis, una fusione da 16 miliardi che ha fatto nascere uno dei più grandi gruppi mondiali.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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