2020-01-18
Di Maio si converte al Paludellum che potrebbe riportarlo da Salvini
Dopo il no della Consulta al referendum leghista, il centrodestra si compatta sul Mattarellum. Pd, M5s e Iv puntano invece al proporzionale, che rende necessari gli accordi di Palazzo. E può rimescolare le alleanze.Per comprendere lo stato politicamente comatoso in cui versa la sinistra al governo, basta leggere la prima pagina di Repubblica di ieri: «Legge elettorale. Respinto Salvini», è il titolone festoso. Ma respinto da chi? Dagli elettori? No: da Marta Cartabia, la Carta(bia) vincente della maggioranza di governo, presidente di quella Corte costituzionale che l'altro ieri ha dichiarato inammissibile il quesito referendario promosso da otto Consigli regionali guidati dal centrodestra, per trasformare in un maggioritario puro l'attuale sistema elettorale. La Consulta ha deciso a maggioranza, dopo una lunghissima camera di consiglio, segno evidente che anche tra i giudici costituzionali i pareri erano diversi. Alla fine, nulla da fare: la Consulta guidata dalla Cartabia, nume tutelare della sinistra, più volte tra i papabili per Palazzo Chigi e addirittura per il Quirinale in quota Pd, ha tolto ai cittadini la possibilità di esprimersi su una legge elettorale maggioritaria, quindi in grado di far insediare governi stabili e duraturi. Matteo Salvini non si lascia sfuggire l'occasione per azzannare la Corte costituzionale: «La Consulta è una delle ultime sacche di resistenza del vecchio sistema», dice l'ex ministro dell'Interno, «e stabilisce che di legge elettorale, di Parlamento e di governo possono occuparsi solo i partiti, non gli italiani. È una scelta contro la democrazia. Poi si andrà a votare, perché questi litigano ogni giorno. La decisione della Consulta ha allontanato la democrazia, non il voto».Salvini è scatenato. Definisce la decisione della Consulta «un furto di democrazia. Viene deciso che non è bene che scelgano gli italiani come eleggere i loro parlamentari, ma devono essere solo i partiti nel chiuso del palazzo a parlare di legge elettorale. So che il Pd e il M5s stanno lavorando per tornare indietro a una legge elettorale proporzionale che gli italiani ahimè si ricordano: quella dei 35 partitini e dei parlamentari che cambiavano 18 partiti al giorno. Non è quello di cui l'Italia ha bisogno. Noi», promette il leader della Lega e del centrodestra, «continueremo a lavorare per una legge elettorale maggioritaria che la sera del voto dica agli italiani chi ha vinto e chi ha perso. Continueremo a essere in mezzo alla gente, ad esempio con una proposta di legge che chieda l'elezione diretta del presidente della Repubblica».L'idea della Lega, come afferma il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, è riproporre il Mattarellum, il sistema elettorale che nell'epoca degli scontri tra Silvio Berlusconi e la sinistra, dal 1994 al 2005, ha garantito una stabilità di governo. Lo stesso Sabino Cassese, giudice emerito della Corte costituzionale, certamente non sospettabile di simpatie leghiste, a Sky Tg24, definisce l'ipotesi di tornare al Mattarellum «una buona soluzione. L'abbiamo adottata, sperimentata, e quello è stato il periodo in cui la democrazia in Italia è stata la democrazia dell'alternanza, con una certa maggiore stabilità».«Credo che il centrodestra», sostiene la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, «debba rilanciare con una proposta unitaria, che abbia un premio di maggioranza, un premio di governabilità. Potrebbe essere anche il Mattarellum: si può anche fare un semplice emendamento all'attuale sistema per allargare la quota maggioritaria».«Accontentarsi del proporzionale», ribadisce il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Mariastella Gelmini, «vuol dire non solo tornare all'ingovernabilità della prima Repubblica, ma non preoccuparsi del dopo elezioni. Il problema delle forze politiche non deve essere quello di avere una fetta di potere in Parlamento, ma di governare veramente questo Paese».L'idea di Pd, M5s e Italia viva, invece, è quella di varare la legge elettorale proporzionale con sbarramento al 5%, proposta alla Camera da Giuseppe Brescia, del M5s. Una proposta che qualcuno chiama impropriamente Germanicum, ma che della legge elettorale tedesca ha solo lo sbarramento al 5%: il sistema germanico infatti ha anche una quota maggioritaria. Il nome più adatto sarebbe «Paludellum», perché ha l'obiettivo di produrre la massima frammentazione possibile in Parlamento, per poi affidare alle trattative da prima Repubblica la formazione dei governi. Diciamolo chiaro e tondo: trattasi di legge anti Salvini, così come il governo in carica è anti Salvini, così come la decisione della Consulta è stata anti Salvini. «C'è un accordo di massima», conferma il viceministro allo Sviluppo economico, Stefano Buffagni, del M5s, «che è stato trovato da tutte le forze politiche per un proporzionale sul modello tedesco, con alcuni correttivi, quindi bene che il Parlamento lavori su questo». I grillini favorevoli al proporzionale: un paradosso che si spiega con quanto va spiegando in giro Luigi Di Maio, quasi ex capo politico del M5s, secondo il quale una legge di questo tipo consentirebbe al Movimento, anche con percentuali inferiori al 10%, di essere ago della bilancia, e di potersi alleare, dopo il voto, sia con il Pd che con la Lega. «La nuova legge elettorale che si sta discutendo», sottolinea il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, «e che è stata presentata, è un buon compromesso tra idee diverse». La soglia del 5% sembra irraggiungibile per Leu, ma la «cosa nuova» della sinistra probabilmente riunirà i dem con i fuoriusciti. Chi rischia seriamente di restare fuori dal Parlamento è Matteo Renzi: «Lo sbarramento al 5%», azzarda a Circo Massimo, su Radio Capital, l'ex Rottamatore, «non è un problema per Italia viva. Andremo in doppia cifra». E se lo dice lui…