2019-09-08
Di Conte tenete d’occhio l’ombra non il resto
Il premier sta mostrando risvolti psicologici inquietanti come i personaggi di Pirandello, nei quali convivono anime contrastanti L'avvocato è lo specchio di un Paese dove la manipolazione e la menzogna sono premiati. Lo racconta bene una fiaba di Hans Christian Andersen.Qual è il vero volto di Giuseppe Conte? È un vanesio che perde il suo tempo ad allineare le quattro punte della pochette, o un lucido calcolatore? Il suo è un volto, o una maschera che cambia a seconda delle circostanze e opportunità? Il presidente che scarica l'alleato e imbarca il nemico giurato di entrambi sconcerta; ma così coinvolge anche i cittadini più scafati e distratti. Come i personaggi di Luigi Pirandello: sarà «Uno, nessuno e centomila»?Il fatto è che essere doppi, almeno in due nella stessa persona, produce spesso uno spettacolo più intrigante di quello del personaggio «tutto di un pezzo», meno ambiguo ma più impegnativo. Conte il trasformista colpisce di più del competente Paolo Savona. Come racconta sempre il teatro, la coabitazione nello stesso personaggio di personalità diverse cattura l'interesse. Uno appare, parla, prende posizione, magari anche firma, e l'altro dietro le quinte manovra e prepara il colpo di scena, suscitando l'attenzione (a volte la complicità) di chi assiste allo spettacolo. La questione, naturalmente, ha risvolti psichici importanti: non a caso i personaggi di Uno, nessuno e centomila di Pirandello sono spesso dei veri folli. Se collocati in posti di potere, tipi così a volte fanno uscire di testa gli altri e non tranquillizzano nessuno.Aspetti nascostiAppunto perché psichicamente intrigante, questa situazione compare di frequente nello studio dello psicoanalista, dove occorre poi aggiustare i guai combinati dalle personalità dai mille volti. In questo lavoro le dichiarazioni spontanee del paziente: «Io sono un tipo fatto così, i miei principi sono questi e quelli», hanno più o meno lo stesso valore dei discorsi di Giuseppe Conte. Molto più importante è invece capire dove si trova e quale sia la sua ombra, la parte che egli cela di sé, ma fatalmente prima o poi si farà viva. A scovare l'ombra che sempre ci accompagna (spesso imbrogliandoci) sono dedicati alcuni libri imperdibili come lo svelto Il piccolo libro dell'Ombra, dello psicoanalista e poeta americano Robert Bly, ma anche quelle perfette produzioni dell'inconscio che sono le fiabe classiche, tra le quali L'ombra del danese Hans Christian Andersen, autore anche del Re nudo e di tanti altri racconti eterni, più profondi di molti libri di psicologia. In questa sorprendente storia il protagonista è un professore un po' svagato e impreciso (almeno così appare), che fa venire in mente il Conte prima maniera; ma ha un'ombra furbissima, e totalmente spregiudicata. Tanto il primo è (o sembra) delicatino e cortese, tanto la seconda non si fa problemi a perseguire ciò che vuole. Una situazione-limite, che (tranne che nel nuovo governo italiano) è di solito considerata piuttosto anomala. Frequente però nello studio dell'analista, dedicato appunto al disagio mentale. La storia comincia quando il professore scende al Sud, dove l'ombra è importantissima perché di giorno fa un caldo tremendo, si vive di sera, e di notte le ombre, proiettate dai lumi sui tavoli disposti lungo le strade, giganteggiano sulle pareti delle case. Dalla descrizione di Andersen pare di essere a Trastevere. Non il solo folklore però, ma anche la psicologia e antropologia ci mostrano che al Sud la notte è davvero più importante che al Nord, e così anche l'ombra, la parte più inafferrabile di noi, che ci segue ovunque.Le regole del potereComunque è lì che il professore ne combina una grossa, non si capisce se per pigrizia o per furbizia. Una sera mentre prende il fresco della notte sul balcone dell'appartamento dove abita, vede dall'altra parte della strada, di fronte a lui, un altro balcone, bellissimo, con fiori meravigliosi, una straordinaria musica e un'affascinante fanciulla che appare e subito scompare dietro un ricco tendaggio. Allora mette una lampada dietro di sé e ordina alla sua ombra, proiettata sulla parete di fronte, di dare un'occhiata dentro quella casa così ricca e affascinante. L'ombra esegue e scompare dietro le tende. Il professore l'aspetta per un po', poi sfinito dal caldo va a dormire. L'indomani però l'ombra non si fa viva, e neppure nei giorni seguenti. Il professore, stupito e seccato, torna a casa al Nord, ai suoi studi, che comunque non lo interessano granché.Un giorno arriva in visita un signore alto, con abiti scuri molto eleganti, anelli costosi, stivaletti luccicanti. È la sua ombra, che nel frattempo è diventata ricchissima, e ora vuole la libertà, non accetta più di essere soltanto l'ombra di un altro, ed è disposta a pagare moltissimo per averla. Il professore, che a suo modo è sinceramente democratico, gliela regala subito, senza compensi, ma vuole capire cosa è accaduto. E l'altro si decide allora a raccontare che cosa era successo in quei mesi.Dopo la visita a quella casa splendente, l'ombra, che nella città del Sud aveva imparato a salire fino «alle finestre più alte, ai saloni e terrazzi al di sopra dei tetti», spiando dentro aveva visto «quello che nessuno deve sapere: cioè il male» dei ricchi e dei potenti. Ma invece di raccontare tutto su un giornale, aveva scritto cautamente alle persone di cui aveva visto le prodezze. «Allora mi vollero tutti molto bene!», racconta l'ex ombra al professore, stupefatto ma neppure troppo. «I professori mi nominarono professore, i sarti mi fecero dei vestiti nuovi, il direttore della zecca fece coniare delle nuove monete apposta per me». Insomma, era entrato -si direbbe oggi - nell'élite, e aveva imparato tutto degli esseri umani e del potere. Era stato «cooptato» tra quelli che contano. E voleva con sé il professore. La faccenda non finisce bene, perché l'autentica riunificazione della personalità non può avvenire sotto la direzione dell'ombra, troppo lontana dallo spirito e la luce indispensabili alla vita umana (per soddisfare la suspense, rimando il lettore alle Fiabe di Andersen).La lealtà non esisteGià qui abbiamo visto però quanto la doppiezza dell'ambiente, della cultura e dei costumi contino nello sviluppare una personalità doppia, dove l'individuo come se niente fosse dichiara una cosa, e poi fa il suo contrario. È anche perché nel Paese delle grandi ombre i potenti fanno di nascosto delle nefandezze tremende, e nessuno lo dice, tant'è che l'ombra del professore quando lo scopre abbandona il suo titolare e riceve per questo denaro e potere. In quel tipo di società insomma la scissione, la menzogna e il ricatto sono premiati perché consentono che tutto continui nello stesso modo ipocrita, mentre lealtà e chiarezza sono bandite. Come disse uno sbalordito Matteo Salvini a Giuseppe Conte, che in Parlamento gli elencava con orrore i suoi misfatti (tenendogli però «paternamente» una mano sulla spalla): «Ma se per tutto questo tempo ha pensato questo di me, perché non me l'ha detto?». Andersen ci spiega che la dissimulazione, la manipolazione e la menzogna, lì sono la regola. Poi chi ci sta passa all'incasso. In psicologia (hanno spiegato Gregory Bateson e la scuola di Palo Alto) questo modo di relazionarsi agli altri si chiama «doppio legame». È il regno dell'ombra e della manipolazione. Che non fa bene a nessuno.
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