
Straordinaria finale a Cincinnati fra il prodigioso ventenne spagnolo numero 1 al mondo e il serbo numero 2, che a 36 anni mette in piedi un match epico rimontando da una situazione disperata fino al trionfo. La «rivincita» sarà agli Us Open.C’è una nuova, entusiasmante, rivalità nel tennis. Un antagonismo generazionale. Un confronto di talenti, scuole e psicologie. Vissuto senza esclusione di colpi e lontano dalle ipocrisie. Un duello al vertice, sorpassi e controsorpassi, che sta regalando agli appassionati la bellezza e l’epica di questo sport straordinario. È la rivalità che mette Carlos Alcaraz, spagnolo di Murcia, vent’anni compiuti in maggio, il più precoce numero 1 del ranking mondiale, di fronte a Novak Djokovic, trentaseienne serbo, vincitore di 23 slam e attuale numero 2 mondiale. Poco più di un mese fa era stato il giovane spagnolo a imporsi in cinque set sul prato inglese, togliendo al serbo la possibilità di ambire al Grande slam, la vittoria consecutiva dei quattro major (Australia, Parigi, Wimbledon, Flushing Meadows). La finale di domenica notte nel 1000 di Cincinnati era, dunque, «la rivincita di Wimbledon». Il successo di Djokovic è arrivato al culmine di 3 ore e 49 minuti di lotta. Uno dei match più belli, intensi ed emozionanti degli ultimi anni, forse preludio di una nuova, possibile sfida agli Us Open in calendario da lunedì. Alla fine dei quali, non dovendo difendere punti conquistati nel torneo del 2022, non disputato in quanto non vaccinato, al campione serbo basterà superare il primo turno per scavalcare in vetta alla classifica mondiale il rivale costretto a confermare il successo di un anno fa per non perdere punti.A Cincinnati Djoker tornava a calcare i campi americani dopo due anni di assenza a causa del divieto imposto dalla federazione americana agli atleti non vaccinati. Alla vigilia si era detto emozionato, ma lungi dal rinfocolare polemiche, il campione serbo è riuscito a incanalare tutte le energie nel suo tennis.Dopo aver vinto i match di avvicinamento sempre disputati in notturna, domenica la finale è prevista nel pomeriggio. La temperatura è di 35°, l’umidità ai massimi, il campo è tagliato a metà dall’ombra e quando si schiera nella parte inondata dal sole, Djokovic si protegge con un cappellino. Fino a metà del primo set Alcaraz sembra più tonico, ma sorprendentemente Novak gli strappa il servizio. Subito dopo lo perde a sua volta, accusando un vistoso calo fisico. Nole appare stravolto, i colpi non partono alla solita velocità, commette errori inusuali e, al cambio campo, urla al proprio team di procurargli gli integratori. L’inerzia è tutta dalla parte del campione spagnolo che si aggiudica il set 7-5. A sorpresa, o forse nel desiderio di vedere un match più equilibrato, il pubblico della città dell’Ohio sembra schierato dalla parte di Novak. Tuttavia, appena tornato in campo dopo un break in spogliatoio, commette tre doppi falli consecutivi e Carlos scappa avanti. Djokovic è sull’orlo del baratro. Lo staff medico gli misura la pressione e gli dà nuovi integratori. Il campione di mille battaglie non vuole abbandonare, nella speranza di ritrovare energie e l’occasione per rientrare. Dall’altra parte Alcaraz vede il traguardo avvicinarsi e sceglie un’andatura più controllata, snaturando un po’ il suo tennis esuberante e talentuoso. Così Nole si riorganizza aumentando le discese a rete anche sul secondo servizio, quando Carlos risponde dalle retrovie. Un calo di concentrazione e tre errori consecutivi dello spagnolo riportano l’avversario sul 4 pari. Ora i giocatori si colpiscono come pugili sul ring. Sul 6-5 del tie-break Alcaraz ha il match point, ma Djokovic serve una prima e chiude di diritto, scende a rete su una seconda e conquista il set al termine di uno scambio durissimo. Carlos è nervosissimo, mentre Djokovic si è tirato fuori dall’inferno e appare rinfrancato. Dopo un avvio titubante, lo spagnolo riprende a martellare. Ma il serbo entra in modalità «non sbaglio più». Si procede testa a testa, con la sensazione che Djokovic ne sappia di più. Al settimo gioco e alla quinta palla break, Alcaraz cede il servizio, i game si allungano e il tennis sale ancora di livello. Sul 5-3 arriva un match point per Novak, ma lo spagnolo lo annulla con un passante spettacolare. Poi disorienta Nole con una serie di servizi in kick e discese a rete. La tensione è massima, il pubblico in piedi, il finale sulle montagne russe. Come in un thriller, ogni punto cambia la previsione sulla vittoria finale. Djokovic commette doppio fallo su un altro match point. Ma resetta e resta concentrato. Nel tie-break si susseguono i colpi vincenti. Fino all’urlo finale del Djoker, che si strappa la maglietta sul petto come un supereroe. E al pianto commovente di Alcaraz.Chi pensava che, dopo la fine dei Big three, il tennis avrebbe perso attrattiva può iniziare a ricredersi. Lo sport individuale più completo e complesso che esista continua a regalare scontri epici e storie di eroi. «Ogni volta che gioco contro di te, imparo qualcosa», ha detto Carlos nel discorso dopo la premiazione. «Tu non ti arrendi mai! Amo questa tua qualità, anche se a volte vorrei che giocassi qualche punto in modo meno perfetto», gli ha replicato Novak. «Gli spagnoli non muoiono mai!», è riuscito a scherzare lo spagnolo. «Sì, l’ho vissuto sulla mia pelle, più o meno», ha echeggiato il serbo riferendosi a Rafa Nadal.Continua a Flushing Meadows.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
iStock
A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





