2023-08-20
D’Alema: «Distrutti dallo scoop della Verità»
Baffino è stato intercettato mentre parlava con Giancarlo Mazzotta, politico pugliese di Forza Italia, dopo la pubblicazione dei nostri articoli: «Questo è un vero disastro, senza rimedio. Temo che la questione avrà pure profili giudiziari...». L’inchiesta della Verità sulla trattativa portata avanti dai D’Alema boys per far acquistare dal governo colombiano armi da guerra di fabbricazione italiana ha rovinato il sonno all’ex premier sin dai nostri primi articoli. Infatti Baffino, mentre ostentava tranquillità, su Corriere della Sera e La Repubblica, con i suoi vaticinava «disastri» e inchieste giudiziarie. Il primo marzo 2022 il nostro sito pubblica l’audio del colloquio di D’Alema con l’ex paramilitare Edgar Ignacio Fierro in cui i due parlano di un affare da 4 miliardi di euro che avrebbe dovuto far guadagnare ai consulenti dei due gruppi di lavoro (quello italiano era guidato da Max) una montagna di denaro. L’ex premier dice apertamente: «Siamo convinti che alla fine riceveremo tutti noi 80 milioni di euro».Parole inequivocabili che hanno portato alla contestazione da parte della Procura di Napoli nei confronti di D’Alema e di altri sette soggetti del reato di corruzione internazionale aggravata.L’1 marzo uno degli indagati, Giancarlo Mazzotta, politico pugliese di Forza Italia, scrive all’ex ministro degli Esteri: «Questo pezzo di merda cerca di tirarsi fuori». Il riferimento è probabilmente a uno dei due intermediari italiani che sospettano possa averci inviato l’audio. «La registrazione chi gliel’ha data ai giornali?» chiede. D’Alema spiega di essere impegnato in un convegno al Senato, ma Mazzotta lo avverte che «l’avvocato Salvatore Pino è già al lavoro». D’Alema fa due chiamate senza risposta e Mazzotta lo informa di aver girato il cellulare al professionista. D’Alema è preoccupato: «Non mi sta chiamando». Mazzotta lo rassicura: «Ti chiama tra pochissimo». Quando la conversazione è avvenuta l’ex segretario del Pds commenta amaro: «Sì, ho parlato. Comunque è un vero disastro». Passano due giorni e D’Alema, che deve essere diventato un nostro assiduo lettore, alle 7.34 avvisa Mazzotta delle dichiarazioni che ci ha rilasciato uno dei due intermediari: «Hai visto l’intervista di Emanuele Caruso alla Verità? Era una trappola. Noi veniamo distrutti: veramente un disastro senza rimedio». Dopo un minuto e mezzo arriva all’amara conclusione che, purtroppo per lui, si rivelerà clamorosamente azzeccata: «Temo che la questione avrà anche un profilo giudiziario».In un’altra chat, questa volta con Paride Mazzotta (figlio di Giancarlo, non indagato), come anticipato ieri dal Fatto quotidiano, mostra di essere particolarmente timoroso per eventuali figuracce con Leonardo e Fincantieri, presso i cui vertici si era speso per la buona riuscita dell’affare: «Come va? Alcuni dei nostri interlocutori cominciano a chiedere se abbiamo scherzato o no. Avendo scomodato il top delle società qualcuno (cioè io) rischia di fare una brutta figura…». È la prova dell’interessamento diretto e concreto di D’Alema che ha iniziato a seguire l’affare nel settembre del 2021, quando Mazzotta senior gli aveva prospettato la possibilità di una vendita di caccia, corvette e sommergibili alle forze armate colombiane.In un’intervista del marzo 2022 D’Alema aveva negato di aver scelto lui lo studio che avrebbe dovuto gestire l’accordo e con cui Leonardo stava firmando un «contratto di supporto e assistenza per la promozione delle vendite»: «Ho detto a questi signori colombiani che era necessario trovare una società seria per iniziare la discussione. Loro hanno scelto questo studio legale americano, un business law molto attivo in America Latina». In realtà nell’audio pubblicato dalla Verità era evidente l’interesse di D’Alema per la partecipazione all’affare degli avvocati di Miami, con cui collaboravano professionisti a lui vicini. Nelle chat sequestrate dalla Procura di Napoli è ancora più chiaro come l’ex ministro degli Esteri spingesse per il coinvolgimento di Rober Law & C.Già il 13 ottobre, con la trattativa in fase embrionale, domanda: «Abbiamo uno schema di lettera di incarico. A che punto siamo?». Il 20 ottobre rincara: «Quando è pronta la lettera per lo studio americano, prima di inviarla, la vorrei vedere».Il 17 novembre D’Alema detta le regole di ingaggio: «Ciao. Siamo pronti. Inviamo tutta la documentazione. La mail partirà da Miami. È assolutamente essenziale che l’attesa manifestazione di interesse sia inviata a Robert Allen law. Saranno poi loro a contattare le società per organizzare una missione. Deve risultare evidente in ogni passaggio il ruolo dei promotori commerciali...».Il 19 D’Alema insiste: «Il materiale è stato inviato. Pare ci siano problemi di ricezione. Bisogna che si diano da fare. È, per molte ragioni, urgente che gli avvocati ricevano una manifestazione di interesse…». L’ex premier fibrilla, visto che dalla Colombia non sembrano arrivare le risposte auspicate: «Buonasera. Ho ricevuto messaggi che annunciano manifestazioni di interesse da parte di altri 2 Stati. Molti annunci promettenti. Ma allo stato non vi è stato alcun riscontro. Di nulla. Cominciamo ad essere preoccupati...». La manifestazione di interesse colombiana sembra non arrivare e così D’Alema, il 2 dicembre, sbotta con Paride Mazzotta: «A che titolo dovremmo invitare le aziende? […] Dopo avere fatto il contratto porteremmo anche i tecnici. Per questo è urgente avere una carta in mano in modo da chiudere subito ed averli sin dal primo incontro».Le conversazioni di quelle settimane concitate avvengono o su Whatsapp o sulla chat criptata Signal. Che D’Alema sembra prediligere: «Signal è più sicuro» conferma il 15 ottobre 2021, quando viene a sapere da Paride Mazzotta che uno degli attuali indagati preferisce comunicare su quel canale. Una predilezione per le chat protette, quella del politico, rimarcata dagli investigatori in una loro informativa.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)
Il valico di Rafah (Getty Images)