
I media italiani brigano con le traduzioni dall’inglese pur di spacciare le espulsioni dei clandestini volute da Trump per raid nazisti. Joe Biden faceva cose simili, ma non pubblicava le foto. E gli editorialisti non lo biasimavano per aver fabbricato un «nemico straniero».La truffa, al solito, comincia con la manipolazione delle parole. Nello specifico, con il doloso errore di traduzione del termine deportation, che tutti in media italiani rendono con «deportazione» con l’esplicito scopo di richiamare alla mente il trasferimento forzato nei campi di lavoro e sterminio nazisti. Nei pressi della giornata della memoria, che ricorda deportazioni vere, questa mistificazione risulta particolarmente odiosa e meritevole di essere denunciata. Deportation significa semplicemente rimpatrio, espulsione, proprio perché viene utilizzato in un preciso contesto giuridico che però i commentatori nostrani volutamente trascurano. Sembra infatti che la volontà di far passare Donald Trump e i suoi sostenitori come nazisti prevalga sul rispetto di chi è realmente stato internato. Del resto le modalità in cui si dipana il discorso progressista sono sempre le stesse: occorre mostrificare l’avversario, trasformarlo in un Nemico Assoluto che va abbattuto con ogni mezzo. È un meccanismo oliato e perfettamente funzionante che la sinistra non soltanto pratica con profitto ma ha pure la perfidia di attribuire ai propri oppositori. L’esempio perfetto di questa strabiliante inversione è costituito dai commenti alle foto diffuse della Casa Bianca che mostrano gli stranieri irregolari ammanettati e caricati su un aereo per essere rimpatriati ovvero - come ribadiscono tutti i giornali - «deportati». Particolarmente rilevante, a tale riguardo, è l’articolo di Massimo Giannini uscito ieri su Repubblica e intitolato «la costruzione del nemico straniero», nel quale il pregevole editorialista stigmatizza la «fetida iconografia» che secondo lui contribuisce all’affermazione di uno stigma razziale e alla creazione di un capro espiatorio perfetto: lo straniero. «Su di lui- ultimo anello nella catena del valore globale- i vari commander e conducator della rinata Internazionale sovranista possono scaricare le colpe della disgregazione nazionale, dell’insicurezza sociale, della macelleria occupazionale», scrive Giannini. «Attraverso di lui - esattamente come dice il Mussolini di Antonio Scurati, figlio del secolo - i patrioti al potere possono garantirsi il consenso dei penultimi “trasformando la loro paura in odio”. Nulla di nuovo sotto il sole. La grancassa cattivista contro l’apposito migrante suona da sempre, nella banda delle capocrazie autoritarie e delle destre xenofobe del pianeta. Ma ora, con il ritorno in scena di un Trump più potente e dispotico di quattro anni fa, la lotta all’immigrazione diventa dottrina di governo, condivisa ed esibita, predicata e praticata». Il problema, a quanto pare, sono le foto. In un articolo di cronaca, infatti, Repubblica precisa che «anche sotto Biden avvenivano le espulsioni, ma senza immagini». Chiaro: pure i democratici provavano a espellere i clandestini e spesso ci riuscivano, ma lo facevano per lo più di nascosto onde non turbare i loro sostenitori politicamente corretti. La stessa Kamala Harris, come noto, si esibì più volte in ruvide tirate contro l’immigrazione regolare, su cui la stampa europea e in particolare italiana ha allegramente sorvolato quando l’ha proposta come l’ultima speranza dell’umanità prima dell’apocalisse trumpiana. Il nodo della questione è tutto qui: indipendentemente da come agiscano, anche se compiono identiche azioni, coloro che non rientrano nel campo progressista sono comunque peggiori, deprecabili, disumani. La verità è che la costruzione del nemico attribuita da Giannini alle destre globali è specialità in cui la sinistra istituzionale e presentabile si esercita quotidianamente. La trasformazione della paura in odio è stata messa in atto con prepotenza da tutti i governi e partiti liberal nei giorni della pandemia: in quel periodo è stato creato un nemico interno, che non aveva nemmeno la colpa di aver varcato irregolarmente le frontiere. In quel caso sono state attuate discriminazioni feroci e violente fra gli applausi degli editorialisti, gli stessi che oggi continuano a deprecare le «destre no vax» intenzionate a lasciare l’Oms. Durante la pandemia furono utilizzate eccome le immagini: fotografie, servizi televisivi, post sui social. È ancora tutto facilmente rintracciabile online: scorrere oggi alcuni cosiddetti reportage delle televisioni pubbliche del 2021 o 2022 suscita un ribrezzo senza pari, ma ogni riflessione sulle ingiustizie commesse è impossibile. Anche trascurando l’apparato psicopoliziesco del Covid la situazione non migliora. I sinceri democratici hanno costruito nemici e spauracchi in mille occasioni. Per anni hanno dato la caccia ai presunti putiniani, stampandone nomi e volti sulle prime pagine. Ora gli stessi giornali che infierivano sui traditori filorussi cianciano di pace e di tregue, ma fino all’altro ieri infierivano sui dissidenti e ancora oggi nei riguardi di questi ultimi la censura è largamente praticata e occultata. Un simile trattamento viene riservato a coloro che dissentono sulle politiche green, o osano contestare alcuni aspetti delle esondazioni arcobaleno. Chiunque esca dai binari prestabiliti del pensiero prevalente (pensiero ampiamente sconfessato dai cittadini a ogni latitudine ma ancora pervasivo nei media) è descritto come una belva, un essere meno che umano, un errore della Storia. La costruzione del nemico è il pilastro della narrazione politica liberal: essa promette il paradiso in terra e non potendo realizzarlo necessità di capri espiatori a cui attribuire la responsabilità del fallimento. Servono demoni da incolpare per gli orrori del mondo, si evocano creature immonde che solo la superiore conoscenza progressista è in grado di abbattere. Laddove governano, le sinistre discriminano e arrestano, censurano e opprimono, cacciano le streghe e persino, talora, «deportano». Ma in silenzio, o in nome del Bene Assoluto (Bene che loro e solo loro possono definire). Sopravvivono creando mostri immaginari perché ogni volta che debbono affrontare la realtà ne escono, irrimediabilmente, sconfitti.
Leone XIV (Ansa)
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