2025-06-28
Dem e radicali al pride di Budapest con la speranza di farsi arrestare
Il segretario nazionale di +Europa, Riccardo Magi (Getty Images)
Nutrita pattuglia della sinistra italiana ed europea nella capitale ungherese. Il Pd: «Faremo da cordone di sicurezza al corteo». Orbán non si fa fregare: «La polizia non sarà violenta, ma rispettate le leggi».L’unica vera provocazione del gay pride di Budapest ce la scordiamo: Ilaria Salis non ci sarà. La delegazione italiana è nutrita e variopinta (Elly Schlein, Carlo Calenda, Alessandro Zan, Marco Cappato, Riccardo Magi, qualche grillino, la Cgil transgender di Maurizio Landini, i pretoriani arcobaleno di Beppe Sala) ma l’eurodeputata di Avs si è rimangiata la promessa rodomontica di qualche settimana fa. E ha deciso di non attraversare la frontiera per non rischiare sorprese giudiziarie, visto che a suo carico pende la richiesta dell’Ungheria di revoca dell’immunità a Strasburgo, relativa al processo per le sprangate contro altri manifestanti in cortei meno fashion di quello di oggi.Peccato perché il resto è scontato, più navigabile del Danubio. Dalle piume di struzzo ai tanga leopardati, dall’irrisione della religione cattolica (quella musulmana meglio di no, si rischia Charlie Hebdò) ai falli di cartapesta, dagli slogan Pro Pal a qualche attrito con la polizia, tradizionalmente meno salottiera di quella italiana. Anche le polverose strumentalizzazioni politiche sono interessanti il giusto. Da una parte il premier Viktor Orbán ha tentato di abolire la festa dell’orgoglio Lgbtq+ e poi di confinarla in un palazzetto dello Sport, dall’altra il sindaco progressista di Budapest, Gergely Karacsony, ci ha messo sopra il cappello del Comune e l’ha imposta en plein air in chiave elettorale. L’anno prossimo si vota e la coalizione di sinistra lancia i suoi capisaldi culturali.A guardare con supremo interesse la kermesse è anche l’Unione europea, che non ha mosso un dito per difendere la libertà elettorale in Romania e sta avallando perquisizioni di massa in Germania contro chi dissente dal mainstream, ma considera la baldoria in canotta traforata un presidio di libertà. «Sono in gioco i nostri valori democratici», ha tuonato Ursula Von der Leyen, che ha invitato a «marciare per i diritti»; la delegazione degli eurodeputati (di sinistra) è la più numerosa, con 70 rappresentanti di governo dei Paesi Ue, tra cui la vicepremier spagnola Yolanda Diaz, la commissaria europea all’Uguaglianza Hadja Lahbib e i leader di tre gruppi del Parlamento europeo. È singolare vedere un così intenso impulso creativo in un periodo drammatico, con tre guerre, i dazi trumpiani, il crollo dell’automotive continentale, il fallimento del Green Deal. Ma si sa che il gay pride a Bruxelles ha la priorità su tutto.Davanti a un simile spiegamento di Lacoste, bermuda e foulard dei parrucconi Ue anche Orbán ha deciso di non spingersi oltre la difesa d’ufficio. Accoglierà malvolentieri la carnevalata (anticipata da un manifesto della street artist italiana Laika che lo rappresenta in fattezze queer) ma ha fatto sapere che «siamo adulti, raccomando a tutti di rispettare le leggi. Se non lo fanno, devono tenere conto delle conseguenze legali. La polizia potrebbe interrompere l’evento perché ne ha il diritto, ma l’Ungheria è un Paese civile. Il compito della polizia non è usare la violenza fisica, ma far sì che le persone rispettino la legge. Non ci faremo del male a vicenda». Traduzione per gli agenti: non calcate la mano. Il percorso verrà ufficializzato all’ultimo momento per evitare incroci con una contro-manifestazione della destra che potrebbe creare scintille pericolose. Si prevedono contravvenzioni (ecco le «conseguenze legali») perché chi scende in piazza oggi lo fa contravvenendo alla legge ungherese sulla tutela dei minori. Multe fino a 500 euro per chi verrà identificato, possibile carcere per gli organizzatori a corteo concluso. C’è polemica sull’identificazione in tempo reale dei potenziali facinorosi con il riconoscimento facciale: secondo gli attivisti sarebbe una violazione dell’AI Act, che vieterebbe l’identificazione biometrica immediata nei luoghi pubblici. Cavilli, appigli funzionali a far salire la temperatura nella speranza che voli qualche schiaffo, per poi far partire l’ondata di vittimismo cosmico. Cose già viste. Sbadiglio.Così la sinistra italiana si trasferisce a Budapest. Avendo ormai obliterato tutte le piazze nazionali per qualsivoglia motivo (con zero risultati politici), Schlein, Calenda, Fratoianni e relativi colonnelli riproducono il campo largo nella vacanzina arcobaleno ungherese. Neppure il tempo di sbarcare dall’aereo che sono infastiditi dalla presenza delle forze dell’ordine come in tutti gli aeroporti del mondo. Lo evidenzia Matteo Hallissey, presidente di +Europa: «C’è un clima intimidatorio. Controlli a tappeto da parte dell’autorità per scovare qualche pericolosa bandiera arcobaleno. Orbán può schierare anche l’esercito ma non fermerà la marcia dei diritti». Se l’assenza di Salis toglie pepe, la presenza della delegazione del Pd regala lampi di genialità da asilo Mariuccia. È Brando Benifei a ergersi a servizio d’ordine del village people in transumanza sul Danubio. «Esserci è un dovere, l’Europa non deve tornare indietro sui diritti. E i silenzi di certi governi, a partire da quello italiano, ci dicono che è importante reagire a questa torsione autoritaria». La strumentalizzazione preventiva in attesa del possibile martirio è una specialità della casa, ma lui esagera: «La presenza di decine di parlamentari sarà un cordone di sicurezza per la libertà dei manifestanti». Per proprietà transitiva, in caso di lussazioni da torsione autoritaria, la colpa sarà anche sua. E gay pride sia. Quello di Budapest un pregio ce l’ha, derubrica a sagra di paese tutti gli altri.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.