2024-05-21
La destra fa i conti per andare a comandare
Alle elezioni dell’8 e 9 giugno si prevede un voto massiccio per i partiti conservatori e identitari. Ma per spedire davvero i socialisti all’opposizione, si ragiona su smontare e ricomporre i gruppi Ecr e Id: Lega e Marine Le Pen dentro, fuori i tedeschi di Afd?Sogno, o sondaggio? La formazione di una maggioranza di centrodestra al Parlamento europeo dopo le elezioni, con i socialisti spediti all’opposizione, sembrava un sogno, ma i sondaggi più recenti la trasformano in uno scenario possibile. Al 17 maggio scorso, un sondaggio di Europe Elects assegna, per quel che riguarda i principali partiti, 183 seggi ai Popolari (ai quali aderisce Forza Italia, oggi ha 177 deputati); 140 ai Socialisti (Pd, 141); 86 ai liberali di Renew Europe (Azione, Italia viva, Più Europa, 101); 84 a Id (Lega, 58); 86 ai Conservatori di Ecr (Fratelli d’Italia, 67). I parlamentari europei saranno 720 rispetto ai 705 dell’assemblea uscente, quindi la maggioranza si colloca intorno ai 360: il 16 luglio di 5 anni fa Ursula von der Leyen ottenne la fiducia con appena 383 voti a favore, con 327 contrari e 22 astenuti. La matematica parla chiaro: se i sondaggi fossero confermati, il 10 giugno Popolari, Liberali, Ecr e Id conterebbero su 439 deputati europei: maggioranza schiacciante e tanti saluti ai Socialisti. Ma c’è un ma, che riguarda il gruppo di Id, una formazione politica assai eterogenea, nella quale la parte del leone la fanno la Lega e il Rassemblement National di Marine Le Pen, e dove trovano alloggio politico pure i tedeschi di Alternative für Deutschland. Dunque, impossibile pensare a una fusione a freddo di Ecr e Id dopo le elezioni, così come a un’alleanza di Popolari e Conservatori con l’intero gruppo di Id. Giorgia Meloni, che di Ecr è leader e trascinatrice, ha ben chiara la bussola della prossima Commissione europea, ovvero il sostegno incondizionato (a 360 gradi, come ama ripetere la premier), all’Ucraina. Forze politiche tiepide nei confronti del sostegno militare senza sosta a Kiev vengono in questo momento considerate il male assoluto in Europa, e Afd ha diverse macchie su questo versante. In sostanza, a quanto spiegano alla Verità fonti di primo piano a Bruxelles, l’obiettivo di Giorgia Meloni dopo le elezioni è far entrare in Ecr le componenti non impresentabili di Id, e dare quindi vita a un partito di destra europeista, atlantista, pro-Kiev che entri a far parte della maggioranza. Il tema è che la Meloni e Marine Le Pen difficilmente potranno convivere nello stesso partito: le due non si amano, ed è comprensibile considerato che sono sostanzialmente in competizione, ma la politica non si fa con le simpatie e le antipatie personali. Tanto più che la Le Pen ha recentemente abbracciato la causa di Kiev: «Nel 2022», ha detto Marine Le Pen lo scorso marzo, «la Russia ha scatenato una guerra alle porte dell’Unione europea e una crisi geopolitica che è senza dubbio la più drammatica degli ultimi 20 anni con centinaia di migliaia di morti e feriti causati da questa terribile guerra. È innanzitutto grazie all’eroica resistenza del popolo ucraino», ha aggiunto la Le Pen, «che la Russia si è trovata nel fallimento». I nostri lettori sanno perfettamente che il cambio improvviso di visione di molti partiti rispetto alla Russia è dovuto alla necessità di accreditarsi come forze politiche «affidabili» per Washington, considerato che senza la benedizione della Casa Bianca, in particolare in tempo di conflitti, governare un Paese occidentale diventa assai difficile, per non dire impossibile. La presenza di Giorgia Meloni e Marine Le Pen alla manifestazione degli spagnoli di Vox (Ecr), pur senza attribuire a questa circostanza chissà quali significati, è un ulteriore segnale del fatto che il valico tra la stessa Ecr e Id è aperto, e che il cantiere per una maggioranza europea senza Socialisti è già in piena attività. «In Europa come in Italia», dice la Meloni a Mattino 5, «è la maggioranza che sostiene i provvedimenti in Parlamento che alla fine fa la linea politica. La vera sfida è quella di costruire in Europa una maggioranza diversa da quella che abbiamo visto negli ultimi 5 anni, una maggioranza innaturale fatta da Ppe e socialisti e liberali. Per me tutti i partiti di centrodestra sono potenzialmente alleati», aggiunge la Meloni, «io voglio provare, cosa non facile, a rifare in Europa quello che abbiamo fatto in Italia con i partiti di destra di varia estrazione: abbiamo mandato a casa la sinistra. Vorrei mettere insieme partiti compatibili pur con sfumature diverse». Già, le sfumature. Sentite Antonio Tajani: «Per me la maggioranza ideale», sostiene il segretario di Forza Italia, «sarebbe quella del 2017, con Popolari, Liberali e Conservatori, che ha sconfitto la sinistra nei fatti. Poi dipende dal voto dei cittadini, l’Italia è diversa dall’Europa, noi non faremo alleanze con chi è contro l’Europa, con chi vuole uscire dalla Nato. È impossibile», sottolinea Tajani, «fare alleanze con chi dentro Id non condivide le nostre idee, la Lega è diversa, ma Le Pen e Afd hanno posizioni valoriali diverse dalla nostra». Per Tajani è impossibile non un’alleanza «con» Id, ma «con chi dentro Id» ha posizioni diverse dalla sua. Cita anche la Le Pen, il ministro degli Esteri, ma in politica una cosa è quella che si pensa, una quella che si dice, e una quella che si fa. E il 10 giugno, vedrete, la Le Pen in versione turbo atlantista non verrà discriminata, soprattutto se i suoi voti saranno determinanti. «Al Consiglio europeo», ha detto la scorsa settimana il presidente Charles Michel «c’erano dubbi e preoccupazioni prima delle elezioni di Stati membri e poi abbiamo visto che era possibile lavorare con i governi di quei Paesi anche se nella coalizione c’era un partito di estrema destra. Al Parlamento europeo la questione sarà quali saranno i partiti politici pronti a cooperare per sostenere l’Ucraina, difendere i principi democratici e rendere l’Ue più forte».
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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