2022-10-21
Danno lezioni al Cav ma dovrebbero tacere
Silvio Berlusconi (Imagoeconomica)
Enrico Letta e Berlino fanno a gara a condannare le uscite del capo di Fi su Vladimir Putin. Peccato che l’ex premier dem fece impennare gli acquisti di gas russo da parte dell’Italia. E l’ex ministro della Merkel de Maizière scorda che fu la Cancelliera a legarsi mani e piedi a Mosca.Inutile inseguire un impossibile «zero a zero»: nella vicenda dei leak audio berlusconiani, Giorgia Meloni ha dalla sua tutte le ragioni. Piaccia o no, oggi l’unico potente «vincolo esterno» è il legame atlantista. Ed è materialmente impossibile pensare di poter governare un Paese dell’Occidente avanzato (e meno che mai, in quel contesto, di trovare sponde amiche per difendere efficacemente il proprio interesse nazionale) se si dà anche solo la sensazione (tra Washington da una parte e Pechino-Mosca-Teheran dall’altra) di non sapere in quale metà campo geopolitica schierarsi, o comunque di coltivare spazi di ambiguità. Da questo punto di vista, ogni sforzo di «contestualizzazione» rischia di non essere sufficiente a Forza Italia per giustificare, prim’ancora degli applausi di irrisione verso il leader ucraino, l’adozione di un «racconto» che in troppe parti sembra aderire pari pari alla versione del Cremlino.Tuttavia, è veramente un esercizio di ipocrisia e doppiopesismo guardare solo da un lato per cercare eventuali zone d’ombra. Vogliamo compiere un’operazione verità sulle influenze cinesi e russe in Italia da molti anni? Lasciamo da parte tutto ciò che è avvenuto prima del 1989, con il Pci che fu sistematicamente foraggiato da Mosca: e già questo dovrebbe far arrossire chi, adesso, si affretta a indossare panni atlantisti, senza avere alcuna credibilità né politica né morale. Restiamo solo agli ultimi 10-15 anni. L’Enrico Letta che oggi catoneggia dev’essere forse un omonimo del Letta che da Palazzo Chigi, nel 2013, fece impennare gli acquisti italiani di gas russo; un omonimo del Letta che, in quello stesso anno, firmò a Trieste ben 28 accordi con Vladimir Putin; e ancora un omonimo del Letta che a inizio 2014 fu praticamente l’unico primo ministro occidentale che andò a omaggiare Putin alle Olimpiadi invernali di Sochi. I numeri parlano chiaro: l’impennata negli acquisti di gas da Mosca inizia infatti proprio nel 2013, quando al governo c’era Letta: circa 28 miliardi di metri cubi di gas (su quasi 62 miliardi in totale), e cioè una percentuale superiore al 45%. I livelli si confermano altissimi nel 2014 e nel 2015, fino a raggiungere il top (33 miliardi su oltre 69) nel 2017, quando a Palazzo Chigi sedeva Paolo Gentiloni. Nel mezzo, non fece mancare il suo contributo di amicizia verso Mosca anche Matteo Renzi, con tanto di intervento da capo di governo, nel 2016, al Forum economico internazionale di San Pietroburgo. Così come non sappiamo che titoli abbia Repubblica per concedere o ritirare patenti a chicchessia, considerando il supplemento Russia oggi uscito per anni, come inserto mensile, insieme al quotidiano progressista italiano: e, per esplicita ammissione di Repubblica, si trattava di un prodotto frutto della collaborazione con testate ed enti russi. Ma non finisce qui, specie se allarghiamo il tema alle influenze cinesi. Certo, balzano agli occhi errori reiterati (o peggio) da parte del Movimento 5 stelle. E però che titolo ha la sinistra per pontificare? Vogliamo ricordare chi sia stato il premier italiano che (unico nel G7) partecipò al primo Belt and Road Forum nel 2017? È stato Paolo Gentiloni. Vogliamo ricordare chi siano state le figure che più si sono spese, culturalmente e nella discussione pubblica, per tessere la tela delle relazioni geopolitiche con la Cina? Sono stati Romano Prodi e Massimo D’Alema. Vogliamo ricordare chi sia stato il presidente della Repubblica che ricevette al Quirinale come un imperatore, con tanto di scorta d’onore di corazzieri a cavallo, il tiranno cinese Xi Jinping? È stato Sergio Mattarella. Tutto assolutamente legittimo, ci mancherebbe. Però questa piccola galleria di ricordi ci fa capire che troppi fanno finta di dimenticare che non solo da una parte ci sia stato un problema nell’orientare la propria bussola geopolitica. E lo stesso vale per chi alza la voce da fuori. In queste ore sono particolarmente «vocali», come si dice, i tedeschi, nel reclamare dissociazioni italiane, in particolare in ambienti del Ppe. Ancora ieri, su Repubblica, un ex collaboratore di Angela Merkel, Thomas de Maizière, ha sparato a palle incatenate contro Silvio Berlusconi. Peccato che però sia stata proprio la signora Angela Merkel a inchiodare la Germania (e a cascata tutta l’Europa) alla dipendenza dal gas russo. Per chi avesse poca memoria, è sufficiente ripescare un video imbarazzante per Berlino. Si tratta di un vecchio intervento di Donald Trump (settembre 2018): «La Germania diverrà totalmente dipendente dall’energia russa, se non cambierà immediatamente corso». All’epoca l’odio anti Trump fece sì che i media internazionali valorizzassero le risatine di scherno della delegazione tedesca che ascoltava l’allora presidente Usa. Chissà se oggi - non solo a Berlino - c’è ancora tanta voglia di ridere. Né la questione riguarda solo il centrodestra tedesco: se possibile, l’influenza russa ha travolto in modo ancora più marcato i socialdemocratici. Si pensi solo all’ex cancelliere Gerhard Schroeder, che per anni - lasciata la politica - è stato titolare di remuneratissimi incarichi di vertice presso i colossi russi dell’energia. E, anche al di là del rapporto con Putin, è stata sempre la Germania ad aver condotto l’Ue a inseguire l’ideologia gretina della transizione green. Inutile girarci intorno: finché non la rottameremo, saremo oggettivamente sotto il ricatto energetico russo. Né il problema tedesco riguarda solo la Russia: ancora in questi giorni continuano a rincorrersi voci di una possibile vendita a società cinesi di significative partecipazioni rispetto al porto di Amburgo. Di tutta evidenza, non tutti quelli che pretendono di impartire lezioni di geopolitica «corretta» hanno i titoli per farlo.
Il Gran Premio d'Italia di Formula 1 a Monza il 3 settembre 1950 (Getty Images)
Elbano De Nuccio, presidente dei commercialisti (Imagoeconomica)
Pier Silvio Berlusconi (Ansa)