2021-02-22
Da Milano a Gorizia tutte le strade portano al radicchio
Soltanto un secolo fa era un cibo «povero» che arricchiva le mense contadine del Nord Italia, oggi il «germoglio d'inverno» sboccia prelibato sulle tavole di mezzo mondo. La sua terra di elezione è il Veneto, le sue mille varietà sono altrettanti motivi di orgoglio, le sue doti disintossicanti fanno meraviglie.Sapevate che il radicchio è parente della cicoria? La parola «radicchio» viene dal latino radículus, forma maschile di radícula, che è diminutivo di ràdix, cioè «radice», ed è stata sempre usata come sinonimo di cicoria, la Cichorium Intybus, cioè la cicoria selvatica, infatti anche chiamata «radicchio selvatico» o «radicchio di cane» oltre che «radice amara» o «cicoria comune». La creazione del radicchio partendo dalla cicoria è una conquista botanica abbastanza recente, le attestazioni documentali parlano di qualche secolo fa. Ne vantiamo diversi tipi, la maggior parte dei quali sono rossi e derivano da selezioni operate sulla cicoria da foglial, Cichorium Intybus var. foliosum, sottospecie della Cichorium Intybus. Insomma, cicoria e radicchio sono pappa e ciccia: il caratteristico gusto amarognolo del radicchio deriva, infatti, dall'acido cicorico. Lo troviamo sui banchi di mercati e supermercati tutto l'anno, ma il periodo migliore per il consumo è la stagione autunnale-invernale cioè questa, quando troviamo tante varietà tardive.E di varietà di radicchio noi italiani possiamo registrarne veramente tante, in particolar modo al Nord. Verona, Vicenza, Padova, Treviso, Venezia sono tutte produttrici di radicchi sopraffini, tanto che è stata istituita la Strada del radicchio rosso di Treviso e variegato di Castelfranco che va appunto da Treviso a Castelfranco. Ma quella tra radicchio e Veneto è, come dire, un'affinità elettiva. Il motivo è presto detto: come la cicoria, il radicchio abbisogna di terreni ben idratati e quelli veneti lo sono. Poi c'è il Sile, il fiume di risorgiva le cui acque bagnano le radici dei radicchi che devono essere sottoposti a imbianchimento con ammollo.Il radicchio di Verona è un Igp prodotto in 57 comuni, 32 in provincia di Verona, 13 di Vicenza e 12 di Padova. Quello precoce ha costa non croccantissima e si raccoglie a partire dall'1 ottobre; il tardivo ha costa più croccante ed è raccolto a partire dal 15 dicembre: abbiamo tempo per mangiarne, perché il radicchio veronese è disponibile fino al 31 maggio. Le sue foglie, piegate a doccia verso l'alto, con una bella costa bianca, con le temperature invernali assumono la tipica, intensa colorazione rosso scuro. Il cespo, anche detto «grumolo», pesa tra i 150 e i 350 grammi per il tipo precoce e tra i 100 e i 300 per il tardivo, che richiede, da disciplinare, un intervento di forzatura-imbianchimento che sottrae la pianta dalla luce diretta del sole e permette la nascita di foglie interne, più scure e croccanti.Il radicchio è il cuore della pianta, potremmo dire un germoglio. All'inizio del Novecento, quando era ancora un cibo «povero», i grumoli arrivavano infatti nei mercati col nome di «zermoii», anche nel senso di germogli golosi che sbocciavano sulla tavola durante l'inverno: in seguito, il radicchio è diventato una prelibatezza diffusa in tutta Italia e anche all'estero, ma la denominazione di germoglio è rimasta in uso solo a livello locale. Anche il radicchio di Chioggia è un Igp: il precoce si raccoglie tra aprile e luglio e il tardivo da settembre a marzo. Pesa fino a 500 grammi e la differenza del germoglio ovale veronese, questo è sferico. Nel caso del radicchio rosso di Treviso, Igp pure lui, la differenza tra tardivo e precoce si fa evidente: sono decisamente gemelli diversi. Il precoce ha foglie larghe, piegate a doccia, ricorda il veronese e subisce un breve imbianchimento in campo; il tardivo è molto più pregiato, il lembo delle foglie è molto più ridotto ed è stretto intorno alla costa, la forma finale del cespo è a fiamma, analoga a quella di piante come l'aloe e la sanseveria. Questa affascinante foggia si ottiene con un imbianchimento molto più complesso del precoce, utilizzando l'acqua risorgiva.In generale, l'imbianchimento è una tecnica che migliora alcune caratteristiche organolettiche di alcune piante (per esempio il cardo, oltre al radicchio), rendendole commestibili come altrimenti non sarebbero (il cardo sarebbe troppo coriaceo senza imbianchimento). La mancanza di luce disattiva la produzione di pigmenti fotosintetizzanti come la clorofilla e, in più, modifica il contenuto di proteine, fibre e acqua dando luogo a tessuti meno amari e più croccanti e insieme morbidi, non più fibrosi - fibrose come in effetti sono, se ci pensate, le foglie della cicoria comune. Non tutti gli imbianchimenti prevedono l'ammollo delle radici, il tardivo di Treviso sì. Anche detto Spadone, si raccoglie dal campo aperto dopo due brinate. I fittoni delle piante, legate in mazzi, si pongono in vasche di cemento nelle quali scorre acqua di risorgiva con temperatura costante tra 12 e 15 gradi che deve bagnare solo le radici. Dopo 25 giorni al massimo, i mazzi si spostano in ambiente non luminoso con temperatura compresa tra 18 e 20 gradi, poggiati su uno strato di sabbia (o terriccio o torba); passati altri 4 o 5 giorni, quando le foglie di forma diversa sono compiute, si eliminano le foglie esterne e le parti guaste e si accorciano le radici: «l'oro rosso della Bassa», come è chiamato, è pronto per il commercio. Coltivato in vari comuni in provincia di Treviso, Padova e Venezia, la zona di produzione del tardivo è più estesa di quella del precoce e, un po' come accadeva anche con la cicoria, con le cui radici si faceva il caffè (ne abbiamo scritto sul numero de La Verità del 3 febbraio 2020 dedicato alla cicoria), anche del radicchio si sfrutta il potenziale aromatico: ci si connotano birre e gin e ci si preparano anche tisane.Il consorzio che tutela il radìcio spadón riguarda anche il radicchio variegato di Castelfranco Veneto, che presenta altre particolarità. Si tratta infatti di una derivazione dall'indivia scarola, perché è un incrocio tra la Cichorium endivia var. latifolium, appunto l'indivia scarola a foglie di lattuga (non quella riccia, l'altra), e il radicchio rosso tardivo di Treviso. Dalla prima, il nostro ha preso le foglie, grandi e di colore verde chiaro, mentre dall'ultimo trae la tonalità rossa. In prima battuta è tutto verde pezzato rosso, poi con l'imbianchimento il verde sfuma nel crema e il risultato finale, poiché presenta anche foglie divaricate, diversamente dalla maggioranza dei radicchi, ricorda un grande fiore, bello da guardare e ottimo da mangiare. Il radicchio variegato di Castelfranco veneto è infatti anche detto «garofano», «rosa», «orchidea» e «fiore che si mangia». Un altro radicchio che ricorda decisamente un fiore è - usciamo dal Veneto per approdare in Friuli Venezia Giulia - la rosa di Gorizia, Pat (prodotto agroalimentare tradizionale) friulano-giuliano e presidio Slow food. Pensate, esiste anche una varietà di questa rosa decisamente rossa che si chiama canarino, perché è giallo, oltre che molto più dolce della rosa: deriva da un incrocio tra la rosa di Gorizia e la cicoria bionda di Trieste e somiglia molto al radicchio variegato di Castelfranco Veneto.Il radicchio rosa, anche chiamato radicchio rosso di Gorizia, è il radicchio più costoso del mondo (online costa 29 euro al chilo, non è una coltivazione intensiva e richiede moltissima manodopera), ci si fanno creme e grappe, amari e un frico (il piatto tipico friulano) aromatizzato, si conserva anche sott'olio ed è estremamente apprezzato dagli chef di ricerca. Subisce un imbianchimento particolare: i mazzi da 10 radicchi ciascuno, raccolti da fine novembre a inizio dicembre e ancora verdi, si posizionano in ambiente chiuso a 10 gradi poggiati su paglia, erba o sabbia, e si bagnano ogni giorno finché - rimuovendo le foglie esterne che man mano marciscono, scaldando e nutrendo come un concime naturale l'interno - compare la rosa, rossa (di solito sono pronti per Natale). Per ottenere ogni rosa, che pesa tra i 50 e i 60 grammi, si elimina l'80% delle foglie e in passato quel riscaldamento era apportato dal letame, che fermentando liberava calore.Esistono anche i radicchi verdi. Il radicchio bianco di Chioggia, per esempio, altro non è che la variante clorotica del radicchio rosso di Chioggia, incolore perché gli mancano i pigmenti antocianici nei tessuti fogliari. Notevole è anche il radicchio bianco cappotta mantovana, con gusto assai dolce e foglie larghe e quasi tonde di colore verde chiaro che sfuma verso il giallo e beige. Ultimo in lista, ma non per importanza, è il radicchio Milano, anche detto pan di zucchero, che sembra un cespo di lattuga ma non lo è. Le foglie carnose, con texture che ricorda la cicoria più dei radicchi rossi, hanno un sapore simile a quello della noce. È amarognolo se consumato crudo, ma la cottura lo addolcisce. Tipicamente, si stufa.Con, in media, 94 grammi di acqua, 1,6 grammi di carboidrati, altrettanti di zuccheri, 1,4 grammi di proteine, 3 di fibre, 0,1 grammi di grassi e soltanto 23 calorie ogni etto, i radicchi sono un contorno perfetto perché idratano, riempiono e non ingrassano. Anzi, aiutano a... sgrassare. La principale caratteristica dei radicchi è quella di stimolare le funzioni dell'intestino, del fegato e dei reni, dei quali si rivelano piante amiche e protettive, determinando un effetto depurativo (anche in virtù dell'alto contenuto di acqua e delle fibre), disintossicante e digestivo. Il radicchio, infatti, potenzia l'attività del pancreas e stimola la secrezione biliare che attiva il metabolismo dei grassi. A questa azione, che si chiama coleretica, si affianca quella detta colagoga, che consiste nel favorire il flusso della secrezione biliare dalla cistifellea all'intestino. Il radicchio ha inoltre effetto ipoglicemizzante, perché le sue fibre come l'inulina sono in grado di trattenere gli zuccheri presenti nel sangue: per questo motivo sono consigliati a chi soffre di diabete di tipo 2. Oltre ad aiutare chi patisce stitichezza o problemi digestivi in generale, il radicchio è consigliato se si soffre di psoriasi e, soprattutto quello rosso, aiuta la pelle anche se non è psoriasica perché è ricco di antiossidanti antocianici che contrastano i radicali liberi e l'invecchiamento cellulare. Gli antociani, che conferiscono colore rosso e blu alle piante che li contengono (infatti i fiori del radicchio, come quelli della cicoria, sono bluastri), contrastano anche i fattori di rischio cardiovascolare.Il radicchio è infine cardiotonico (ossia regola la frequenza cardiaca) e, al contempo, contribuisce al rilassamento, grazie al contenuto dell'aminoacido triptofano che aiuta a dormire meglio combattendo l'insonnia e alla lattucopicrina. Radice, dunque? Sì, del benessere!
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