2025-07-08
Dazi slittati ad agosto. Tariffe al 25% per Giappone e Corea. Ore decisive per l’Ue
Telefonata Donald Trump-Ursula von der Leyen l’altro ieri. Europa al lavoro: «Avanti coi negoziati». Mercati agitati dopo gli annunci sui Paesi asiatici.Parigi fa da sé e salva i produttori di brandy in cambio di prezzi minimi di importazione.Lo speciale contiene due articoliC’è una data che da oggi le aziende che esportano negli Usa dovranno segnare in rosso: il 1° agosto. Donald Trump ha ufficialmente annunciato che, a partire dall’inizio del prossimo mese entreranno in vigore dazi del 25% sulle importazioni dal Giappone e dalla Corea del Sud. Stesso trattamento per Malesia e Kazakistan. Più duro con Laos (40%) e Myanmar. Al Sudafrica il 30% . Il presidente ha anche comunicato che concederà ancora un po’ di tempo alla Ue: la scadenza di mercoledì 9 luglio viene posticipata all’1 agosto. I mercati, però, non apprezzano quello che, almeno nei confronti dei Paesi asiatici, si configura come un nuovo giro di vite: Nasdaq e Dow Jones perdono più dell’1,5%.Trump ha deciso di «accompagnare» l’annuncio dei nuovi dazi con un bel post su Truth, la sua piattaforma, con tanto di immagine delle lettere inviate ai leader dei due Paesi asiatici, Shigeru Ishiba (Giappone) e Lee Jae-myung (Corea del Sud), dove dettagliava le nuove tariffe e le sue condizioni. La decisione della Casa Bianca non lascia dubbi: non ci saranno eccezioni. E se qualcuno provasse a «giocare» con il trasbordo delle merci per dribblare le dogane (tipo spedire le merci in un paese terzo prima di inviarle definitivamente negli Usa), l’aliquota si alzerà ulteriormente. Esattamente come ha fatto con i Brics riuniti a Rio: una stretta del 10% che ha provocato le proteste del padrone di casa Lula.Insomma, Trump ha deciso di usare l’ascia, ma poi con la consueta tattica negoziale ha scelto di dare un’altra chance all’Europa, concedendo un mese di tempo per sedersi al tavolo e risolvere la questione. E che cosa fa Bruxelles? Si comporta come sempre: riunioni, dichiarazioni, attese. Il cancelliere Merz ha parlato con Macron, Von der Leyen e Giorgia Meloni nel fine settimana per concordare una soluzione. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha avuto una «buona» telefonata con Trump. La risposta che ha ricevuto è stata semplice: i dazi sono sul tavolo, almeno fino a quando da Bruxelles non arriverà un segnale concreto. Alla Casa Bianca, la portavoce Karoline Leavitt ha aggiunto che Trump affronterà la questione dei dazi reciproci con i leader stranieri entro il prossimo mese. «In questa fase non sono a conoscenza che la Commissione abbia ricevuto qualche lettera», ha dichiarato il commissario europeo all’Economia, Valdis Dombrovskis, nella conferenza stampa al termine della riunione dell’Eurogruppo. E nell’incontro con la stampa, il portavoce per il Commercio, Olof Gill, ha chiarito che Palazzo Berlaymont non intende commentare in anticipo. «Non commenteremo le lettere che non abbiamo ricevuto, né le dichiarazioni dell’amministrazione statunitense. Stiamo continuando a lavorare per la scadenza del 9 luglio e, in questo senso, a livello politico e tecnico i contatti tra Ue e Stati Uniti proseguono», ha dettagliato. Dombrovskis, intanto, ha ricordato che in tutta questa partita «la posizione dell’Ue è stata chiara fin dall’inizio: abbiamo favorito una soluzione negoziata con gli Usa, e questa rimane la nostra priorità». Il commissario all’Economia ha sottolineato che «sono stati compiuti progressi verso un accordo di principio durante i negoziati della scorsa settimana»; che «venerdì si è tenuta una discussione con gli Stati membri sulla situazione» e che «ora continuiamo a collaborare sia a livello tecnico che politico». E nel pomeriggio di ieri si è tenuta la riunione tra i 27 ambasciatori dei Paesi membri - la riunione dei rappresentanti permanenti presso l’Unione europea (Coreper II) - proprio per discutere dello stato delle relazioni commerciali tra Unione europea e Stati Uniti d’America. La settimana scorsa si è chiusa con il commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, che rientrato a Bruxelles ha definito produttivo il lavoro svolto durante la sua missione a Washington. Mentre nel fine settimana i vertici hanno avuto uno scambio telefonico. «Non posso dire altro se non confermare che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha avuto una telefonata con il presidente Donald Trump ieri» ed «è stato un buono scambio», ha osservato il portavoce della Commissione europea, Stefan De Keersmaecker. «La presidente continua ad essere in contatto con i leader Ue. I lavori sono in corso a livello politico e a diversi livelli tecnici», ha puntualizzatoQuindi, la situazione è chiara: Trump non ha paura di fare le cose a modo suo. E se le scadenze non sono rispettate, lui è pronto a tirare fuori il martello dei dazi. L’Europa è a un bivio: continuare a negoziare (forse per sempre) o cedere al pragmatismo di Trump e sistemare le cose una volta per tutte.Insomma, il 1° agosto non sarà solo una data. Sarà il punto di arrivo di un scontro di titani tra la filosofia del «commercio internazionale» dell’Europa e la «compravendita americana» di Trump. E, come sempre, non ci sono mezze misure: o si gioca secondo le regole di The Donald, o ci si prepara a una nuova tornata di dazi.In fondo, Trump lo ha sempre detto: il commercio è un gioco di forza, e quando giochi contro di lui, è lui a determinare le regole. L’Europa, come sempre, dovrà rispondere, e la partita è appena cominciata.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/dazi-agosto-25-percento-asia-2672940945.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="alla-fine-i-francesi-brindano-con-xi-il-cognac-scampa-alle-gabelle-cinesi" data-post-id="2672940945" data-published-at="1751960806" data-use-pagination="False"> Alla fine i francesi brindano con Xi: il cognac scampa alle gabelle cinesi Alla fine, ce l’hanno fatta. Un successo della diplomazia distillata negli alambicchi. I francesi sono usciti indenni dalla guerra commerciale con Pechino con ausilio di alcol distillato, savoir-faire e una scrollata di spalle da manuale Quai d’Orsay, sede del ministero degli Esteri. Il dazio cinese sul brandy europeo? Colpirà tutti, certo. Ma non loro. O meglio: non il 90% dei loro produttori. Un successo così raffinato da sembrare invecchiato in botte. Ma come ci sono riusciti? Non con minacce, retorica o tweet da scontro diplomatico. No. Con la tattica diplomatica che può permettersi solo chi ha trasformato il colonialismo in una sfilata di eroi alle pareti de «Les Invalides» accanto alla tomba di Napoleone: il compromesso è profumato di rovere. Era iniziata come una classica storia daziaria: l’Europa minaccia tariffe sulle auto elettriche cinesi. Pechino risponde con il mirino puntato sul brandy europeo. La Francia si preoccupa pensando al futuro del cognac. Ma ecco il colpo di scena: a furia di «consultazioni amichevoli» (e magari qualche assaggio «non ufficiale»), si è giunti a un risultato inaspettato. Hennessy, Martell, Rémy Martin e compagnia bella hanno accettato un prezzo minimo di esportazione, e magicamente sono finiti nell’elenco delle aziende esentate dal dazio del 34,9%.I cinesi hanno avuto il loro gesto simbolico. I francesi hanno salvato i loro affari. E gli altri europei? Si consoleranno con un grappino.La notizia è stata annunciata, durante la visita europea del ministro degli Esteri cinese Wang Yi, conclusa con un bel brindisi e zero scossoni. «L’accordo è un passo importante che permette di chiudere l’indagine», ha detto il ministro francese, soddisfatto.Macron, dal canto suo, ha colto la palla al balzo e ha twittato parole distillate di gioia. «Passo positivo», «amicizia», «partner affidabili». Insomma: le parole giuste da usare quando qualcuno ti ha appena graziato, ma vuoi comunque sembrare quello che comanda.La vera genialità? I francesi sono riusciti a trasformare una minaccia commerciale in una vittoria nazionale, senza che nessuno si accorgesse di aver perso. Mentre Bruxelles preparava dichiarazioni indignate, Parigi trattava. Mentre Berlino calcolava quanto costeranno i dazi cinesi sulle sue auto elettriche, Parigi versava Rémy Martin.E ora che i produttori francesi sono salvi, il governo può fare il ruolo del saggio mediatore, dell’amico che calma gli animi, che «guarda al dialogo» e «accoglie con favore gli investimenti cinesi». Traduzione: abbiamo salvato i nostri affari, ora tocca a voi cavarvela.Che poi, diciamolo, i francesi hanno piegato il ginocchio alla Cina con passo di danza degno di uno spettacolo dell’Opéra.Nel comunicato ufficiale cinese, Wang Yi ha elogiato la Francia come «Paese chiave» dell’Unione Europea, auspicando che spinga per «gestire in modo appropriato le divergenze economiche» Tradotto: dite a Bruxelles di stare buona, oppure ci vendicheremo sul camembert.Macron, da parte sua, ha dichiarato che «non vede l’ora di tornare in visita in Cina». In effetti, dopo aver evitato un dazio da capogiro, chi non vorrebbe farsi offrire un bicchierino e due panda commemorativi?Alla fine, resta la lezione: mentre l’Europa unita sogna, la Francia agisce badando ai fatti propri. Sorsi, non scosse.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)