2025-07-20
Tavolo sui dazi in salita e Ursula vola a Pechino dai «nemici» di Trump
Ursula von der Leyen (Ansa)
La missione di Maros Sefcovic negli Stati Uniti è stata fallimentare e il tycoon potrebbe a breve rilanciare. Non è una buona idea partire ora per l’Asia.La missione era programmata da tempo ma di certo, il viaggio della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen con il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, prima in Giappone (nella giornata di martedì e visiteranno Expo 2025 a Osaka mentre mercoledì la presidente riceverà una laurea honoris causa a Tokyo) e giovedì a Pechino per partecipare al summit Ue-Cina, proprio mentre il negoziato sui dazi ha preso una strada in salita e la prossima potrebbe essere la settimana decisiva, suona strano o quantomeno poco lungimirante. La scadenza del 1° agosto, fissata dal presidente americano Donald Trump, per raggiungere un’intesa si avvicina e nonostante le dichiarazioni di disponibilità da entrambe le parti, da Europa e Usa, non si vede ancora la fine del tunnel. Anzi, i funzionari europei che seguono il negoziato si attendono tra domani e martedì una nuova, e sicuramente durissima proposta da parte degli Stati Uniti. Bruxelles oscilla tra ipotesi di tagli reciproci dei dazi e minacce di ritorsioni che dovrebbero andare a colpire i servizi forniti dai grandi gruppi tecnologici. Un atteggiamento ondivago che finora non ha partorito alcun risultato mentre la Casa Bianca non è intenzionata a cedere terreno. Secondo il Financial Times, Trump vorrebbe imporre dazi minimi del 15-20% su tutti i prodotti provenienti dall’Unione Europa e non avrebbe alcuna intenzione di assecondare la richiesta di Bruxelles di ridurre le tariffe doganali sulle auto della Ue. Quindi la piattaforma negoziale sulla quale sta lavorando la Commissione sarebbe già fallita. L’ipotesi di limitare la tariffa base americana al 10% (dal 30% comunicato una settimana fa), salvaguardando una serie di settori come auto, farmaci ed alimentare, offrendo in cambio tariffe zero per i beni americani, sarebbe già stata respinta da Trump. Quanto all’arma delle ritorsioni, avrebbero l’effetto scontato di innescare una escalation dagli esiti imprevedibili. Tant’è che finora, pur essendo pronta una lista di contro dazi, Bruxelles l’ha usata solo per far rumore ben sapendo che applicarla sarebbe un suicidio. Al momento è prevalsa la linea della diplomazia anche se, stando alle indiscrezioni, l’ultima missione del commissario europeo Maros Sefcovic a Washington sembra non abbia avuto successo, a giudicare dall’irrigidimento di Trump che continua a rilanciare.E mentre la Ue brancola nel buio, con il governo francese che insiste per le ritorsioni, Berlino che oscilla tra posizione negoziale e minacce (secondo una fonte diplomatica il governo Merz, pur preferendo l’esito negoziato ora è pronto a considerare anche lo strumento anticoercizione) e la presidente della Commissione Ue, che nel momento più caldo della trattativa, prende il volo per Tokyo e Pechino, Trump va dritto per la sua strada. «Presto annunceremo altri accordi commerciali», ha detto il presidente durante la cerimonia di firma del Genius Art, una legge sulle criptovalute. «Abbiamo accordi commerciali che ci escono dalle orecchie», ha precisato anche rivolto al suo elettorato che, secondo i sondaggi, comincia a spazientirsi e teme il boomerang di un aumento dei prezzi. «Quando mando il documento in cui dico che si pagheranno dazi del 35 o del 40% è un accordo», ha precisato. Secondo Trump, i Paesi che riceveranno le lettere «poi chiameranno e cercheranno di raggiungere un’intesa diversa, aprendosi al commercio». Un messaggio chiaro per gli scettici, per quanti dubitano sull’efficacia della strategia dei dazi. La conferma viene anche dagli economisti. Alberto Bisin, professore di economia alla New York University afferma che con la politica delle tariffe «stanno entrando dollari nelle casse americane. L’incertezza fa sì che questo effetto sia più alto di quello che sarà nel lungo e medio periodo, perché le imprese sono in attesa e quindi per il momento pagano dazi e i soldi entrano». Per Bisin, «dazi al 10-20% portano entrate rilevanti, però proiettare quel che succederà in base a quel che sta succedendo oggi comporta una sopravalutazione degli effetti perché siamo in una fase in cui nessuno si sta muovendo». Per il docente, tuttavia, il grande problema oggi è «l’incertezza delle politiche economiche americane: non si sa dove stanno andando, non sappiamo quanto alte saranno le tariffe, non sappiamo se la Fed sarà indipendente in futuro».La guerra commerciale è all’attenzione anche del sistema giudiziario. «Le guerre sui dazi possono essere sfruttate dai criminali per potenziare i propri intrecci e le proprie skills, ma anche per moltiplicare il volume delle frodi doganali: anche i conflitti e le economie di guerra creano le condizioni per l’espansione delle organizzazioni criminali» è la riflessione del procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo intervenendo al Palazzo di Giustizia di Palermo. Si apre quindi una settimana giocata sul filo del rasoio in cui tutti gli scenari sono aperti e possibili. Dall’Italia continuano gli appelli a tenere i nervi saldi, trattando a oltranza.
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