
Il presidente blocca i falchi dell'amministrazione statunitense. E dialoga con Teheran tramite mediatori svizzeri e giapponesi.La tensione tra Stati Uniti e Iran è ancora alta. Ieri, l'ambasciatore svizzero a Teheran Markus Leitner, che cura gli interessi degli Stati Uniti nella Repubblica islamica, è stato convocato al ministero degli Esteri iraniano. Pare che il ministro Mohammad Javad Zarif abbia chiesto delle delucidazioni sull'abbattimento del drone americano ad opera delle Guardie della Rivoluzione, avvenuto lo scorso 20 giugno. «Esistono prove innegabili che il drone si trovava nello spazio aereo iraniano, e persino parti di esso sono state trovate nelle acque territoriali dell'Iran», ha dichiarato il portavoce del ministero, Abbas Araqchi. Teheran sembra voler rivendicare l'abbattimento del drone, presentandolo come una risposta a quella che l'Iran considera una inaccettabile violazione del proprio spazio aereo. Una provocazione, ragionano a Teheran, con cui Washington starebbe cercando di alzare la tensione con l'obiettivo di innescare un conflitto. L'aumento della tensione ha, del resto, portato alcune compagnie aeree (tra cui Alitalia) a modificare le rotte dei voli che sorvolano il Golfo dell'Oman e lo stretto di Hormuz.La situazione è complessa e la stessa dialettica tra falchi e colombe risulta in qualche modo trasversale ad entrambi gli schieramenti in lizza. In Iran, i pasdaran non hanno mai digerito la linea tendenzialmente morbida dell'attuale presidente Hassan Rohani: le Guardie della Rivoluzione hanno sempre visto con scetticismo ogni apertura verso gli Stati Uniti, senza poi considerare il fastidio da loro mostrato verso l'accordo sul nucleare, siglato nel 2015 ai tempi dell'amministrazione Obama. In quest'ottica, l'attacco condotto l'altro ieri contro il drone americano ha come principale obiettivo quello di indebolire internamente la posizione di Rohani, cercando di condurre la Repubblica islamica su una linea più bellicosa contro Washington.Anche all'interno della Casa Bianca non sembra esserci una prospettiva unitaria sul dossier iraniano. A livello generale, Washington ha nelle ultime settimane aumentato la pressione economica e militare su Teheran. Al di là delle sanzioni, gli Stati Uniti hanno infatti inserito le Guardie della rivoluzione nella lista delle organizzazioni terroristiche, schierato la portaerei Abraham Lincoln nel Golfo Persico e annunciato l'invio di altri mille soldati in Medio Oriente in ottica anti-iraniana. La divergenza appare tuttavia negli obiettivi perseguiti. Se i falchi, come il consigliere per la sicurezza nazionale americano John Bolton, auspicano lo smantellamento del regime degli ayatollah, il presidente Donald Trump ha sinora mostrato una linea meno dura. È come se il presidente americano volesse esercitare pressione per spingere Rohani a sedersi al tavolo delle trattative e rinegoziare così l'intesa sul nucleare. Non solo nei giorni scorsi Trump si era cautamente detto disponibile al dialogo con il suo omologo iraniano. Ma non è neppure un mistero che il presidente americano stia tenendo aperto un canale diplomatico con Teheran attraverso il governo svizzero e il premier giapponese, Shinzo Abe. Trump teme che una guerra con l'Iran possa trasformarsi in un pericoloso pantano per lo Zio Sam. Un nuovo Iraq, che il presidente vuole assolutamente evitare. Senza poi considerare l'impopolarità che potrebbe attirargli un eventuale conflitto: soprattutto oggi, in piena campagna elettorale per le presidenziali del 2020.Il cauto approccio del magnate newyorchese è emerso in occasione della questione del drone. Dopo un primo momento in cui sembrava intenzionato ad adottare una risposta dura, Trump ha ammorbidito la sua posizione. Ieri, su Twitter, ha significativamente dichiarato: «Ho fermato l'attacco dieci minuti prima che iniziasse» per evitare 150 morti dal momento che «non sarebbe stato proporzionato all'abbattimento di un drone». «Non ho fretta», ha proseguito, «il nostro apparato militare è stato ricostituito ed è pronto a far del proprio meglio in tutto il mondo. Le sanzioni funzionano e altre sono state varate la notte scorsa. L'Iran non deve poter avere armi nucleari, né contro gli Stati Uniti né contro il mondo». Insomma, linea dura ma senza opzione militare. Già giovedì sera, Trump aveva affermato di essere contrario a portare l'America in nuove «guerre infinite».La presenza di opinioni discordanti avrebbe originato un dibattito serrato alla Casa Bianca nelle ultime ore. Secondo i beninformati, il segretario di Stato americano Mike Pompeo starebbe lavorando per favorire una mediazione tra la posizione di Bolton e quella di Trump.
Alessia Pifferi (Ansa)
Cancellata l’aggravante dei futili motivi e concesse le attenuanti generiche ad Alessia Pifferi: condanna ridotta a soli 24 anni.
L’ergastolo? È passato di moda. Anche se una madre lascia morire di stenti la sua bambina di un anno e mezzo per andare a divertirsi. Lo ha gridato alla lettura della sentenza d’appello Viviana Pifferi, la prima accusatrice della sorella, Alessia Pifferi, che ieri ha schivato il carcere a vita. Di certo l’afflizione più grave, e che non l’abbandonerà finché campa, per Alessia Pifferi è se si è resa conto di quello che ha fatto: ha abbandonato la figlia di 18 mesi - a vederla nelle foto pare una bambola e il pensiero di ciò che le ha fatto la madre diventa insostenibile - lasciandola morire di fame e di sete straziata dalle piaghe del pannolino. Nel corso dei due processi - in quello di primo grado che si è svolto un anno fa la donna era stata condannata al carcere a vita - si è appurato che la bambina ha cercato di mangiare il pannolino prima di spirare.
Toga (iStock). Nel riquadro, Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






