2023-01-31
Djokovic prende a racchettate le virostar
L’asso del tennis trionfa in Australia, dove un anno fa era stato trattato da untore per la sua scelta di non vaccinarsi. Da Roberto Burioni a Matteo Bassetti, i medici da talk show che avevano pronosticato il suo declino ora non nascondono il rosicamento.Non ti vaccini, ti ammali, e vinci gli Australian Open. Novak Djokovic, in un colpo solo, è tornato a essere il tennista numero uno al mondo, ha stabilito un nuovo record di vittorie sui campi di Melbourne (per lui è il decimo titolo) e ha raggiunto Rafa Nadal nella classifica degli slam vinti (ben 22). Soprattutto, però, è stato incoronato nella terra che – appena 12 mesi fa – lo aveva trattato come un pericoloso untore, un temibile no vax a cui sbriciolare la carriera. E invece, pensa un po’, è finita che il campione serbo si è ripreso ciò che era suo, ha compiuto un’impresa sportiva di cui probabilmente parleranno libri e documentari negli anni a venire, e ha fatto tutto con una serenità che lo fa sembrare forgiato nel metallo.Il discorso potrebbe, e forse dovrebbe, finire qui: in ginocchio dinnanzi a un mostro sacro del tennis e dello sport in generale. L’atmosfera gioiosa, tuttavia, è turbata da un fastidioso sottofondo. Un rumore sgradevole di fegati che si macerano, di denti che stridono, di succhi gastrici in ebollizione che provocano inevitabili eruttazioni. È il suono marcio del rancore: il borbottio flatulente dei vari fenomeni italici che, circa un anno fa, si erano precipitati a insultare il tennista non vaccinato, gli avevano predetto un fulmineo declino e adesso non riescono comunque a tenersi il fiele in bocca, vedendosi costretti a mingere commenti acidi.Il migliore, al solito, è Roberto Burioni, uno che è stato azzurro di spocchia. Nel giro di poche ore ha consegnato alla Storia due rilevantissimi tweet: «Un cretino novax che vince le Olimpiadi non diventa una persona intelligente, ma un cretino olimpionico», ha scritto. E a stretto giro: «Mentre i cavernicoli rifiutano i vaccini orgogliosi della loro ignoranza (e se vincono una coppa luccicante restano dei cavernicoli con in mano una coppa luccicante) la scienza grazie a chi studia va avanti e tante malattie che un tempo uccidevano non uccidono più». Ma certo che la scienza inanella nuove e strabilianti scoperte: lo fa nonostante Burioni e quelli della sua risma ce la mettano tutta per screditarla e ridicolizzarla.Il castigatore di somari, per inciso, è colui che nel gennaio 2022 ha vergato queste immortali parole: «Nel 2019 Djokovic ha guadagnato oltre 50 milioni di euro. Mi chiedo perché non si sia preso – magari strapagandolo – un consulente migliore di quello che gli sta rovinando definitivamente la carriera». Sono passati dodici mesi, e tocca notare che il tweet è invecchiato malino. Djokovic non si è rovinato la carriera, non è morto, e sembra persino abbastanza in forma. E se Novak si è riaccomodato felicemente sul suo scranno nell’Olimpo del tennis, Burioni si può tenere stretto il suo posto nel Valhalla di Twitter proprio al fianco di un eroe come Nino Cartabellotta. Il gran visir della fondazione Gimbe, il 27 aprile del 2022, ha messo agli atti la seguente, impagabile, uscita: «Le evidenze scientifiche non lasciano adito a dubbi. Dopo Covid 19 molti sportivi hanno performance ridotte. #longocovid #Djokovic».Al netto degli sberleffi suscitati da tali improvvide dichiarazioni, viene da chiedersi: esattamente, chi danneggia la scienza e rovina il rapporto di fiducia tra medici e popolazione? Djokovic che vince o i Cartabellotta che hanno cianciato di evidenze scientifiche e si trovano clamorosamente smentiti dalla realtà? Qui emerge un tema serissimo, che merita d’essere preso in considerazione. A tal proposito, vale la pena di citare due tweet di Matteo Bassetti, un altro che si era speso mica male contro Djokovic. Nel giugno del 2022, per dire, celebrava così la vittoria di Nadal ai danni dell’eterno rivale: «Nadal (immenso) ha vinto meritatamente e con lui ha vinto un pochino anche la scienza. Perché la scienza? Perché Novax Djokovic, campione straordinario nel tennis, ha invaso il campo della scienza e nell’ultimo anno è diventato l’idolo e il mito di una mandria di decerebrati ultrà no-vax».Ora che l’odiato Nole si è ripreso lo scettro, Bassetti ha cercato con qualche difficoltà di tenere il punto. Prima ha scritto che «aver fatto diventare Djokovic l’idolo totemico del mondo no vax dimostra la pochezza e l’ignoranza di questa gente. I vaccini non hanno bisogno di idoli che vincono slam. Hanno già vinto la battaglia più importante». E ancora: «Il talento sportivo - anche se grandissimo - non rende scientificamente credibili. Scagliarsi contro scienza e vaccini da posizioni di successo mondiale amplifica solo l’ignoranza del campione. Alla fine il fenomeno risulta più asino degli altri no vax». Insomma, quando vince Nadal contro Djokovic, giusto farne un idolo della scienza. Se trionfa Djokovic, gli idoli non servono. Vabbè. Al netto dei pietosi cortocircuiti, dicevamo, occorre soffermarsi su un paio di particolari. Novak Djokovic non ha mai agito da portavoce di un presunto movimento no vax. Non si è mai occupato di scienza. Non ha fatto dichiarazioni politiche. Non si è presentato come totem, feticcio o leader. Egli, semplicemente, ha compiuto una scelta e ne ha coraggiosamente e coscienziosamente sopportato le conseguenze. Ha giocato quando gli è stato concesso, è rimasto a bordo campo quando glielo hanno imposto. Fine. Non ha mai invitato chissà chi a evitare la puntura, non ha organizzato manifestazioni. Semmai, a trasformarlo in un totem ci hanno pensato Burioni, Cartabellotta e le schiere di giornalisti, commentatori e scendiletto assortiti che con gusto ne hanno pronosticato il declino, la fine e la sparizione.Si può dire che il tennista costituisca un esempio virtuoso suo malgrado. Per prima cosa, con la sua stessa esistenza dimostra la falsità delle esagerazioni sulla morte dei non vaccinati. Soprattutto, però, egli fornisce un modello di comportamento che le democrazie farebbero bene ad adottare quando c’è di mezzo il corpo. Djokovic ha deciso liberamente basandosi sulla propria storia clinica, sul suo stato di salute e sulla sua posizione professionale. Ha fatto, grazie senz’altro a una posizione di privilegio, ciò che tutti avrebbero dovuto poter fare: un calcolo costi-benefici. In base a quel calcolo, ha stabilito di non sottoporsi a vaccinazione. Se agli italiani fosse stato consentito di agire nello stesso modo, oggi probabilmente ci troveremmo nella stessa situazione sanitaria, ma avremmo evitato discriminazioni feroci, divisioni dolorose e drammi sociali. Cose che succedono quando, invece della scienza, si seguono le virostar.
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