2025-07-31
Definitivo il verdetto sul Pfizergate: nemmeno Ursula si crede innocente
Il ceo di Pfizer Albert Bourla (Ansa)
La Commissione rinuncia all’appello: è ormai assodato che gli sms scambiati dalla presidente con Albert Bourla per l’acquisto dei vaccini sono stati nascosti senza adeguate motivazioni. Altro che complotto dei russi... Dietro la mozione di sfiducia a Ursula von der Leyen ci sarà pure stata la Russia. Ma sul Pfizergate, la tedesca ha dovuto alzare bandiera bianca.Come ha segnalato ieri Politico, la Commissione ha lasciato scadere i termini per presentare ricorso contro il verdetto dello scorso maggio: allora, il Tribunale dell’Unione europea aveva censurato il comportamento dell’esecutivo comunitario, reo di non aver motivato a sufficienza la mancata conservazione dei messaggi tra la baronessa e Albert Bourla, ceo della casa farmaceutica produttrice dei vaccini anti Covid. I due avevano condotto trattative riservate sull’acquisto dei medicinali, per una cifra che si aggirava attorno agli 1,8 miliardi; tuttavia, Bruxelles aveva in seguito negato l’accesso agli sms richiesto dal New York Times, sostenendo che fossero ormai irreperibili. Il quotidiano della Grande Mela, bramoso di conoscere cosa si fossero detti l’ex ministra della Difesa e il manager greco-statunitense al di fuori dei canali ufficiali, aveva deciso di adire le vie legali. E alla fine, i giudici europei gli hanno dato ragione: il diniego da parte dell’entourage della Von der Leyen, hanno stabilito le toghe, era arrivato senza «spiegazioni credibili». La Commissione affermava che non ci fosse alcuna norma che la vincolasse ad archiviare le conversazioni via smartphone e che, comunque, quella corrispondenza non conteneva «informazioni rilevanti». Ma al Tribunale, le giustificazioni maldestre di Ursula & C. non sono bastate. E adesso, con la rinuncia all’appello, la sentenza di due mesi fa è diventata definitiva.La storiaccia ha inseguito come un fantasma la Von der Leyen: nei mesi caldi post elezioni per il rinnovo dell’Eurocamera, quando era in corsa per ottenere il secondo mandato, l’apertura di un fascicolo da parte della Procura europea aveva addirittura messo in dubbio la sua eleggibilità. Esattamente un anno fa, la Corte di giustizia Ue aveva condannato la Commissione per una vicenda parallela: la scarsa trasparenza nelle trattative con Big Pharma. Le toghe avevano intimato all’organismo di governo dell’Unione di rendere noti «nomi dei negoziatori» e «clausole sugli indennizzi» ai produttori, previste nell’eventualità in cui le vittime degli effetti collaterali avessero intentato delle cause. Infine, dallo scandalo Bourla, è nata la mozione di sfiducia presentata dall’eurodeputato conservatore romeno, Gheorghe Piperea e sottoposta al Parlamento Ue 21 giorni fa.Per difendersi dinanzi alla plenaria di Strasburgo, Ursula si è aggrappata all’ormai classico capro espiatorio: Putin. Accusando i «partiti estremisti che vogliono polarizzare le nostre società con la disinformazione», la baronessa ha assicurato che esistevano «ampie prove che molti sono sostenuti dai nostri nemici e dai loro burattinai in Russia o altrove». Insomma, il progetto di farla fuori (politicamente, eh) sarebbe derivato da una cospirazione orchestrata da Mosca, di cui la destra sarebbe stata strumento e complice. A dare man forte all’interpretazione dietrologica della Von der Leyen, erano giunti i report dei soliti «fact-checker indipendenti», i finlandesi di CheckFirst e i lituani di Bebunk.org. I primi, in particolare, avevano passato in rassegna 28.857 post di Pravda News, denunciando lo sforzo di dipingere Ursula come una leader «tossica, corrotta, antidemocratica», prona alle case farmaceutiche e incline ad accordi segreti, «tipici di un elitarismo di Bruxelles». Sui risultati delle analisi si era fiondato uno dei portavoce della Commissione Ue, Thomas Regnier: «Attori notoriamente legati alla propaganda di Stato russa», aveva lamentato, «continuano nei loro tentativi di polarizzare e indebolire l’Unione europea. Essi sfruttano opportunisticamente gli eventi politici o le discussioni nell’Ue per distorcere il dibattito politico, diffondere teorie complottistiche o screditare i politici europei». Valga la sveglia del vicepresidente Usa, J.D. Vance: se basta qualche milione di Mosca per danneggiare le democrazie dell’Ue, significa che le democrazie dell’Ue non funzionano. Il 10 luglio, la mozione di sfiducia, capace di mettere in imbarazzo pure Fratelli d’Italia, che ha Raffaele Fitto vicepresidente della Commissione e che al contempo è parte dello stesso gruppo dell’Alleanza per l’Unione dei romeni, è stata bocciata. Piperea, una decina di giorni fa, ha reagito alle insinuazioni sui suoi legami con lo zar, minacciando ulteriori «azioni legali presso la Corte di giustizia Ue», nelle quali avrebbe coinvolto i funzionari della Commissione. In una missiva, l’onorevole ha ribadito che il Pfizergate è «una grave lesione alla verità e alla dignità dei cittadini europei» e ha esortato la Von der Leyen a presentare entro una settimana prove concrete della presunta regia russa, oppure a scusarsi con lui. Non sono arrivate né le prove né le scuse. Vedremo se e come proseguirà la querelle con l’esponente dei conservatori romeni. Di sicuro, per la presidente dell’esecutivo europeo, non è finita bene quella con i tribunali Ue. I giudici non hanno abboccato al trucchetto di far passare per una trama del Cremlino l’indignazione per i magheggi della baronessa durante la pandemia, quando fu concluso quello che probabilmente è stato il più grande affare gestito da Bruxelles, almeno fino al piano di riarmo.Nondimeno, la Commissione pare poco disposta a fare marcia indietro e a consegnare i misteriosi messaggi, ammesso esistano ancora e non siano stati davvero eliminati. Dopo la sentenza, l’esecutivo ha promesso «una spiegazione più dettagliata del perché non fosse in possesso dei documenti richiesti». Ma ha comunque insistito: la Corte non ha questionato «le politiche di registrazione riguardo l’accesso ai documenti». La Commissione ha aggiunto di essere «pienamente impegnata a mantenere apertura, accountability e una chiara comunicazione». D’altronde, i maestri dei segreti e delle opacità sono sempre stati i sovietici. Mica in Europa vorranno prendere esempio…
Ken Follett @Gareth Iwan Jones
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