2024-07-09
Il «democratico» Macron prova a ignorare il voto
Emmanuel Macron (Getty Images)
Il presidente congela le dimissioni del premier con la scusa delle Olimpiadi ma il gioco è chiaro: sterilizzare il doppio boom di sinistra radicale e Marine Le Pen. Può farcela, ma il «problema» esploderebbe con in palio l’Eliseo.La sintesi migliore l’ha fatta Le Parisien, ex organo della resistenza francese (ai tempi dell’occupazione nazista) che da qualche anno è finito nelle mani di Bernard Arnault, il miliardario che controlla il gruppo Louis Vuitton Moet Hennessy. «E ora cosa facciamo?», ha titolato con molta semplicità il quotidiano transalpino.Già, adesso che è stata fermata l’onda nera di Marine Le Pen, con un accordo fra movimenti e partiti di segno opposto per portare in Parlamento chiunque non facesse parte del Rassemblement national, chi guiderà la Francia? Jean-Luc Mélenchon, cioè il leader dell’ultrasinistra, quella che vuole tassare fino al 90% i più ricchi per abolire la povertà? Il comunista che se fosse a Palais Matignon abbandonerebbe l’Ucraina al suo destino e appoggerebbe Hamas? Oppure Marine Tondelier, ecologista e donna, una delle rivelazioni del Front populaire? O forse al posto di Gabriel Attal, giovane primo ministro buttato cinicamente nella mischia da un Emmanuel Macron sempre più in difficoltà, verrà nominato un tecnico, ossia una specie di Mario Monti francese per tenere insieme gli opposti, in un governo con i gollisti e i socialisti? Sì, aver fermato l’onda nera di Jordan Bardella non pare aver risolto i problemi della Francia, ma semmai sembrerebbe averli aggravati. Perché se già prima gli esecutivi usa e getta creati da Monsieur le President parevano non adatti al momento, cioè non in grado di sciogliere le tensioni politiche e di trovare una via d’uscita a quelle economiche, ora la confusione regna sovrana.Chi succederà al premier in carica, che ieri ha rassegnato le sue dimissioni ed è stato pregato di rimanere in carica «per il momento»? Le Olimpiadi sono alle porte e il mantenimento dell’ordine pubblico è indispensabile. Così come urgente è la soluzione di alcune questioni di ordine pratico, come ad esempio rispettare i parametri imposti dall’Unione europea in materia di bilancio pubblico. Ma a Parigi, in questo momento, è difficile capire chi comanda. Decide Macron? In teoria sì, tocca a lui indicare la direzione da prendere, ma in Parlamento il suo partito non ha la maggioranza e anche se è riuscito a portare più onorevoli di quanti, grazie alla desistenza, ne ha ottenuti il Rassemblement national, in definitiva resta sempre una minoranza, anzi un’élite. Già, oggi i due schieramenti di destra e sinistra sono percentualmente in vantaggio rispetto a Ensemble, ma se l’Eliseo dovesse decidersi di appoggiare la nascita di una sorta di esecutivo di unità nazionale, tagliando fuori sia Le Pen che Mélenchon, sull’esempio italiano del passato, al centro assisteremmo a un’ammucchiata di governo, dove sarebbe difficile capire quale direzione stia imboccando la Francia. Altro che pentapartito dei tempi andati: a Parigi, a comporre la maggioranza potrebbero essere sei o forse sette partiti, con nessuna cosa in comune se non l’avversione nei confronti del Rassemblement national? Basta avere un nemico comune per fare un esecutivo insieme? La storia, soprattutto italiana, dice di no. Quando Romano Prodi e Massimo D’Alema misero insieme la sinistra e ciò che restava della Dc si sa come finì. Non durò due anni e dopo comunisti e democristiani zoppicarono fino alla fine della legislatura, autorizzando però il bombardamento di Belgrado senza passare dal Parlamento.Finirà così anche in Francia, con un accordo ai vertici che escluda gran parte dell’elettorato (Le Pen e Bardella per quanto sconfitti rappresentano un francese su tre)? È molto probabile. Macron metterà un altro Attal e cercherà di tirare a campare e di concludere il mandato. Ma è proprio questo il tema. Che succederà nel 2027, quando si dovrà scegliere il nuovo presidente della Repubblica? Questa volta l’ammucchiata, ovvero l’unione di tutti contro uno, ha funzionato, scippando al Rassemblement national la vittoria. Ma domani sarà ancora così? Mélenchon, ritenuto impresentabile per guidare il governo, ma presentabilissimo per portare voti all’ammasso, sarà ancora disponibile a fare fronte comune contro la Le Pen in nome dell’antifascismo? E, soprattutto, lo saranno ancora gli elettori, che si sono tappati il naso e hanno votato per Macron pur essendo di sinistra o per qualche comunista pur essendo gollisti? Se guardiamo a quel che è successo in casa nostra la risposta è semplice: aver provato a togliere agli elettori il diritto di decidere da chi farsi guidare, come è accaduto prima con Monti e poi con Draghi, ha prodotto una reazione. Il voto a Giorgia Meloni, confermato anche alle Europee, è la risposta degli italiani a un’élite che pensa di poter sempre farsi gli affari suoi in barba al volere del popolo. Una storia che potrebbe ripetersi in Francia.Ps. Nel frattempo i mercati e le agenzie di rating hanno già espresso la propria opinione sul risultato del voto. Se una settimana fa avevano festeggiato, ora hanno manifestato un certo disappunto per l’ingovernabilità cui va incontro il Paese. Difficile credere che con Verdi e sinistra radicale al governo le cose possano andare bene.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)