2018-09-28
Dal Csm al Copasir, da Montecitorio al Colle. Gli ex Margherita non mollano mai il potere
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Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la sua macchina burocratica, con Ugo Zampetti, Daniele Cabras e Simone Guerrini. Poi la Camera dei deputati, con il segretario generale Lucia Pagano, moglie di Mauro Fioroni, cugino di Giuseppe Fioroni. L'ufficio stampa nelle mani Stefano Menichini, ex portavoce di Francesco Rutelli e già consulente di Graziano Delrio. Non ci sono solo David Ermini e Lorenzo Guerini. La lista degli ex Dc nei posti chiave del potere è lunga e inossidabile.Bastava guardare chi sedeva alle spalle del presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante l'apertura dei lavori del nuovo Consiglio superiore della magistratura per capire chi sono davvero i poteri che contano in Italia. Mentre il Capo dello stato salutava la nomina del renziano, ex Margherita, David Ermini alla vicepresidenza, un uomo con i capelli bianchi ascoltava con attenzione seduto un metro dietro di lui. Al pubblico sarà sfuggito ma quell'uomo è Ugo Zampetti, attuale segretario generale del Quirinale, vero architrave del potere in Italia. Zampetti è molto più di un'istituzione in Italia. E' l'uomo che negli ultimi vent'anni ha governato su Montecitorio e ora sul Capo dello stato. Conosce Mattarella da tempo immemorabile. Dal 1983 per l'esattezza, quando l'allora deputato della Dc entrò alla Camera e se lo ritrovò come segretario della Commissione Affari Istituzionali. Nominato da Luciano Violante segretario generale di Montecitorio nel 1999 ci resterà fino al 2014. Inamovibile, poi seguirà Mattarella al Quirinale, ma non senza aver caldeggiato la nomina del nuovo segretario generale, quella Lucia Pagano, in carica dal 2015, moglie di Mauro Fioroni, direttore del Servizio Informatica del Senato, cugino (lo scrisse Dagospia mai smentito) di Giuseppe Fioroni, ex Margherita, ala Dario Franceschini. Del resto se il governo gialloblù di Giuseppe Conte continua a crescere nei consensi mentre il Partito Democratico crolla nei sondaggi, almeno al centrosinistra sono rimasti incarichi di spessore nell'amministrazione pubblica. Basti pensare che al fianco di Zampetti sul Colle ci sono come consiglieri di Mattarella Daniele Cabras, figlio dell'ex parlamentare Dc Paolo e poi Simone Guerrini, storico amico e compagno di università a Pisa dell'ex presidente del Consiglio Enrico Letta. Sono incarichi istituzionali, politici e strategici, che raggiungo l'apice nei casi di Ermini a palazzo dei Marescialli, l'ex capogruppo della Margherita nella provincia di Firenze di Matteo Renzi è di fatto l'ago della bilancia tra politica e magistratura, ma soprattutto in quello di Lorenzo Guerini al Copasir, il comitato di controllo parlamentare dei Servizi segreti in Italia. Guerini come Ermini - e come lo stesso Mattarella - hanno un passato glorioso nella vecchia Dc come poi nel Ppi, l'ormai dimenticato Partito popolare italiano. Sono saliti ai vertici di due posti di garanzia e controllo come Copasir e Csm grazie ai voti del centrodestra e del centrosinistra, nel perfetto stile della Prima repubblica. Del resto grazie alla nascita del Partito Democratico targata Walter Veltroni nel 2008, sono riusciti a rigenerarsi nella seconda Repubblica, scalzando di fatto tutto quello che era rimasto delle vecchie leve del Pci e dei Ds. Le margherite non sfioriscono mai. Se Pagano è segretario generale di Montecitorio, anche la direzione della stampa della Camera è in mano a Stefano Menichini, ex direttore del quotidiano Europa, già consulente per la comunicazione del sindaco di Roma Francesco Rutelli e poi del ministro dei Trasporti Graziano Delrio. Gli ultimi due entrambi dei margheritoni doc. Di fondo lo stesso Renzi è un ex Margherita capace di mangiarsi l'eredità dei Ds dentro il Pd. Sono loro a essere sopravvissuti. Non a caso uno come Peppino Caldarola, storico direttore dell'Unità, da sempre molto vicino all'ex presidente del Consiglio Massimo D'Alema, ha ricordato sulle colonne di Lettera43 come la nomina di Ermini al Csm sia espressione di puro potere, un autogol del Pd. «Non capisco perché Maurizio Martina non abbia ritenuto di opporsi pubblicamente a questo nuovo colpo auto-inferto» scrive Caldarola. «Matteo Renzi e i suoi, anche quando si intestano battaglie che io condivido come quella della contrarietà al dialogo attuale con i 5 Stelle, non riescono a uscir fuori dalla condizione di potenti che considerano provvisoria la loro defenestrazione». Angelo Sanza, deputato per dieci legislature fidatissimo di Ciriaco De Mita lo profetizzò già nel 2015, dopo l'elezione di Mattarella: «Un democristiano è per sempre». Renzi, che ora si prepara al congresso del Pd, lo ha capito. Per questo i possibili sfidanti del presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti potrebbero essere proprio Delrio o Matteo Richetti, un altro, quest'ultimo nato e cresciuto nella Margherita di Modena all'inizio del nuovo millennio. Le margherite non appassiscono proprio mai.
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