2025-08-25
Una questione di spirito, quella dei superalcolici in Italia
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Grappa, gin e distillati rientrano in un mercato che vale oltre mezzo milione di euro. A scommettere sul comparto c'è anche la generazione di nuovi adulti, che si fa promotrice di una cultura identitaria ed educativa.In anni recenti, l’orizzonte del consumo di alcolici in Italia si è rimodellato sull’impronta dettata dalle generazioni di giovani adulti, la Zeta e i Millennials. C’è una tendenza a stereotipare queste fasce di popolazione e inglobarle in due gruppi che seguono direttrici antitetiche: si parla o di persone totalmente astemie, o di fruitori inconsapevoli, che bevono solo per bere, senza curarsi di cosa ingeriscono. Come è facile intuire, la realtà è diversa. E i giovani hanno via via (ri)scoperto i superalcolici, ridefinendo le modalità di consumo e il rapporto con la cultura del bere.Il mercato italiano degli spiriti ha mostrato segni di vivace espansione. Secondo dati raccolti per il 2024, il comparto supera i 689 milioni di euro con una crescita del +6,4% rispetto all’anno precedente. I giovani consumatori, in particolare tra i 18 e i 34 anni, prediligono in modo quasi trasversale prodotti come il gin, il whisky e il rum. Il gin, con oltre il 56% delle ricerche digitali nel settore, è il distillato più amato, seguito dal whisky che rappresenta circa il 24% dell’interesse. Anche il rum, che in passato aveva sofferto di un momento di arresto, sembra ridestare gli entusiasmi. Intramontabile, poi, la vodka, storicamente dominante, che si mantiene stabile soprattutto tra i consumatori maschili. Un’analisi demografica mostra come il 62,6% dei consumatori di superalcolici siano uomini, con una concentrazione geografica significativa in Regioni come Lombardia (32,6%), Lazio (13,5%) ed Emilia Romagna (7,9%).Ma se si parla di distillati, e si presta attenzione al mercato nazionale, è doveroso dare la giusta attenzione alla grappa, unico distillato con una identificazione profondamente italiana. La sua origine risale al medioevo, quando i furbi contadini friulani non volevano sprecare le vinacce. Sicché, ecco la trovata: far fermentare il prodotto «di scarto» dell’uva per il vino. Oggi, come spiega Carlo Marzadro, presidente del Consorzio Grappa del Trentino, «la grappa non è più bevanda povera, ma simbolo di artigianalità e cultura, capace di rivaleggiare con i distillati più prestigiosi del mondo». E il mercato odierno ne certifica l’importanza: nel 2024 ha generato circa 90 milioni di euro in fatturato solo nella grande distribuzione, rappresentando il 42,6% delle vendite di distillati. I giovani ne apprezzano la qualità crescente e la forte valenza identitaria, spesso trovando nuova vita nei bar dedicati alla mixology e nei locali artigianali che si stanno moltiplicando sul territorio.Eppure, dicevamo, attualmente è il gin a occupare la scena. E riserva non poche sorprese: se tradizionalmente, infatti, lo si riteneva un’invenzione olandese o inglese, recenti indagini sembrano evidenziare un ruolo storico italiano, legato alla tradizione di erboristeria della Scuola di Salerno e alla diffusione del ginepro nelle nostre terre. La crescita del gin è trainata dall’aumento di consumi fuori casa e dalla proliferazione di bar specializzati, con un target prevalentemente giovane e femminile, che ne apprezza la versatilità nell’arte della miscelazione. L’aspetto pregevole, tuttavia, non risiede solo e soltanto nell’entusiasmo che la popolazione riversa sulle bevande alcoliche (cosa che indubbiamente fa contenti i produttori), ma nel fatto che la questione della consapevolezza verso il consumo responsabile sia diventata una tematica centrale per i giovani. Secondo l’Istituto superiore di Sanità, sono oltre 1,2 milioni i consumatori a rischio sotto i 30 anni; ma il numero è arginato da quanti dimostrano una spiccata sensibilità verso la gestione responsabile del bere, specie tra coloro che aprono bar e attività. Molti si fanno promotori di iniziative volte a diffondere la cultura della moderazione e della responsabilità, spesso legate a progetti di formazione e sensibilizzazione sul territorio. Inoltre, la passione dei giovani per i distillati va ben oltre il semplice consumo. Numerosi sono i casi di start-up e nuove attività legate al beverage, da microdistillerie a cocktail bar specializzati, fino a realtà di e-commerce e consulenza.Sono imprenditori che portano con sé un’attenzione particolare alla qualità, partendo primariamente dalla competenza storica tradizionale, perfezionata con tecniche moderne. La stessa federazione italiana di categoria ha notato come i comparti produttivi legati a questo mondo siano da ritenersi parte fondamentale del settore agroalimentare. Micaela Pallini, presidente di Federvini rileva che «i dati dell’Osservatorio dimostrano quanto la filiera dei vini e degli spiriti, pur affrontando sfide complesse, continui a essere un asset strategico per l’economia italiana».
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