2020-08-20
Dem e Movimento divisi su tutto litigano anche sul pm di Bibbiano
I pentastellati attaccano il procuratore di «Angeli e demoni» per le chat con Luca Palamara. I compagni lo difendono, incluso Graziano Delrio, sentito e mai indagato dalla toga in un'inchiesta sulle 'ndrine.«Mai con il partito di Bibbiano che toglie i bimbi alle famiglie». Era questo il tormentone che il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e i 5 stelle dedicavano l'anno scorso al Pd, facendo riferimento all'inchiesta sui presunti affidamenti illeciti di minori in cui è rimasto coinvolto il sindaco dem della cittadina emiliana, Andrea Carletti. Da qui gli attacchi. Che, però, con la nascita della coalizione giallorossa, sono subito stati silenziati. Un anno dopo gli schieramenti tornano a dividersi sulla posizione da prendere nei confronti del procuratore di Reggio Emilia, Marco Mescolini, il capo degli inquirenti del caso Bibbiano. A sparigliare le carte è stato lo scoop della Verità che ha rivelato le pressioni dello stesso magistrato nei confronti dell'allora influente consigliere del Csm Luca Palamara, in quel periodo molto vicino al Giglio magico renziano, per la propria nomina a procuratore. Contro Mescolini si sono schierati diversi parlamentari del Movimento 5 stelle, mentre in sua difesa è sceso in campo proprio il «partito di Bibbiano». Mescolini ha dichiarato di non aver «mai mendicato favori» e 11 esponenti dem (compresi un senatore e tre deputati, tra cui il capogruppo alla Camera Graziano Delrio) gli hanno dato man forte, inviando ai media un accorato comunicato stampa che non sappiamo quanto gioverà a Mescolini: «È inaccettabile attaccare i magistrati, alimentando una cultura del sospetto strumentale ed orientata a minarne la credibilità, a maggior ragione laddove gli stessi abbiano ricoperto un ruolo di primo piano nella lotta ai mafiosi nella nostra terra» scrivono i piddini, facendo riferimento all'operazione Aemilia, lavoro che, adesso, secondo gli scriventi, rischierebbe di essere «delegittimato». Il comunicato, rivedibile a livello linguistico, prosegue: «Lascia inoltre basiti chi fino a ieri inneggiava all'operato della Procura di Reggio Emilia, salvo oggi mettere in discussione la caratura etica e morale dei suoi protagonisti. Riuscirà per una volta la politica a non commentare inchieste e gossip giudiziari sulla base di conversazioni telefoniche private?». La frecciatina è indirizzata ai 5 stelle che hanno severamente criticato le chat di Mescolini con Palamara. Per esempio l'eurodeputata Sabrina Pignedoli, che ha seguito da cronista il processo Aemilia, su Facebook ha parlato di «schifo» e «pena […] per questi poveri mendicanti di incarichi». La stessa Pignedoli, la vicepresidente della Camera grillina Maria Edera Spadoni e i parlamentari Stefania Ascari, Davide Zanichelli, Giulia Sarti, Gabriele Lanzi, Maria Laura Mantovani, hanno anche firmato un comunicato in cui si legge: «Alcune intercettazioni, come quelle che riguardano la nomina di Marco Mescolini a procuratore capo di Reggio Emilia, vanno assolutamente chiarite. Quelle chat, quelle telefonate, quelle conversazioni, se messe in correlazioni con alcuni fatti che sono avvenuti nella storia giudiziaria recente pongono importanti dubbi che devono essere assolutamente risolti per il bene della nostra democrazia». A colpire l'immaginario dei 5 stelle è soprattutto la frase di Mescolini a Palamara: «Su Reggio fai di tutto per chiudere se puoi. È importante per tutto». «Tutto cosa?» si chiede la Pignedoli.Nel 2018, quando è stato nominato, Mescolini (per due anni fuori ruolo al seguito del viceministro del governo Prodi, Roberto Pinza, proveniente dalla Margherita, come Delrio) era meno titolato di almeno un concorrente e mandò messaggi come questo a Palamara: «Non ti romperei se non fosse vitale». Per poi aggiungere, a nomina ottenuta: «Grazie Luca... ti sono debitore».A consentirgli di conquistare la poltrona ci fu anche la sottolineatura nel curriculum dei suoi successi investigativi nell'inchiesta Aemilia. In essa finirono invischiati due politici di centrodestra, ma nessuno del Pd, partito che pure stava nella stanza dei bottoni. Nell'ottobre 2012, fu sentito come persona informata dei fatti Delrio, all'epoca sindaco di Reggio Emilia. Venne ascoltato in merito a un suo viaggio elettorale effettuato con altri candidati a Cutro, paese d'origine delle cosche radicate nella città del tricolore. Una campagna di propaganda in cui, secondo i giudici, nessuno dei politici scesi dal Nord avrebbe messo in chiaro che «i voti mafiosi non erano graditi».Delrio aveva anche accompagnato in prefettura tre consiglieri piddini di origine calabrese interessati a far ammorbidire le interdittive antimafia nei confronti di alcuni loro corregionali.Alla fine Delrio non solo non venne mai indagato, ma non venne nemmeno chiamato a testimoniare durante il processo.Uno degli imputati (assolti) del procedimento, Giovanni Paolo Bernini, dirigente di Forza Italia per la provincia di Parma, domani presenterà il suo libro Storie di ordinaria ingiustizia (Mediolanum editori, 2019) in piazza Cavour, a Reggio Emilia. Bernini, inizialmente accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio politico mafioso da Mescolini e poi prosciolto dalle accuse di vicinanza alle 'ndrine in tribunale (il reato è stato derubricato in corruzione elettorale, contestazione poi prescritta), sostiene che il procuratore avrebbe «“graziato" il Pd emiliano-romagnolo (nonostante il fiume di intercettazioni telefoniche ed ambientali che incastravano il Pd)» e stigmatizza i messaggini di Mescolini a Palamara. A suo giudizio il procuratore ottenne la poltrona «a scapito di un collega magistrato con più requisiti ed esperienza» e nonostante avesse «accusato e processato un politico innocente purché del centrodestra», mentre «esponenti del Pd (parola dell'Arma dei carabinieri ) “avevano rapporti stretti e che duravano nel tempo con gli esponenti della 'ndrangheta"». Nei giorni scorsi Bernini ha scritto alla Procura di Perugia, che indaga su Palamara, per chiedere di essere ascoltato sulla propria vicenda giudiziaria.A fianco dell'esponente azzurro ci sarà il coordinatore comunale di Fratelli d'Italia Marco Eboli che, nei giorni scorsi, appoggiato dal deputato Tommaso Foti, ha ricordato al procuratore che «esiste l'istituto delle dimissioni, di cui il dottor Mescolini potrebbe avvalersi».Eboli ha pure rammentato come il magistrato, dopo il ballottaggio vinto dal sindaco pd Luca Vecchi nel 2019, indisse una conferenza stampa «per comunicare che le indagini» su alcuni dirigenti del municipio «erano partite da tempo, ma che, per non turbare l'esito delle elezioni, aveva deciso di rendere noto il nome dei nuovi indagati, a elezioni concluse». Per questo Eboli si interroga: «Eccesso di garantismo o tifoseria di parte?». Qualunque sia la risposta, anche Vecchi (sposato con la cutrese Maria Sergio, che nel 2012 ha acquistato da un futuro condannato di Aemilia un appartamento) è tra i firmatari del comunicato di sostegno a Mescolini.Infine il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri e altri colleghi hanno preparato per il Guardasigilli un'interrogazione «per sapere se alla luce delle intercettazioni con Palamara e dei fatti esposti non si ritenga di avviare un'azione disciplinare nei confronti di Mescolini, il cui operato sta suscitando un'ampia e pubblica critica, recando danno evidente alla reputazione della magistratura».