
Un software sta impedendo al dicastero guidato da Sergio Costa di spendere. E resta ferma la prevenzione contro frane e alluvioni. Il titolare grillino conferma: «Il cervellone privilegia i grandi centri, va cambiato».Conoscono esattamente cosa desideriamo. Condizionano i nostri acquisti. Ci suggeriscono che libro leggere e quale musica ascoltare. Influenzano come e dove mangiamo. In pratica gli algoritmi controllano la nostra vita. Ma c'è una domanda inquietante: chi controlla gli algoritmi?La risposta non è scontata, ammesso che esista. Questo almeno a giudicare dalla storia che stiamo per raccontare. Succede infatti che un algoritmo canaglia, come rivelato da Repubblica, blocca i fondi del ministero dell'Ambiente impedendo d'utilizzarli. Questa ancora non l'avevamo sentita. Neppure il matematico arabo Al Khwarizmi, primo a inventare tali procedure nel IX secolo d.C., avrebbe mai potuto immaginare che il suo nome, storpiato in latino, arrivasse a tanto.Invece il ministro Sergio Costa si trova alle prese proprio con questo surreale problema, quello di non riuscire a spendere 4,9 miliardi di euro stanziati per la lotta al dissesto idrogeologico. Significa prevenire catastrofi come frane, alluvioni e mareggiate. Basti ricordare un dato dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale: il 91% dei Comuni e oltre 3 milioni di nuclei familiari risiedono in aree ad alta vulnerabilità. Ma torniamo all'algoritmo canaglia, cosa sta succedendo? I fondi sono pronti nelle casse di via Cristoforo Colombo per essere spesi, ma il loro utilizzo e la scelta dei progetti dipende dalla cosiddetta Piattaforma Rendis, ovvero un cervellone che sovrintende all'intero processo. Tocca infatti a Rendis selezionare gli interventi, secondo i criteri di priorità indicati dal Dpcm 28/5/2015. Nelle intenzioni dei programmatori doveva essere uno strumento per sveltire le pratiche, invece il sistema va in tilt, senza concedere il nulla osta ai 4,9 miliardi. «Abbiamo un problema con l'algoritmo», ha ammesso il ministro a Radio 24, «la piattaforma da un lato individua la nuvola dei finanziamenti, dall'altro è una banca dati delle situazioni da prevenire. Quindi inserendo i dati il programma li elabora e sposta il finanziamento secondo alcuni parametri, quello principale è il carico antropico per cui i finanziamenti finiscono sempre nelle zone con maggior presenza umana, escludendo le altre. Non possiamo far governare il dissesto idrogeologico da un algoritmo! Nel nuovo disegno di legge», ha proseguito il ministro M5s, «restano i parametri matematici, ma i presidenti di Regione, come commissari straordinari, potranno individuare le priorità politiche. Anche se si tratta di un paesino con pochi residenti nel cuore delle Alpi». Quindi, riassumendo: il cervellone privilegia i centri che hanno un maggior numero di abitanti e quando si vogliono stanziare fondi per una frana che ha tagliato un borgo fuori dal mondo la macchina intelligente s'inceppa. Da qui il bisogno di reintrodurre nelle decisioni il fattore umano, rappresentato dai governatori che conoscono la realtà dei loro territori meglio degli algoritmi. Si tratta della sconfitta dell'idea, imperante in era tecnologica, che la mente artificiale funzioni meglio di quella umana. Non è vero, anche gli algoritmi possono sbagliare. Bisogna quindi modificare il funzionamento della Piattaforma Rendis, e per farlo il ministro ha predisposto il nuovo disegno di legge Cantiere ambiente, che sarà affrontato in Consiglio dei ministri tra 15 giorni. Dovrebbe accelerare i tempi d'apertura dei cantieri, tagliando le attese del 70 per cento. «Vogliamo semplificare la procedura per la definizione e il finanziamento degli interventi», ha spiegato ancora Costa, «riducendo i tempi di esame delle proposte d'azione da parte dei commissari di governo e anticipando alla fase di programmazione degli interventi tutti i pareri e i visti previsti per legge. Entro 60 giorni verranno definiti i cantieri da aprire attraverso conferenze di servizio con le autorità di bacino e i commissari». Resta il fatto che frane e nubifragi non aspettano certo i comodi dei burocrati e dei programmatori. Il governo del premier Giuseppe Conte, peraltro, si era impegnato per mettere in sicurezza il fragile territorio italiano: per far fronte alle calamità naturali, lo scorso febbraio l'esecutivo ha approvato un piano nazionale che stanzia risorse per 10,8 miliardi di euro per il triennio 2019-2021 e, parallelamente un secondo piano dedicato alle emergenze. Al dipartimento della Protezione civile e al ministero dell'Ambiente è stato lasciato il compito di selezionare le opere da finanziare in via prioritaria. Tuttavia, mentre la Protezione civile per quest'anno ha già avviato l'utilizzo di 800 milioni di risorse (queste le voci più consistenti: 52 milioni in Friuli Venezia Giulia, 94 in Veneto, 79 a Trento e 35 milioni in Sardegna), la situazione al ministero di Costa è in stallo per colpa del famigerato algoritmo, che verrà presto cambiato. Infatti, secondo un resoconto «riservato e informale» predisposto dai tecnici di Palazzo Chigi, nonostante i solleciti per velocizzare almeno gli interventi più urgenti, al dicastero dell'Ambiente non sarebbe ancora stato investito un euro dei 3,5 miliardi stanziati e dell'1,4 miliardi di risorse del Fondo sviluppo e coesione. Della questione si è anche discusso ieri nel corso del vertice convocato a Palazzo Chigi, tutti d'accordo nel dichiarare guerra all'algoritmo.
Ursula von der Leyen (Ansa)
La Commissione prepara nuove regole per la circolazione rapida (massimo tre giorni) di truppe e cingolati tra i Paesi dello spazio Schengen. Un tempo simbolo di pace...
«Vi sono molte cose che contrassegnano l’Ue e la sua storica integrazione, ma due ne esprimono appieno l’anima: Erasmus e Schengen. È poco responsabile mettere a rischio la libertà di movimento degli europei». Firmato Sergio Mattarella. Correva l’anno 2018 e l’Austria in accordo con la Germania aveva proposto di chiudere il confine con l’Italia per non far arrivare i migranti. Sono passati sette anni e la Commissione europea presenta un regolamento per far viaggiare i carri armati senza frontiere. Schengen doveva essere il simbolo della pace e della libertà e ora diventa la Schengen con le stellette che ci costa malcontati 270 miliardi in dieci anni, in modo che le truppe si muovano liberamente e velocemente.
Sergio Mattarella e Giorgia Meloni (Ansa)
Dalla riforma della giustizia alla politica estera: sono molti i temi su cui premier e capo dello Stato dovranno confrontarsi nei prossimi mesi, malgrado le tensioni.
Come in una qualsiasi relazione, quando si insinua nella coppia lo spettro del tradimento, i rapporti si incrinano e non possono più tornare ad essere come erano prima. Lo tsunami che si è abbattuto sul Quirinale a seguito dello scoop della Verità, rischia di avere gravissime ripercussioni a lungo termine, sui legami tra governo e presidente della Repubblica. E anche se il Colle sminuisce la questione, definendola «ridicola», il consigliere per la Difesa del capo dello Stato, Francesco Saverio Garofani, non solo conferma ma aggiunge particolari che mettono a dir poco in imbarazzo i soggetti coinvolti. E hai voglia a dire che quelle fossero solo battute tra amici. La pezza peggiore del buco.
Galeazzo Bignami (Ansa)
Malan: «Abbiamo fatto la cosa istituzionalmente più corretta». Romeo (Lega) non infierisce: «Garofani poteva fare più attenzione». Forza Italia si defila: «Il consigliere? Posizioni personali, non commentiamo».
Come era prevedibile l’attenzione del dibattito politico è stata spostata dalle parole del consigliere del presidente della Repubblica Francesco Saverio Garofani a quelle del capogruppo di Fratelli d’Italia a Montecitorio Galeazzo Bignami. «L’onorevole Bignami e Fratelli d’Italia hanno tenuto sulla questione Garofani un comportamento istituzionalmente corretto e altamente rispettoso del presidente della Repubblica», ha sottolineato il capo dei senatori di Fdi, Lucio Malan. «Le polemiche della sinistra sono palesemente pretestuose e in mala fede. Ieri un importante quotidiano riportava le sorprendenti frasi del consigliere Garofani. Cosa avrebbe dovuto fare Fdi, e in generale la politica? Bignami si è limitato a fare la cosa istituzionalmente più corretta: chiedere al diretto interessato di smentire, proprio per non tirare in ballo il Quirinale e il presidente Mattarella in uno scontro istituzionale. La reazione scomposta del Pd e della sinistra sorgono dal fatto che avrebbero voluto che anche Fdi, come loro, sostenesse che la notizia riportata da La Verità fosse una semplice fake news.






