2022-03-18
La diplomazia secondo Biden: insulti continui
Mentre, fra mille difficoltà, Mosca e Kiev cercano di fissare un incontro tra i loro leader, il presidente americano non si tiene: «Putin criminale di guerra e dittatore omicida». L’imbarazzo del portavoce: «Parlava dal cuore». Oggi il colloquio con Xi Jinping.Crisi ucraina: si registra qualche spiraglio sul piano diplomatico. Le delegazioni di Russia e Ucraina hanno continuato ieri a tenere colloqui per via telematica. «Il lavoro sta continuando», ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. «La nostra delegazione sta facendo grandi sforzi e sta mostrando molta più disponibilità rispetto alle nostre controparti ucraine». Pur definendo i colloqui «complicati», il capo negoziatore ucraino, Mikhail Podolyak, ha detto che un accordo potrebbe essere raggiunto in una decina di giorni, dopodiché saranno avviati i preparativi per un vertice tra Zelensky e Putin. «Accadrà nelle prossime settimane. Il posto non ci interessa: può essere ovunque, tranne che in Russia», ha affermato. Nonostante queste schiarite, Parigi ha alimentato la tensione. Macron ha invocato un potenziamento dell’esercito francese, con l’obiettivo di tenerlo pronto a «una guerra di alta intensità che può tornare sul nostro continente». Molto negativo sui colloqui di pace si è mostrato inoltre il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, che ha accusato i russi di «fingere di negoziare». Più positivo e proattivo si è invece rivelato l’atteggiamento della Turchia. Dopo aver incontrato l’omologo russo Sergej Lavrov due giorni fa a Mosca, il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha avuto un meeting ieri a Leopoli con la controparte ucraina, Dmytro Kuleba. Nell’occasione, Cavusoglu ha invocato un cessate il fuoco umanitario per la città di Mariupol, che è da giorni tra i centri più martoriati dell’Ucraina e in cui risederebbero al momento un centinaio di cittadini turchi. Kuleba, dal canto suo, ha detto che Ankara dovrebbe figurare tra i garanti per la sicurezza di un eventuale accordo tra Kiev e Mosca. Inoltre, sempre ieri, Tayyip Erdogan ha proposto di ospitare in Turchia il vertice tra Putin e Zelensky. Non è al momento chiaro quanto Parigi, che ha storicamente rapporti abbastanza problematici con Ankara, ami questo attivismo diplomatico turco. Il presidente americano Joe Biden avrà invece una conversazione oggi con l’omologo cinese, Xi Jinping. «I due leader», hanno fatto sapere dalla Casa Bianca, «discuteranno della gestione della competizione tra i due Paesi, della guerra della Russia contro l’Ucraina e di altre questioni di reciproco interesse». Proprio negli ultimissimi giorni, si è tra l’altro registrata una polemica tra Washington e Pechino. Mercoledì, il segretario di Stato americano, Tony Blinken, aveva criticato la Repubblica popolare per non aver condannato fermamente l’invasione russa: una posizione che ha scatenato la reazione piccata del ministero degli Esteri cinese. Sempre Blinken ha detto ieri di temere che Pechino stia considerando di fornire a Mosca equipaggiamento militare. L’amministrazione Biden sembra insomma internamente divisa tra chi punta a coinvolgere Pechino nel processo di mediazione nella crisi ucraina e chi invece mette (giustamente) in guardia dai rischi di una simile mossa. In tutto questo, Mario Draghi ha definito ieri Usa e Cina «credibili» nella ricerca della pace e ha annunciato un suo viaggio a Washington «tra due o tre mesi», escludendo inoltre - in linea con la Nato - la creazione di una no-fly zone. Tornando a Biden, i suoi problemi di linearità emergono anche da altri elementi. Il suo aperturismo a Venezuela e Iran, mentre impone sanzioni ed embarghi alla Russia, è un evidente cortocircuito geopolitico: Caracas intrattiene infatti stretti legami con Mosca, mentre ieri Teheran ha annunciato che sosterrà la Russia contro le sanzioni occidentali. Un ulteriore tema si è posto anche l’altro ieri, quando il presidente americano ha definito Putin un «criminale di guerra». Una presa di posizione, rispetto a cui - poco dopo - la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, ha cercato di gettare parzialmente acqua sul fuoco, dicendo che in quell’affermazione Biden «stava parlando dal suo cuore» e specificando che, sul tema delle accuse alla Russia di crimini di guerra, «c’è un processo legale che è ancora in corso presso il Dipartimento di Stato». Ieri comunque Biden ha chiamato Putin «dittatore omicida». È d’altronde dai tempi dell’ammassamento delle truppe russe al confine ucraino che il presidente americano si è contraddistinto per una certa confusione, oltre che per scarsa risolutezza nella deterrenza. Quando ha detto ieri al Bundestag che le sanzioni occidentali sono arrivate «troppo tardi», Zelensky, oltre ai tedeschi, pensava probabilmente anche allo stesso Biden, con cui non a caso polemizzò nei giorni precedenti all’invasione. Tra l’altro, sempre al Bundestag, il presidente ucraino ha criticato il Nord Stream 2: gasdotto fortemente voluto non solo da Scholz ma anche (e soprattutto) da Angela Merkel. Gasdotto a cui Biden revocò a maggio le sanzioni, che erano state imposte da Trump nel 2019. Ma la Casa Bianca si trova anche a dover affrontare un problema con l’India. Secondo il Financial Times, Nuova Delhi starebbe studiando un meccanismo valutario che le consenta di aggirare le sanzioni occidentali a Mosca: un fattore che indispettirà prevedibilmente Washington. L’India non ha mai avuto del resto intenzione di rompere realmente con la Russia. E ora la mossa di Nuova Delhi rischia di indebolire le misure messe in campo dal fronte occidentale. Una circostanza che rafforza Putin, il quale deve però probabilmente fare al contempo i conti con delle divisioni interne al proprio establishment, visti i suoi recenti strali contro non meglio precisati «traditori».
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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