2023-04-08
Il dirigismo del Pnrr inguaia la sanità e costringe le Regioni a spendere di più
Le stime di Roberto Speranza e Agenas sugli ospedali da costruire grazie al Recovery non tornano: toccherà agli enti. E manca personale.Si fa presto a dire «Ripresa e resilienza». Da qualche giorno La Verità sta mostrando di cosa parliamo quando parliamo di Pnrr, e di cosa sia davvero fatto il Piano che, secondo gli ultimi tre anni di retorica a reti più o meno unificate, dovrebbe risollevare il Paese grazie alla generosità delle istituzioni europee.Atteso che i soldi del Pnrr, tra prestiti e sussidi, vanno comunque restituiti in modi e tempi tali da rendere legittimo l’interrogativo sulla loro efficacia ed economicità complessiva, è utile vedere come impattano parte di questi fondi su un tema cruciale come la sanità, dal momento che proprio la pandemia è stato il fattore che ha reso politicamente possibile il sistema di garanzia comune sul debito emesso dalla Commissione Ue.La chiave dell’intervento del Recovery su questo comparto cruciale ruota su due tipologie di strutture: gli «ospedali della comunità» e le «case di comunità», il cui rispettivo scopo è illustrato nella Missione 6 del Pnrr stesso. Come si legge sul sito dedicato al Piano, i primi sono strutture sanitarie «di ricovero della rete di assistenza territoriale» con «funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero». Il Recovery prevede un miliardo per realizzare 400 di queste strutture entro il 2026 (dunque 2,5 milioni a ospedale), pensate per pazienti che «necessitano di interventi sanitari a bassa intensità clinica potenzialmente erogabili a domicilio, ma che necessitano di assistenza e sorveglianza sanitaria infermieristica continuativa, anche notturna, non erogabile a domicilio». Le case di comunità, invece, sono «luoghi fisici di prossimità e facile individuazione dove la comunità può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria, sociosanitaria e sociale». Il Pnrr prevede 2 miliardi di spesa per realizzare «almeno 1.350 case della comunità rinnovate e tecnologicamente attrezzate», il che fa poco meno di 1,5 milioni l’una.A declinare con atti più capillari di governo queste cifre generali è stato materialmente il ministero retto da Roberto Speranza nei primi mesi del 2022: da allora, il carico amministrativo si è trasferito sulle Regioni e sui direttori territoriali nelle varie articolazioni. Non proprio una passeggiata. La dislocazione di queste case e di questi ospedali segue un criterio piuttosto sovietico: si basano sul totale della popolazione e prevedono quote fisse a prescindere dalle specificità delle zone e dalle effettive esigenze. A stabilire le regole è stata l’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), di concerto col ministro stesso. Adesso siamo alla fase più operativa e concreta, in cui dalle cifre miliardarie si deve passare ai fondi destinati alle singole strutture: dove si costruiscono? Che edifici usare? Quali autorizzazioni occorrono? Osservare quello che sta succedendo nelle singole regioni, in particolare in una chiave come la Lombardia (in cui abita un italiano su sei) dà un’idea delle caratteristiche di questo piano.Primo problema: i costi. Come facilmente intuibile, e come ampiamente spiegato su queste colonne a proposito di altri cantieri, un anno e passa di inflazione a doppia cifra ha sballato tutti i prezzi, per cui le stime su carta del dicastero si infrangono con una realtà ben più costosa. Circa il doppio, in media, secondo quanto risulta alla Verità. I problemi costanti sono le difficoltà ad eseguire eventuali espropri su immobili oggi destinati ad altro, verificare che non siano necessarie bonifiche, stimare preventivi sugli eventuali interventi necessari. Conseguenze? Due, entrambe non ottime. Il numero di «case» realizzabili in Lombardia è progressivamente sceso per rendere compatibili i soldi stanziati e le strutture materialmente utilizzabili, ma non basta. L’ente presieduto da Attilio Fontana è dovuto intervenire più volte con decreti di revisione del programma e mettere direttamente fondi propri per colmare i buchi che le stime errate hanno lasciato nella copertura finanziaria degli interventi. Piccolo dettaglio: ovviamente questi fondi sono presi dal bilancio della Sanità lombarda, e dunque - comunque la si prenda - inevitabilmente sottratti ad altre voci di spesa.Secondo problema: il personale. Come la pandemia ha mostrato in modo violento, il comparto è pesantemente sottodimensionato e sottopagato, dopo lustri di compressione della spesa sanitaria sul Pil. Creare quasi 2.000 nuovi edifici a desintazione medica sul territorio nazionale non significa automaticamente avere chi ci lavora. Morale: il personale verrà in larga parte spostato dagli attuali ospedali (peraltro non è sempre immediatamente chiaro cosa debba rimanere di competenza degli attuali nosocomi e cosa no), tirando ulteriormente la corda. Il fenomeno dei «gettonisti», che il governo intende risolvere, al momento è fatalmente così destinato ad aggravarsi nei prossimi tre anni. Cose che capitano, quando alla burocrazia sovranazionale di Bruxelles si accosta quella di un ministero a guida Roberto Speranza.
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)
Nel riquadro: Ferdinando Ametrano, ad di CheckSig (IStock)
Francesca Albanese (Ansa)