2023-06-30
Ai domiciliari lo chef pusher: «Miccichè comprava da lui la cocaina con l’auto blu»
Mario Di Ferro, gestore del ristorante Villa Zito (Ansa)
L’ex ministro fotografato dagli investigatori mentre «ritirerebbe una dose di droga». La difesa del politico (non indagato): ero al ristorante per mangiare, non per sniffare.Palermo fermo posta cocaina. Droga recapitata presso un indirizzo di assoluta eccellenza. Il ristorante caffetteria ospitato nel giardino di Villa Zito una delle poche costruzioni liberty sopravvissute al sacco di Palermo, quando via Libertà era una delle strade più eleganti e raffinate del mondo. Siamo nel cuore della città castale. Nella sede del potere cittadino fra palme, siepi e alberi d’alto fusto. Villa Zito ospita la Pinacoteca della Fondazione Banco di Sicilia, ultima testimonianza di quello che un tempo era il Banco di Sicilia muscolo pulsante dell’economia regionale. Tanto per capire il palcoscenico basterà ricordare che i quadri esposti nei saloni ottocenteschi di Villa Zito fanno parte della collezione Arte e Cultura intestata a Lauro Chiazzese. Un grande giurista ma, soprattutto, papà di Marisa, moglie del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e papà anche di Irma moglie di Piersanti, il presidente della Regione ucciso dalla mafia quarantatre anni fa, mentre usciva per andare a messa. Due sorelle appartenenti ad una dinastia ai vertici della buona società palermitana che avevano sposato due fratelli di egual rango.Un giardino di eletti, dunque, diventato, secondo la Procura, un covo di spacciatori. A organizzarlo Mario Di Ferro, il proprietario del ristorante-caffetteria. Un’autentica griffe dei fornelli. Durante le loro visite in Sicilia ha cucinato per due Papi, Francesco e Benedetto XVI, per l’allora segretario generale delle Nazioni unite Kofi Annan e per Hillary Clinton. Un vorticoso giro di telefonate e incontri. Tutti monitorati e filmati dagli inquirenti. Risultato: decine di scatti fotografici immortalano quelli che, secondo l’accusa, sono cessioni di droga. I clienti, ovviamente, sono vip e super vip. Nelle 300 pagine della Procura, spicca il nome di Gianfranco Miccichè, uno dei fondatori di Forza Italia, più volte ministro e due volte presidente dell’Assemblea regionale. A sua volta appartenente ad una delle famiglie più in vista della città e fedelissimo del Cavaliere. Un uomo di primo piano che per vent’anni ha dominato la scena politica siciliana. Miccichè non è indagato ma, secondo la Dia, è un cliente affezionato dello spacciatore. La sua presenza è immortalata dal sistema di video-sorveglianza di Villa Zito. Scende dall’auto blu con il lampeggiante acceso. Si apparta con Mario Di Ferro, proprietario del locale e ora agli arresti domiciliari. Era già stato fermato dalle forze dell’ordine a inizio aprile in flagranza di reato mentre cedeva sostanze stupefacenti sotto casa Giancarlo Migliorisi capo della segreteria tecnica dell’attuale presidente dell’Assemblea regionale Gaetano Galvagno. Nessuno di loro è indagato. Migliorisi, sorpreso ad aprile ad acquistare droga da Di Ferro finì ai domiciliari, ammise tutto e lasciò in Regione.Decine le foto immortalano i pusher Gioacchino e Salvatore Salamone (già condannati per spaccio in un processo sui traffici dei clan mafiosi palermitani) mentre arrivano al ristorante di Di Ferro. Passavano una busta, attraverso le grate del cancello. Alla consegna seguiva l’arrivo di Miccichè nell’auto col lampeggiante acceso. L’ex presidente dell’Assemblea non era direttamente intercettato, ma lo era il ristoratore, il cui nome è saltato fuori in un contesto investigativo diverso su cui lavora ancora la Direzione distrettuale antimafia. I poliziotti hanno iniziato a monitorarlo ed è venuto fuori il giro di droga per una clientela selezionata.Miccichè si difende. Ribadisce di non essere indagato e replica risentito all’accusa che certamente colpisce di più la fantasia popolare: aver acquistato droga usando l’auto blu con l’autista della Regione: «Escludo in maniera categorica che io mi muova in macchina con lampeggiante acceso: è un errore che ho fatto nella vita di cui sono pentito». Rivendica la sua onestà («Non ho mai rubato un centesimo») anche se «poi ognuno di noi qualche errore nella vita lo ha fatto. L’importante è essere a posto con la propria coscienza, ed io lo sono».Si dichiara vittima della «mascariata», espressione molto palermitana che definisce le persone che non potendo essere accusate di nulla vengono sottoposte ad uno specifico trattamento diffamatorio a base di malignità, pettegolezzi, infamia. Spiega che la neve delle intercettazioni è quella di «Piano Battaglia» unico posto in provincia di Palermo dove si possa sciare. «Ho casa lì, e mi informavo se le piste erano praticabili». Non rinnega l’amicizia con il super-chef finito ai domiciliari: «Andavo alle sue feste. C’era tanta gente. Non ho mai visto droga». Era un frequentatore del locale: «Io andavo ogni giorno lì per mangiare». Secondo l’accusa usava il numero dei giorni d’assenza per indicare le dose. «Ma non è vero», replica. «Quando dicevo manco cinque giorni stavo semplicemente comunicando che per cinque giorni non ci sarei stato e quindi potevano usare il tavolo che tengono sempre per me. Una cosa di una normalità assoluta. Potevo mai andare ogni giorno a comprare la droga? Ho 70 anni...». Non è la prima volta che il nome di Miccichè viene associato alla droga. Oggi riconosce: «In passato ho sbagliato e l’ho anche ammesso pubblicamente. Ora non sniffo più».
«Murdaugh: Morte in famiglia» (Disney+)
In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.