2020-03-28
Da statale a pubblico. La libertà, oggi soffocata, rinasce rivendicando l'operosità
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Cimitero di Lambrate (Marco Cremascoli)
Oggi ci vengono tolte tante libertà, ci viene detto quello che possiamo e non possiamo fare. La nostra operosità quotidiana viene limitata. Il sentimento è comune, è di tutti. Il sentimento, il sentire, è comune e ci accomuna. Ma storicamente la nostra operosità cambia volto. L'obbedienza alle prescrizioni risponde a una esigenza che tocca un certo fondo della nostra coscienza. E il limite alla libertà dell'operare apre a una operosità più legata ai rapporti tra noi e al senso di una appartenenza alla nostra storia e alla nostra tradizione che, al di là di ogni frettoloso nazionalismo, riscopre in qualche modo il valore di questo piccolo lembo di terra che chiamiamo il «nostro Paese». Persino la libertà cambia volto, non è più l'urgenza del superamento del limite, ma diviene una necessaria forma con cui l'uno aderisce all'altro e riscopre un piccolo tu che ha i confini della necessità che il bene comune sia tutelato. E vi è, nel dolore del tempo, una opportunità di presenza, per ciascuno di noi, anche per come quel ciascuno sa riconoscersi nel contesto del bene comune e nel popolo cui si partecipa in soggetti che vivono la vita e la sua speranza, speranza capace di organizzarsi.È insomma l'operosità più propria per l'uomo che, mortificato dal male, trova l'energia forte della propria cosciente identità.Non è un caso che ciò ci faccia ricordare ciò che l'Italia, questo territorio, ha dato nei secoli al mondo in una tradizione che va riscoperta. Ma non sarebbe una coscienza di sé e delle proprie appartenenze e della necessità che esse si appalesino nella presenza se, a fronte di questa non libertà/libertà non rappresentino una possibilità di operare senza lacci e lacciuoli di strutture che hanno terminato il loro senso sia operativamente che in termini di concezione dello Stato. E allora occorre farsi domande per il futuro nostro e dei nostri figli spesso rapiti da tentazioni ladresche nei confronti dei loro padri anche per i loro fallimenti. La tragedia nel dramma è che emerge con evidenza drammatica (anch'essa) non tanto l'incapacità di questo governo e di questo legislatore (peraltro sensibilmente dilettante) ma il vuoto di senso della persona che il nostro Stato ha nella sua negata vocazione di servizi ad essa.E dunque dobbiamo domandarci e domandare, presenti ma senza pretese perché testimoni. Operare, si operare nonostante l'appropriazione, che lo Stato, in nome di una pretesa cittadinanza totalizzante, fa della persona nella sua integralità e integrità.Operare nonostante non solo la impossibile percussione fiscale ma per l'organizzazione stessa del sistema tributario (rapporto tra Stato e contribuente) che ideologicamente (nasce nel post 1968) affida tutto alle norme come assolute e perciò ne continua a creare di nuove come uno sterile Sisifo senza rispetto per il rapporto come origine dell'equa imposta.Operare come cittadini in libera uscita dentro la melassa della cultura del sospetto per cui il primo magistrato «acuto, intelligente ed in carriera» si aggrappa al fumo di una pipa appioppandoti una ipotesi di dolo solo perché se produci ricchezza e valore aggiunto di cui il denaro non è che la misura, non sei un imprenditore ma devi essere qualcuno che col denaro gioca in base a trucchi e trucchetti.Operare e generare figli, quei pochi ormai che la maternità non sostenuta produce, sapendo che la scuola si basa ancora su un sistema del 1929 (ah il famoso liceo classico!) tutto proteso a costruire in base ad una falsa neutralità cittadini schiavi di questo Stato senza libertà educativa e senza - anche qui – un sistema economico adeguato.Operare per un welfare sano, per gli altri, generato anche da operatori e imprese che si accollano responsabilità pubbliche (non statali) per bisogni essenziali quali assistenza, istruzione, sanità, disabilità e cultura.Operare con un sistema bancario che per anni ha confuso capitale e finanziamenti (garanzie non merito imprenditoriale con una mancata auto crescita che ancora paghiamo e, al Sud, debito/capitale garantito dallo Stato (da noi).E ancora operare nello stallo permanente delle strutture della mobilità e persino della mobilità virtuale e così per un tizio che lavora a Catania e vive a Modica (non più di 110 chilometri) non ha il treno, non ha autostrade, e impiega tre ore ad andare e tre a tornare. Queste sono le infrastrutture che non ci sono o, se ci sono, crollano.Dunque la nostra libertà. Questa libertà soffocata oggi può avere un senso. Essa è obbedienza ma con la stessa coscienza con cui obbedire, dovrà un giorno, tramite la propria presenza, rivendicare appieno la possibilità di operare e di cambiarne le condizioni. Perché la persona vive operando e operando collabora al cambiamento. Dentro le condizioni della nostra storia, della nostra tradizione così ricca e generosa verso l'intero mondo.