
Il Consiglio di Stato rigetta il ricorso di «Piercavillo» contro la decadenza dal Csm. Le chat tra Luca Palamara e Rodolfo MariaSabelli sulle bordate stampa del collega: bisogna fermarloNel giorno in cui il già presidente della Seconda sezione penale della Corte di Cassazione e dell'Associazione nazionale magistrati Piercamillo Davigo firma il suo primo articolo sul Fatto quotidiano, giornale col quale ha avviato una collaborazione (e sul quale scrive anche un'altra toga: Luca Tescaroli), è arrivata la tegola del Consiglio di Stato che ha bocciato il ricorso col quale aveva tentato di restare aggrappato alla poltrona da consigliere del Csm. La sua decadenza da consigliere togato era stata deliberata lo scorso ottobre dopo il pensionamento da magistrato per raggiunti limiti di età (70 anni). Determinante era stata la posizione del vicepresidente David Ermini e dei vertici della Cassazione, il primo presidente Pietro Curzio e il procuratore generale Giovanni Salvi. Proprio a ottobre Davigo si era lasciato andare durante una comparsata a Piazza Pulita su La7 ad alcune dichiarazioni sul caso Palamara (che era chiamato a giudicare in quanto membro della sezione disciplinare). Tant'è che lo stratega delle nomine tentò una ricusazione. Magistratura democratica, la corrente delle toghe più a sinistra, prese la palla al balzo per scagliarsi contro il collega in età da pensione, sostenendo che avrebbe dovuto lasciare il Csm e anche il giudizio sul caso Palamara. Ma il «dottor Sottile» delle toghe, come è stato soprannominato Davigo, aveva attirato su di sé anche altre antipatie. Rodolfo Maria Sabelli (Unicost), presidente uscente dell'Anm che in quel momento ambiva a diventare procuratore aggiunto a Roma, nelle chat con Palamara, per esempio, il 23 aprile 2016 si sfogò con lo stratega delle nomine: «Avevo avvisato Francesco del problema che le incontenibili dichiarazioni di Davigo avrebbero creato. La Gec (Giunta esecutiva centrale dell'Anm, ndr) deve tenerlo a freno». E in un successivo messaggio, scritto probabilmente dopo una mail mandata ai colleghi da Palamara, Sabelli aveva rincarato la dose: «Ho letto la tua mail in Ml, anche questa volta perfetta. Purtroppo temo che non basti. Luca, sono molto preoccupato. Qui o si recupera un minimo di ragionevolezza o finisce male. Prima Davigo, ora Morosini. Di fronte a certe uscite bisogna far capire che la magistratura non è questo». Palamara fu lapidario: «Sono d'accordo con te, bisogna fare fronte comune». Il riferimento era a una intervista «rubata» da Annalisa Chirico e pubblicata sul Foglio. La giornalista attribuiva a Piergiorgio Morosini, consigliere del Csm ed esponente di Md, frasi e posizioni molto dure sul governo Renzi e sui suoi progetti di riforma. La sinistra insorse. E Davigo difese il collega. Sabelli, invece, commentò così con Palamara: «Leggo adesso che a fronte dell'enormità dell'intervita di Morosini (e della sua debole smentita) Davigo quel che sa dire è rivendicare la libertà di parola dei magistrati. Di male in peggio. Quando puoi facciamo una chiacchierata di persona».Sabelli fissa l'appuntamento: «Mercoledì per le 13,30. Pignatone (Giuseppe Pignatone, ex procuratore di Roma, ndr) ci prega di scegliere un posto vicino al tribunale. Ti andrebbe bene un angolo di Sicilia a via Dardanelli?». Di pranzi e cene nell'inchiesta su Palamara ce ne sono diversi. Ad alcuni, con Sebastiano Ardita, membro del Csm eletto nella corrente Autonomia & Indipendenza, c'era anche Davigo che di A&I è il fondatore. Davanti agli inquirenti perugini, come ha svelato La Verità, Davigo aveva biasimato gli incontri di Ardita sostenendo che avrebbero potuto essere utilizzati «come una sorta di riscontro rispetto a un'eventuale chiamata di correità». Ma poi ha opposto il segreto d'ufficio, lo stesso che Ardita non ha usato come egida.Nel frattempo in Parlamento hanno tentato un giocone, presentando emendamenti a un decreto Covid con i quali si tentava di spostare in avanti l'età di pensionamento dei magistrati. Salvando, in quel modo, Davigo (che ha reso noto di non saperne nulla degli emendamenti). Ma anche questa possibilità è andata in fumo. E ora la Quinta sezione del Consiglio di Stato ha confermato la decisione con cui il Tar del Lazio aveva dichiarato inammissibile il ricorso di Davigo, affermando che la competenza a decidere sulla questione non è del giudice amministrativo ma di quello ordinario. Nella sentenza i giudici amministrativi parlano di «complessiva reiezione del gravame» e, quindi, di «conferma della declinatoria della giurisdizione a favore del giudice ordinario, dinanzi al quale la lite potrà essere riproposta». Davigo, insomma, ha sbagliato giurisdizione.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).





