2024-06-02
Le donne che grazie agli alberi hanno potuto guardare più lontano
La mostra «Io non scendo», a Trieste, raccoglie più di 250 ritratti al femminile , dal 1870 al 1970. I volti sconosciuti si intrecciano alla voce di figure celebri come May Alcott, Anne Brigman e Simone de Beauvoir.Una mostra incantevole è allestita a Trieste negli spazi del Magazzino delle Idee, nella zona del Porto Vecchio, a pochi passi dalla celebre Piazza Unità d’Italia; si intitola Io non scendo - Storie di donne che salgono sugli alberi e guardano lontano. Di che cosa si tratta? Il manifesto che troneggia a lato dell’edificio che la ospita mostra una donna sorridente e fiera seduta sui rami di un albero, forse un pioppo, forse un carpino; guarda lontano e sembra saperla assai lunga. Il percorso espositivo si sviluppa in poche sale, con un andamento che alterna piccole fotografie incorniciate, per la maggior parte in bianco e nero, di dimensione tra i 5 e i 15 cm circa, allestite in linea retta o a nuvola, e grandi stampe a parete, alcune delle quali davvero molto suggestive. Si tratta di scatti senza grandi nomi, eseguiti tra gli inizi del XX secolo e gli anni Settanta, in diversi paesi: Stati Uniti anzitutto, quindi Francia, la nostra Italia, e Serbia, Russia, Ucraina, Canada, Cecoslovacchia, Grecia, Danimarca, Germania, Lituania. I più diversi alberi, i platani, i lecci, i pini, i tigli, gli alberi da frutto, gli aceri, e poi alberi spogli, alberi esili, alberi colossali, alberi-stecco, mucchi di tronchi, alberi-palo, alberi-bicicletta, alberi-divano, alberi-capitozzo, alberi-pancia e alberi-fronde. Le grandi sequoie della California e quel che resta dopo un abbattimento, gli «stump» tanto popolari nei parchi nazionali di mezzo mondo.Umanamente si possono osservare le donne più diverse, e ragazze, e bambine e le anziane. Molti scatti sembrano effimeri, occasionali, non premeditati, semplicemente hop e clic; quel che le lega è il suggerimento di una attenzione particolare, forse addirittura istintiva, che legherebbe le più diverse donne, amanti degli alberi. E ce lo spiega la curatrice, la brava giornalista Laura Leonelli (collaboratrice de Il Sole 24 Ore, Arte, AD e autrice di diverse pubblicazioni): «Per secoli le donne sono rimaste ai piedi degli alberi. Donne-radici, destinate a nutrire i frutti di altre esistenze, padri, mariti, figli, quel maschile eternamente libero che invece si arrampica su ogni albero, e dall’alto guarda lontano, cresce, conquista. Sembrava una condanna eterna, la peggiore perché benedetta da ogni potere, e invece alcune donne si sono ribellate e hanno abbracciato il tronco come fosse la parte migliore di sé, hanno puntato i piedi e salendo di ramo in ramo hanno raggiunto un altro punto di vista, più vasto, più aperto […] Insieme sono destini veri e di carta che raccontano la storia dell’emancipazione femminile e ricordano alle nostre “sorelle”, amiche, figlie, nipoti che sugli alberi dobbiamo imparare a salire se vogliamo cambiare il mondo. Ancora oggi. E se qualcuno ci invita a tornare a terra, la risposta è e sarà una sola: io non scendo». Donne selvatiche insomma, Donne-radice dunque, o Phoeminae radices, come scrissi nei miei silvari.Dunque le donne salgono sugli alberi, guardano alla natura, per riprendersi quel tempo sottratto in passato da mille obblighi e dipendenze, ma si potrebbe aggiungere che lo stesso fanno anche quegli uomini che in parte alle medesime leggi, o ad altre, si sono dovuti assecondare, le donne per certi versi, e gli uomini per altri, avvicinandosi agli alberi stanno cucendo nuove forme di identità e di libertà.In taluni casi sembra che le fotografie siano state guidate da una regia, o quantomeno dal desiderio di abbozzare una storia amicale o familiare: si veda ad esempio la foto di quattro ragazze tra un melo in fiore (Oregon, 1910 circa), o quella di un’intera famiglia, nel glorioso e agguerrito Stato del Texas (inizi del secolo), con tanto di donne in gonna che tengono orgogliosamente in mano fucili da caccia grossa, a loro modo un bijoux.Alcune persone parrebbero di umili origini, campagnole, cittadine, operaie, turiste della domenica, altre parrebbero aristocratiche, con abiti curati e festaioli. Tra le gigantografie trionfa una stampa del 1960, in Francia, vi compare la principessa Maria Teresa di Borbone-Parma, arrampicatasi con un’altra donna - una sorella, un’amica, chissà - su una possente quercia.Una delle fotografie più recenti, a colori, ritrae una ragazza dal nome Grazia tra i rami di un albicocco a Garlago (Bergamo), fermata per sempre dalla luce nel 1976.Il percorso narrativo alterna testi con citazioni letterarie e storiche, ad esempio Eva, «la prima donna che si avvicina a un albero e intuisce che salendo tra i suoi rami vedrà un panorama diverso», a racconti specifici dedicati a figure quali Julia Butterfly Hill, la giovanissima americana che come oramai sanno anche i sassi, rimase 738 giorni su una piattaforma appesa al tronco di una sequoia a rischio abbattimento, la celebre Luna. Oppure citazioni di testi di autrici quali Astrid Lindgren, Angela Carter o Louisa May Alcott (come non ricordare le protagoniste del romanzo Piccole donne?). Simone de Beauvoir, la celebre intellettuale francese, scriveva ne Il secondo sesso (1949) che stava nascendo una nuova donna, libera di emanciparsi, tanto che «Secondo Alfred Adler, psichiatra e psicoanalista austriaco, una bambina si arrampica sugli alberi per salire a livello dei maschi». Una serie di fotografie è dedicata a donne nello Stato dell’Ucraina, sono foto che attraversano l’intero Secolo Breve, e poi ci sono tre donne triestine - Bianca di Beaco, Tiziana Weiss e Riccarda de Eccher - tre scalatrici, le cui scelte personali le hanno proiettate nella natura, e anche loro sono salite sui nostri fratelli arborei: «A Trieste le donne iniziano presto ad arrampicare». Completa l’esposizione un finto boschetto di betulle volanti e due poesie, una di Alda Merini ed una di Amy Lowell. Poiché il capoluogo friulano potrebbe apparire non eccessivamente comodo per molti potenziali visitatori, ci si augura che la mostra possa pellegrinare in altre città, quali Milano, Torino e Firenze, laddove raccoglierebbe certamente un seguito nutrito. Si consiglia vivamente di acquistare il catalogo, un libretto di 240 pagine (20 euro) davvero ben orchestrato e curato dalle edizioni Postcart di Roma. Io non scendo resterà aperta fino al 25 agosto.