2022-10-15
        Così il pensiero dominante pialla le diversità
    
 
Viviamo immersi in un sistema che è allergico alle differenze. E che, per eliminarle, non esita a ricorrere a metodi autoritari e coercitivi. Se poi fallisce, non dà la colpa ai propri dogmi, ma alla poca forza e convinzione con cui sarebbero stati promossi.«Ritengo che la storia del mondo e delle società», scrive il sociologo Paul Yonnet, «sia integralmente interpretabile secondo due grandi principi: il principio di egualizzazione e quello di differenziazione (ovvero la tendenza alla somiglianza e quella allo scostamento), tra i quali si instaurano sempre relazioni di riequilibrio, di compensazione (vere, false, simboliche o reali) o di consolazione». Io condivido questo punto di vista, ed è per questo che penso che, dietro la retorica egualitaria, occorra in realtà leggere un’altra cosa: la crescita dell’aspirazione all’omogeneità, al riassorbimento delle differenze, l’ascesa di quella che si potrebbe chiamare l’ideologia del Medesimo. L’ideologia del Medesimo si sviluppa a partire da ciò che è comune a tutti gli uomini. Essa si dispiega tenendo conto solo di ciò che hanno in comune, interpretandolo come il Medesimo. In assenza di un criterio preciso che consenta di valutarla in concreto, l’uguaglianza non è che un altro nome del Medesimo. L’ideologia del Medesimo esibisce dunque l’uguaglianza umana universale come un’eguaglianza in sé, scollegata da ogni elemento concreto che consentirebbe appunto di constatare oppure confutare una tale uguaglianza. Per dirla semplicemente, l’ideologia del Medesimo appare nel momento in cui l’eguaglianza è (a torto) formulata come sinonimo di medesimezza. Si tratta di un’ideologia allergica a tutto ciò che specifica, che interpreta ogni distinzione come potenzialmente svilente, che giudica le differenze contingenti, transitorie, inessenziali o marginali. Il suo motore è l’idea di Unico. L’unico è ciò che non sopporta l’Altro e intende ridurre tutto all’unità: un Dio unico, una civiltà unica, un pensiero unico. L’ideologia del Medesimo si mantiene oggi largamente dominante. [...]Questa ideologia vuole essere al contempo descrittiva e normativa, poiché pone l’identità fondamentale di tutti gli uomini tanto come un fatto acquisito quanto come un obiettivo auspicabile e realizzabile, senza mai interrogarsi (o facendolo raramente) sull’origine di questo divario tra il già esistente e la realtà che verrà. Essa pare così procedere dall’essere al dover-essere. Ma in realtà è sulla base della propria normatività, della propria concezione del dover-essere che essa postula un immaginario essere unitario, semplice riflesso della mentalità che la ispira. Nella misura in cui proclama l’identità innata degli individui, l’ideologia del Medesimo si scontra, com’è ovvio, con tutto ciò che, nella vita concreta, li differenzia. Deve allora spiegare che queste differenze altro non sono che caratteristiche secondarie, sostanzialmente insignificanti. Gli uomini possono anche differire molto nell’aspetto, ma ciò non toglie che, in fondo, siano gli stessi. Essenza ed esistenza vengono così scisse, come accade per l’anima e il corpo, lo spirito e la materia, e anche per i diritti (presentati quali attributi della «natura umana») e i doveri (che si esercitano solo all’interno di una relazione sociale, in un contesto preciso). L’esistenza concreta non è più che un’ingannevole ricopertura, che impedisce di vedere l’essenziale. Se ne deduce che l’ideologia del Medesimo non è essa stessa unitaria nel suo postulato. [...]Per sradicare la diversità, per ricondurre l’umanità all’unità politica e sociale, l’ideologia del Medesimo, il più delle volte, è ricorsa, nelle sue formulazioni profane, alle teorie che collocano nella sovrastruttura sociale gli effetti della dominazione, l’influenza dell’educazione o dell’ambiente, la causa di quelle distinzioni che considera un male transitorio. (Si noti, per inciso, che le teorie in questione individuano delle cause immediate dello stato di fatto che deplorano, senza mai interrogarsi sulla causa di queste cause, cioè sulla loro origine primaria e sulle ragioni per le quali esse riemergono incessantemente). Il male (fons et origo malorum) viene così posto al di fuori dell’uomo, come se l’esterno non fosse innanzitutto il prodotto dell’intimo. Modificando le cause esterne, si giungerebbe a trasformare il foro interiore dell’uomo, oppure a far emergere la sua vera «natura». Per riuscirci si ricorre talvolta a metodi autoritari e coercitivi, talora a condizionamenti o contro-condizionamenti sociali, a volte al «dialogo» e all’«appello alla ragione», senza d’altronde ottenere maggiori risultati nell’un caso che nell’altro, visto che il fallimento lo si attribuisce invariabilmente, non ad un errore nelle posizioni di partenza, bensì alla quantità ancora insufficiente dei mezzi impiegati. L’idea latente è quella di una società pacificata e perfetta, o almeno di una società che diverrebbe «giusta» nel momento in cui fossero fatte scomparire tutte le contingenze esterne che impediscono l’avvento del Medesimo.
        Roberto Burioni (Imagoeconomica)
    
In due anni il mondo è cambiato. Tregua USA-Cina con l’accordo Trump-Xi. Volkswagen, trimestre in rosso. Rame, i prezzi record preoccupano le fonderie cinesi.