2024-10-01
«Pulite il fiume». E la Regione fece spallucce
Irene Priolo, dal 2022 vicepresidente dem della Regione Emilia-Romagna (Imagoeconomica)
Per ben 16 mesi i consiglieri locali di Fdi, insieme ai cittadini di Pianoro, hanno chiesto invano alla giunta dem dell’Emilia-Romagna di mettere in sicurezza l’alveo dello Zena. L’incuria del corso d’acqua era stata segnalata già nel 2021. Ma nessuno ha mosso un dito.La storia si ripete. In Emilia-Romagna, vanto del buongoverno piddino, fucina di leader e segretari, la trama è ormai sempre la stessa: acqua, fango, devastazione. E inerzia.A sedici mesi dalla precedente alluvione, anche la Val di Zena, nel Bolognese, è stata nuovamente invasa. L’omonimo torrente, lungo quaranta chilometri, ha travolto tutto. Un metro mezzo di melma nelle case. Dieci giorni dopo, le carcasse di mobili ed elettrodomestici restano ammassate sui marciapiedi. L’avevano detto? L’avevano detto. Cittadini e comitati, dopo le esondazioni del maggio 2023, non hanno mai smesso di chiedere la messa in sicurezza del maledetto Zena. Luca D’Oristano, consigliere comunale di Fratelli d’Italia a Pianoro, Comune attraversato dal fiume, ha scritto una caterva di pec e mail a quelli che dovevano intervenire. Per esempio: l’ex governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, che adesso sverna a Bruxelles. E, soprattutto, la sua vice di allora, Irene Priolo, assessore alla Transizione ecologica, ora presidente facente funzioni. Nel 2022 sostituì nientemeno che Elly Schlein, poi ascesa al Nazareno.D’Oristano, quel torrente, ce l’ha sotto gli occhi da sempre. Così, un mese dopo il catastrofico maggio 2023, suggerisce agli imbambolati alcuni interventi: «Delegare il Comune di riferimento a eseguire i lavori necessari, come il rifacimento degli argini; l’abbassamento livello “alveo di magra”, la messa in sicurezza della passerella pedonale in zona chiesa, in cui si è formata una diga di detriti». Il consigliere ricorda che, già a settembre 2021, l’Agenzia regionale del Demanio, vista la segnalazione di una cittadina, aveva allertato il Consorzio di bonifica renana: «Dalla descrizione dei luoghi sembrerebbe che la vegetazione sia cresciuta in prossimità del fiume Zena, il che lascerebbe intendere che l’area di intervento ricada nel demanio idrico, per legge di competenza della Regione Emilia-Romagna».Segue sopralluogo. I tecnici confermano la grave incuria. Il 6 ottobre 2021 inviano, quindi, una dettagliata relazione, corredata da mappe e foto, all’Agenzia regionale per la sicurezza del territorio e la Protezione civile: «Si rileva una folta vegetazione che è cresciuta durante i mesi siccitosi», conferma il consorzio. Dettaglia anche le «possibili conseguenze», che poi si verificheranno puntualmente nel 2023 e nel 2024: «Nel caso di piogge ed eventi di piena, potrebbe causare ostacolo al deflusso delle acque». Insomma: bisognerebbe sfalciare al più presto la vegetazione, segnalano quelli di Bonifica renana. Ricordando che «la competenza di tali acque pubbliche è appunto dell’Agenzia regionale a cui viene inviata la relazione tecnica».Nessuno, però, risponde. Si continua a fischiettare. Quasi due anni dopo, si resta al carissimo amico. Anche la mail inviata dal consigliere comunale di Pianoro, a giugno 2023, viene ignorata. D’Oristano, il 4 settembre dell’anno scorso, scrive ancora alla Regione, compresi Bonaccini e Priolo: «I detriti presenti sono una quantità molto preoccupante per i residenti e, se non verranno rimossi entro il mese di settembre 2023, la fine dalla stagione estiva, potrebbero essere motivo di nuove esondazioni e danni mettendo a rischio l’incolumità pubblica e privata». Il consigliere comunale allega eloquenti immagini: «Si prenda atto che gli accumuli presenti e i tronchi incastrati, o di traverso nell’alveo, sono chiaramente “dighe“»” che favoriranno esondazioni e nuovi danni alle sponde del torrente, vanificando così i lavori di ripristino eseguiti fino a oggi ed i soldi pubblici spesi».Il 7 settembre 2023, nella vana attesa di un riscontro, D’Oristano reitera: «Sono passati tre mesi e mezzo dalla fine dell’alluvione. Si poteva e doveva intervenire con la messa in sicurezza del torrente. Adesso manca solo un mese all’autunno e al prevedibile periodo delle piogge». Niente da fare. Il meloniano, comunque, non si perde d’animo. Altra mail, 24 settembre dello scorso anno: ulteriori foto testimoniano la noncuranza. Anche i cittadini del Comitato Val di Zena sono esasperati: «Nessuno ci ha ancora ascoltati e nessuno si è occupato di liberare il torrente in vista della brutta stagione», denunciano. «A tutt’oggi non è stato fatto nulla di significativo, fatta eccezione per qualche sporadico intervento. In considerazione del profondo e grave dissesto, diffidiamo gli enti preposti a eseguire i lavori necessari per la completa messa in sicurezza del torrente».In viale Aldo Moro, ovviamente, hanno altro da fare. Da Bologna passano i turbolenti destini del progressismo tricolore, come testimonia l’ultima battaglia alle primarie del Pd, tra Schlein e Bonaccini. In Consiglio regionale tocca, dunque, presentare un’interrogazione sullo Zena a Marta Evangelisti, presidente del gruppo di Fratelli d’Italia. Segue vaga risposta degli interessati: qualcosina è stato fatto, per il resto si attendono i soldi da Roma. Insospettita dallo scaricabarile, Evangelisti l’8 gennaio 2024 interpella nuovamente la giunta: «Mi sono pervenute diverse segnalazioni relative allo stato in cui versa la Val di Zena. In particolare, oltre alle frane a seguito delle recenti piogge, il fiume presenterebbe alberi nell’alveo e argini disastrati». Il 26 febbraio 2024 chiede ancora lumi: «Nonostante le promesse ricevute dalla cittadinanza, permarrebbero la situazione di incuria e mancata pulizia del torrente». Sette mesi dopo, lo Zena esonda. Ancora una volta. Il fiume di fango travolge tutto. Case, omissioni e silenzi. L’avevano detto? Eccome se l’avevano detto.