2018-06-27
Dagostino portò da Lotti il pm nei guai con i superiori che indagava su di lui
Antonio Savasta avrebbe dovuto far luce sugli affari del socio di babbo Renzi, ma in quel periodo fu denunciato da alcuni imprenditori. Allora gli chiese aiuto per incontrare dei potenti.L'inchiesta sul giudice Antonio Savasta, anticipata da questo giornale domenica 17 giugno, potrebbe aprire un nuovo squarcio sul sistema di potere legato al Giglio magico. Nel fascicolo per intralcio alla giustizia e corruzione che coinvolge la toga emergono infatti nomi di primissimo piano come quello dell'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Luca Lotti, e quello del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Giovanni Legnini, (entrambi non indagati). Tutto parte da un'indagine della Procura di Trani su una presunta associazione per delinquere finalizzata all'emissione di false fatture e al riciclaggio. Nel 2014 sulle cartiere pugliesi mette gli occhi la Guardia di finanza di Barletta e il fascicolo finisce sul tavolo dell'allora pm Savasta, oggi giudice civile presso il Tribunale di Roma. Durante le indagini risulta quasi subito che l'utilizzatore finale della documentazione è un immobiliarista barlettano trapiantato a Firenze: Luigi Dagostino, l'amico ed ex socio di Tiziano Renzi arrestato nei giorni scorsi proprio per quel giro di fatture.Nell'estate 2015 iniziano a verificarsi episodi sospetti, almeno secondo i magistrati di Firenze che hanno iscritto sul registro degli indagati Savasta e Dagostino con l'accusa di intralcio alla giustizia e corruzione per aver provato a indirizzare il procedimento in modo favorevole all'immobiliarista. Infatti i due avrebbero iniziato a frequentarsi fuori dal Tribunale di Trani.«Come ha conosciuto Savasta?» ha chiesto la pm fiorentina Christine von Borries a Dagostino nell'aprile scorso. «È un mio coetaneo di Barletta» ha ribattuto l'indagato, assistito dall'avvocato Alessandro Traversi, lasciando intendere che il rapporto risale ai tempi della giovinezza.Nel 2015 Savasta ha problemi con la giustizia dopo che due imprenditori, Donato Cosmai e Giuseppe Dimiccoli, lo hanno denunciato per una presunta concussione.Secondo l'accusa, la toga, pur sapendo che dietro alle ditte che ricevevano le false fatture c'erano le aziende di Dagostino, avrebbe chiesto favori all'immobiliarista o quantomeno non li avrebbe rifiutati. In cambio, sempre a giudizio degli inquirenti toscani, non avrebbe iscritto sul registro degli indagati Dagostino e non avrebbe trasmesso ai colleghi della Procura di Firenze, competente territorialmente, il fascicolo che riguardava l'imprenditore. Nello stesso periodo, siamo a metà del 2015, Dagostino si fa accompagnare in giro per l'Italia da Tiziano Renzi, che ha conosciuto durante i lavori al Mall di Reggello, l'outlet del lusso costruito al confine di Rignano sull'Arno. L'immobiliarista usa il babbo dell'ex premier come passe-partout per sedersi ai tavoli che contano.Per quelle discutibili relazioni a maggio la Procura di Firenze, guidata da Giuseppe Creazzo, ha chiesto il rinvio a giudizio per Renzi senior e per la moglie Laura Bovoli a causa di due fatture da quasi 200.000 euro pagate da Dagostino per presunte «operazioni inesistenti» tra il giugno e il luglio 2015. È il periodo degli abboccamenti importanti. Nell'agenda sequestrata dell'immobiliarista, proprio a partire dal giugno 2015, sono annotati diversi incontri in Puglia con al seguito Tiziano (e anche Laura), per discutere con politici, magistrati e avvocati. Nello stesso periodo Dagostino ha segnato nella rubrica più appuntamenti con Savasta, cioè con il pm che stava investigando sulla montagna di fatture a lui destinate, e con l'avvocato della maggior parte degli indagati, Ruggiero Sfregola. A un incontro con il legale è presente anche Tiziano Renzi: è il 2 luglio 2015. Ma non c'è solo quel colloquio a insospettire gli inquirenti. Nelle carte sono indicati altri appuntamenti degni di approfondimento, svolti il più delle volte alla caffetteria Igloo di Barletta.L'annotazione che più ha attirato l'attenzione degli investigatori riguarda un viaggio di Savasta a Roma in cui venne ricevuto da Lotti. La trasferta sarebbe stata decisa nel solito bar, quando Savasta raccontò a Dagostino «che voleva presentare il suo disegno di legge (in materia di rifiuti, ndr)» a qualche politico. L'immobiliarista gli avrebbe proposto il nome di Lotti, che aveva conosciuto nel 2014 grazie ad Andrea Bacci, amico e collaboratore della famiglia Renzi. Ovviamente la versione del disegno di legge non è stata presa sul serio dai magistrati toscani. Dagostino con la pm ha ammesso di aver condotto Savasta a Palazzo Chigi: «Mi fu fissato l'appuntamento che lei dice essere segnato nella mia agenda ed effettivamente andammo da Lotti io e Savasta e ci incontrammo in centro a Roma», ha dichiarato. Per poi aggiungere qualche particolare: «Savasta venne a Roma con l'avvocato Sfregola che però mi sembra che non entrò da Lotti. (…) Incontrai Sfregola insieme con Savasta o prima o dopo l'appuntamento con Lotti. Io entrai nell'ufficio di Lotti (a Palazzo Chigi, ndr) con Savasta, li presentai e me ne andai. Non ho assistito al colloquio che durò circa mezz'ora».Ma non è finita. A causa degli esposti e delle indagini a suo carico nell'ottobre 2016 Savasta prova a giocare d'anticipo e presenta al Csm domanda di trasferimento a Roma o a Foggia, «al fine di rimuovere le eventuali situazioni di incompatibilità». Ma tra la richiesta e l'approvazione del trasferimento, che arriva a gennaio, succede qualcosa. Gli inquirenti ricostruiscono che Dagostino nell'ottobre 2016 diventa membro del cda e socio di maggioranza attraverso la sua Nikila Invest di Ads, un'azienda attiva nel settore delle telecomunicazioni. L'imprenditore scopre quasi subito che uno dei suoi dipendenti organizza cene con ospiti di grande riguardo nella sua dimora romana a cui partecipano numerosi magistrati. L'anfitrione è Luciano Tancredi, ex responsabile della comunicazione di Legnini ai tempi in cui era sottosegretario del governo Letta e successivamente del Gabinetto di Matteo Renzi. Tancredi, all'epoca giornalista del Messaggero, nel 2012 si candida con il Pd all'Aquila e subito dopo, a causa di alcune frizioni con il direttore Mario Orfeo (con tanto di licenziamento e reintegro), cambia mestiere: lascia la carta stampata per approdare come autore in Rai, ma non solo. Tancredi è un tipo eclettico, lavora per programmi tv come Chi l'ha visto? e La vita in diretta, ma anche per aziende di comunicazione e no (come Condotte spa). Offre la sua esperienza pure in Consip e diventa editorialista del gruppo Espresso. In quel periodo Tancredi è direttore delle relazioni esterne e istituzionali della Ads. Dagostino è il suo datore di lavoro e pensa di approfittarne: chiede di poter invitare degli amici a una delle occasioni conviviali organizzate da Tancredi e frequentate da toghe altolocate. Uno dei soci della Ads, P.B., ha riferito che il 6 dicembre partecipò anche lui alla festa e che trovò Dagostino, Savasta e Sfregola (anche l'avvocato è stato iscritto per intralcio alla giustizia e corruzione) ad attenderlo davanti alla casa di Tancredi, una bella abitazione nel quartiere Parioli. Il piccolo gruppo di invitati entrò insieme. La cena fu a buffet e non vi parteciparono più di 20-25 persone, tra cui diversi consiglieri del Csm. La versione di Dagostino è decisamente più vaga: «Prima di Natale 2016 fui invitato a una cena nella quale c'era Luciano Tancredi che avevo conosciuto qualche giorno prima di quell'invito. Alla cena andai da solo, era in una casa grande e sapevo che la cena era organizzata da Tancredi ma non ricordo l'indirizzo, era nei pressi del centro».La pm durante l'interrogatorio domanda a Dagostino chi incontrò in particolare in quella serata, ricevendo questa risposta: «Era una cena affollata con oltre cento persone. Lì incontrai Savasta con dei colleghi che non conoscevo. Tra l'altro Tancredi mi presentò Legnini, che era vicepresidente del Csm, mi presentò altri componenti del Csm, tra cui una una donna che si chiama Balducci. Non parlai con Legnini se non per i convenevoli e lo stesso con Savasta». Paola Balducci è dal 2014 membro laico del Csm in seguito a un accordo tra Sel e Pd. La Procura di Firenze una ventina di giorni fa ha trasmesso gli atti di questa delicata inchiesta alla pm di Lecce Roberta Licci. L'ufficio giudiziario salentino è quello competente per i reati delle toghe del distretto di Trani e il 13 giugno scorso la polizia giudiziaria pugliese ha sequestrato il fascicolo per emissione di fatture false, istruito a suo tempo a Trani da Savasta e ancora aperto. Sono attesi colpi di scena.