2021-03-23
Disastri e ombre sulla riconferma. Tocca alle Regioni fermare Magrini
Pioggia di critiche sul dg dell'Aifa, dopo le strane coincidenze sulle date del reincarico svelate dalla Verità. Luca Pani: «Al suo posto mi sarei dimesso». Pierpaolo Sileri: «Anch'io». Giovedì i governatori possono provare a destituirlo.Un sondaggio Yougov certifica la paura degli europei. Fuga record in Campania.Lo speciale contiene due articoli.Nicola Magrini è stato riconfermato dal ministro della Salute, Roberto Speranza, alla direzione generale dell'Agenzia italiana del farmaco, ma circola l'idea che abbia fatto assai poco per meritare di sedere ancora su quella poltrona. La singolare coincidenza, del rinnovo dell'incarico con lo stop di Astrazeneca, messa in luce dalla Verità, che ha documentato come Magrini avesse aggiornato il proprio cv proprio nelle ore in cui prendeva la «decisione politica», di sospendere in via precauzionale il vaccino anglosvedese (lo scorso 15 marzo), mossa quasi «premiata» tre giorni dopo dal ministro, che il 18 marzo firmava la sua riconferma, è solo una delle zone d'ombra in cui sembra muoversi il dg di Aifa. Prima l'annuncio che Astrazeneca era preferibile per gli under 55, poi il via libera anche ai cittadini fino ai 65 anni in buone condizioni di salute. Infine l'annuncio che il vaccino può essere usato da tutte le fasce di età. «Messaggi contrastanti», commentò Silvio Garattini, fondatore e presidente dell'Istituto Mario Negri, «a cui non è stata seguita un'adeguata comunicazione». La scorsa settimana viene decisa l'improvvida sospensione, accodandosi alla Germania e senza ascoltare l'Ema, l'Agenzia europea del farmaco, che aveva consigliato di non interromperne la somministrazione del vaccino. Domenica sera, a Non è l'Arena su La 7, si è svolto una sorta di processo per direttissima a carico di Magrini. Dagli Stati Uniti, dove ora lavora, Luca Pani, psichiatra e biologo molecolare che fu direttore generale dell'Aifa dal 2011 al 2016, ha detto che Astrazeneca non andava sospeso. «È stato esercitato in maniera non scientifica un principio di precauzione esagerato, perché se di rischio si doveva parlare, bisognava mettere nel calcolo anche quello che sarebbe successo a non vaccinare per quattro giorni», ha dichiarato il professore in collegamento dalla Florida, ricordando che «l'esitazione vaccinale è già complicata di per sé». Ha rimarcato il concetto: «Questa decisione non l'ho capita» e alla domanda del conduttore, Massimo Giletti, su che cosa avrebbe fatto se fosse stato ancora dg di Aifa ha risposto senza esitazione: «Avrei continuato dritto», nel far vaccinare gli italiani con Astrazeneca. Davanti a una decisione imposta avrebbe detto: «Queste sono le mie dimissioni, grazie e arrivederci». La farmacovigilanza non può sottostare a diktat politici. Sconcertante il commento del sottosegretario al ministero della Salute, Pierpaolo Sileri, tra gli ospiti della trasmissione: «La penso esattamente come Pani». Per poi aggiungere: «Ho chiesto tante cose a Magrini negli ultimi sei mesi, dai monoclonali alle vaccinazioni, però…», omettendo di completare la frase e non migliorando certo l'immagine dell'attuale dg di Aifa. Si è anche lasciato scappare che «la politica è stata troppo presente nelle nomine» di personaggi il cui cv «torna buono per accendere il caminetto in campagna». «Direttori generali asserviti alla politica, come possono avere il coraggio di dire no se gli viene imposta una cosa?», ha aggiunto. Certo, come è capitato altre volte di fronte alle affermazioni del medico pentastellato anche quando era vic ministro, Sileri dice cose sacrosante, ma «non tocca palla». Sembra un commentatore di quanto avviene a Lungotevere Ripa. Pani ha ricordato che al momento della sospensione decisa in Italia, il Regno Unito aveva già vaccinato 11 milioni di persone, eppure June Raine, capo dell'agenzia del farmaco britannica (Mhra), non ritenne giustificato uno stop. La Raine non è l'ultima arrivata nel campo scientifico, visto che dal 2012 al 2018 è stata presidente del Prac, la Commissione di farmacovigilanza dell'Ema. «Stiamo parlando di competenze enormi, anche nella capacità di avere la percezione del rischio», ha sottolineato Pani. Come dire: e Magrini che esperienza aveva in tutto ciò per bloccate il vaccino sviluppato presso l'università di Oxford? Forse sulle competenze del dg qualche dubbio ce l'ha anche il premier, Mario Draghi, se l'ha tolto dal Cts mettendo al suo posto lo scienziato Giorgio Palù, presidente di Aifa. Per sconfessare l'operato dell'attuale direttore generale è stata tirata fuori anche la questione degli anticorpi monoclonali, terapia negata per mesi ai pazienti Covid con sintomi lievi, perché la nostra Agenzia del farmaco non dava il via libera. Una cura invece indispensabile «per non far arrivare i pazienti in ospedale», ha sottolineato Pani. A febbraio, il virologo Guido Silvestri definì del «tutto insostenibile» la posizione di Magrini «che non approvò la sperimentazione», malgrado fosse possibile fin da ottobre 2020 senza violare alcuna legge o regola. «Credo che ci si debba chiedere», concluse Silvestri, «se la sua presenza a capo di Aifa rappresenti ancora la cosa giusta per l'Italia e per i malati di Covid-19». Il bolognese Magrini è l'ultimo dg nel giro di pochi anni. Nel settembre del 2018 Mario Melazzini lascia l'incarico di dg, che occupava dal novembre 2016 (fu nominato da Beatrice Lorenzin), perché il ministro M5s, Giulia Grillo, gli preferisce Luca Li Bassi, poi congedato nel 2019 dall'allora neoministro, Roberto Speranza, che sceglie Magrini. «Esprimiamo grande soddisfazione per l'elezione», dichiarò a gennaio 2020 Sergio Venturi, presidente del comitato di settore Regioni-sanità. Venturi, ex assessore alle Politiche della salute e già commissario per l'emergenza Covid della Regione Emilia Romagna, nell'occasione ricordò il legame di Magrini, come ricercatore, con la Regione amministrata da Stefano Bonaccini. Sono però di centrodestra la maggior parte dei governatori che giovedì dovranno esprimere il loro parere sulla riconferma del dg di Aifa. Stanno valutando se in questi mesi ai vertici della farmacovigilanza si è davvero lavorato per la salvaguardia della salute pubblica.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/disastri-e-ombre-magrini-2651173232.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lo-stop-fa-crollare-la-fiducia-in-az-boom-di-disdette-anche-in-italia" data-post-id="2651173232" data-published-at="1616443030" data-use-pagination="False"> Lo stop fa crollare la fiducia in Az. Boom di disdette anche in Italia Crolla la fiducia dei cittadini europei nel vaccino Astrazeneca. Un sondaggio realizzato in questi giorni dalla società inglese Yougov dimostra che lo stop and go inflitto al preparato dell'azienda britannicosvedese ha rappresentato un bruttissimo colpo per la campagna vaccinale europea. Nel giro di pochissimo tempo, spiegano da Yougov, la stima nei confronti del vaccino di Oxford è calata sensibilmente nei quattro Paesi più popolosi dell'Unione europea. Solo il 32% dei cittadini tedeschi intervistati oggi reputa sicuro il farmaco di Astrazeneca, contro il 43% dell'ultima rilevazione condotta a fine febbraio. Per contro, più della metà (55%) lo ritiene pericoloso, in netta ascesa rispetto al valore del mese scorso (40%). Stesso discorso per Francia (61% non sicuro contro il precedente 43%), e Spagna (oggi sicuro per il 38% degli intervistati contro il 59% di febbraio). Non fa eccezione, naturalmente, il nostro Paese. Solo poco più di un terzo dei partecipanti al sondaggio (36%) ritiene che il vaccino di Astrazeneca sia sicuro, un crollo verticale rispetto al risultato pubblicato a febbraio, quando gli italiani che si fidavano erano più della metà (54%). E così, da Nord a Sud dello Stivale si registrano disdette per una percentuale significativa delle persone chiamate a ricevere il siero britannico, alle quali si sommano le rinunce già pervenute nei giorni immediatamente precedenti alla sospensione da parte dell'Agenzia italiana del farmaco. Non sono bastate a convincere i più dubbiosi né le rassicurazioni delle autorità sanitarie, né tantomeno la minaccia di mandare «in coda» chi avrebbe rifiutato la somministrazione. Clamorosa débacle in Campania. Secondo quanto riportato da Il Riformista e Il Mattino, la percentuale dei forfait sfiora un terzo degli appuntamenti in programma. Sabato mattina all'hub dell'Asl Napoli 1 sono state inoculate appena 272 dosi, pari a due terzi del personale scolastico convocato. Leggermente superiore (76,5%) la percentuale fatta registrare nel pomeriggio, quando in programma c'era la vaccinazione del personale delle forze dell'ordine. Nelle altre Asl campane la quota di rifiuti si aggira tra il 25% e il 33%. Non va meglio in Piemonte, dove si registra una media di 25-30% di rinunce, con punte di oltre il 31% nella città di Torino. Venerdì scorso, invece, il segretario locale della Federazione italiana dei medici di medicina generale, Andrea Stimamiglio, ha spiegato che circa il 10% degli 11.000 liguri che la settimana scorsa avrebbe dovuto ricevere il vaccino Astrazeneca ha contattato il proprio medico di base per disdire la prenotazione. Valori simili a quelli riscontrati in Toscana, dove il governatore, Eugenio Giani, preferisce rimanere positivo. «Abbiamo registrato meno del 12% di rinunce ad Astrazeneca dopo le notizie dei giorni scorsi», ha dichiarato Giani, «questo vuol dire che quasi il 90% continua per fortuna a fidarsi, del resto la diffidenza è incomprensibile». Serpeggia la diffidenza nel comparto scolastico, uno dei più impattati dalla sospensione del farmaco britannicosvedese. Secondo le stime del sito specializzato Tecnica della scuola, confermate dai dati ufficiali pervenuti nel fine settimana alla ripresa delle vaccinazioni, sono 100.000 i lavoratori del settore che avrebbero deciso di non sottoporsi al vaccino. Vale a dire, quasi uno su dieci. Percentuale più che doppia in Sardegna: il commissario Ares-Ats Massimo Temussi ha comunicato all'Ansa che la percentuale di disdette da parte del personale della scuola è nell'ordine del 20%. Negativi anche i dati che arrivano dal Veneto. Sono ben 561 le disdette registrate dall'Ulss 6 Euganea di Padova al termine della due giorni di vaccinazioni svoltasi sabato e domenica, solo parzialmente tamponate dalla chiamata dei sostituti. Complessivamente, su 3.262 insegnanti convocati sono state effettuate 2.501 somministrazioni, con un tasso di rifiuto che sfiora il 25%. Quasi metà delle persone contattate dall'Ulss Berica di Vicenza, poi, non si sono presentate all'appello.