
L'olfatto è da secoli fondamentale per fiutare aromi e odori. Cyrano usava la «canappia» per bere, Calvino ne esaltò le doti.È scientificamente provato: gli uomini ce l'hanno più lungo e più grosso delle donne. Stiamo parlando del naso. Una ricerca fatta da un gruppo di scienziati americani spiega la ragione per la quale la natura ha fornito l'uomo di un naso più grosso: l'evoluzione della specie umana ha tenuto conto della maggior massa muscolare dei maschietti e della necessità di rifornirla di una maggior quantità d'ossigeno. Il naso è l'imbuto dei polmoni, la pompa di rifornimento degli alveoli. Poiché al maschio della specie, più corpulento, occorre più ossigeno, ecco che la natura lo ha dotato di una canappia più considerevole di quella della donna. Befana, strega di Biancaneve e Cleopatra a parte. «Se il naso di Cleopatra fosse stato più corto», afferma Blaise Pascale nei Pensées, «tutta la faccia della terra sarebbe cambiata». Ma a noi, qui, interessa l'altro compito del naso, l'olfatto. Fondamentale da mezzo milione di anni per distinguere, prima di infilarli in bocca, i cibi buoni dai cattivi, i gradevoli dai maleodoranti, i dolci dagli amari, i salati dagli acidi. È il naso, non il palato, che si ciba per primo. Non per niente le ghiandole salivari si mettono subito in moto quando al naso arriva il profumo del pane appena sfornato o di carni alle braci. È il naso la prima sentinella del cervello riguardo al «buono da mangiare». È questa spiritromba succhiatrice di odori che ci fa sentire attrazione o repulsione per una persona, per un luogo o, appunto, per un cibo o per un vino. Si mangia e si beve prima col naso, poi con la bocca. Se poi qualcuno vuol mangiare cibi puzzolenti, affari suoi. De gustibus non est disputandum dicevano gli antichi romani spalmando sui cibi il garum, la maionese di 2.000 anni fa realizzata con pesce putrido.Ma non facciamo tanto gli schizzinosi. Non ci mangiamo con tanto gusto il Puzzone di Moena? Nomen omen... E non siamo disposti a spendere un sacco di soldi per il tartufo che non profuma certo di violetta? Li chiamano «odori all'indietro». Sono i maleodoranti che piacciono. In occasione dell'Expo di Milano la Coldiretti presentò la top ten dei cibi puzzoni made in Italy graditi ai consumatori. Eccola: Puzzone di Moena, Marcetto teramano, Bruss del Piemonte, Strachitunt della Lombardia, Ricotta Acquasanta della Puglia, Blu di pecora dell'Abruzzo, Colatura di alici della Campania, Tartufi, Aglio di Sulmona, Cipolla di Cannara.Le narici sono l'anticamera del palato. L'olfatto il maggiordomo del gusto. I recettori olfattivi, microscopici radar situati in fondo alle narici, catturano le molecole volatili e le indirizzano al bulbo olfattivo che le smista al cervello per la decodificazione: profumo o puzza; Chanel numero 5 o gorgonzola; giglio o aglio (stessa famiglia, liliaceae, ma odori contrapposti); odore di suora (incenso) o di palestrato (canfora); floreale o fruttato; agrumato, minerale, pelo bagnato, fragrante, marcio... I sommelier, che viaggiano con la valigetta dei profumi sottobraccio, sono maestri nell'arte di percepire i sentori e raccontarli. Scrive Cesare Marchi in Quando siamo a tavola: «Per un sommelier il naso è tutto. Come per un critico letterario. Ci sono di quelli che fiutano e recensiscono un romanzo a caso, senza averlo letto».Tra i sommelier c'è gente che ha una memoria olfattiva incredibile. Alcuni anni fa fu convocata una ventina di nasi eccellenti a San Daniele del Friuli dall'agenzia regionale friulana per lo sviluppo rurale. Appartenevano a giornalisti enogastronomi di tutto il mondo, invitati a scegliere il miglior Friulano (ex Tocai) del 2011. Alla finale del Gran Noè 2011 Friulano & friends furono ammessi 23 vini su 267 selezionati alla cieca. Le bottiglie erano coperte fino al collo come una puritana del Mayflower.I giornalisti tuffarono il naso nei calici come un pescatore butta l'amo in mare per catturare triglie o cefali. Fiutavano il vino bianco come lagotti che odorano il tartufo. Con il naso scavavano, frugavano, annusavano, sniffavano per pescare gli aromi primari, i secondari, i terziari. Bevevano con il naso. Solo dopo aver fatto la tac olfattiva al vino lo passarono in bocca. Uno di quei nasi fu inarrivabile. Non solo profetò quale sarebbe stato il Friulano vincitore, ma gli diede nome e cognome prima che i notai del concorso scoprissero le etichette: «Per me», sentenziò sicuro, «è della tale cantina».Non sbagliò. Quel naso vaticinatore apparteneva a Daniele Cernilli, in arte Doctor Wine, giornalista enogastronomo, tra i fondatori del Gambero Rosso. Cernilli descrisse il vino «fine, delicato, con un caratteristico sentore di mandorla gentile, fruttato, con raffinate note floreali al naso ed erbacee al palato; quanto promette al naso lo conferma poi in bocca». Timorosi di passare per dilettanti, non trovammo il coraggio di chiedergli come faceva a distinguere una mandorla bene educata da un'altra. Ma la lezione fu chiara: il fascino del vino è nella ricchezza di aromi, variabile a seconda delle condizioni climatiche, del terreno e della vinificazione.La storia e la letteratura hanno elevato importanti monumenti al naso. Di Pascal e Cleopatra abbiamo detto. Un altro filosofo, Aristotele, riteneva il naso una via di mezzo tra gli organi di contatto, gusto e tatto, e quelli di distanza, vista e udito. Le narici delle oche del Campidoglio salvarono Roma dai Galli avvertendo l'odore rancido del grasso spalmato sui corpi dei barbari. Plauto, nel Curculio, racconta di una vecchia ubriacona in grado di scovare il vino lasciandosi guidare dal naso: «Costei avrebbe dovuto nascer cane: ha infatti un naso sagace». In latino sagax è chi ha un odorato fine, chi ha buon naso. La sagacitas dell'olfatto, nell'antica Roma, era un metodo di indagine conoscitiva. Isidoro di Siviglia chiama ignarus, ignorante, l'uomo senza olfatto: ignarus è l'uomo che ignora perché è sine naribus, senza narici: per gli antichi odorare equivaleva a sapere, conoscere.A Pinocchio bastava dire un paio di bugie per diventare un sommelier. Cyrano de Bergerac, poeta, spadaccino e gran bevitore, ironizza sul suo imponente organo olfattivo suggerendo a chi voleva offenderlo per il gran nasone: «Quando bevete, dée pescare nel bicchiere: fornitevi di un qualche vaso adatto». Nikolaj Gogol scrisse un racconto surreale, Il naso, sull'impiegato Kovalev che, una mattina, si sveglia senza naso. Naturalmente gliene succedono di tutti i colori. Italo Calvino, ne Il nome, il naso loda la funzione ed il ruolo del naso accomunando i protagonisti di tre racconti al ricordo del profumo delle donne amate.Ma il brano più significativo che parla dell'importanza del naso nell'esame olfattivo del vino, è nel Don Chisciotte. Sancho Panza, bevuto il vino che gli offre il collega scudiero del Cavaliere del Bosco, gli dice: «Questo vino è di Città Reale». E l'altro: «Però! Che bevitore sapiente siete». E Sancho Panza: «Di che ti meravigli. Soltanto ad annusare i vini ti saprei dire la patria, la stirpe, il sapore, la durata. Vanto dal lato di mio padre i due più solenni bevitori della Mancia. Pensa che fu dato da assaggiare ad entrambi del vino di una botte per avere il loro parere sulla qualità o sui difetti di gusto e di odore. Uno lo pregustò appena colla punta della lingua, e l'altro lo annusò soltanto. Il primo disse che il vino sapeva di ferro; il secondo che sapeva di cuoio. Il padrone della botte s'arrabbiò assicurando che la botte era pulita e che al vino non era stato fatto nulla. Soltanto quando il vino fu venduto tutto, in fondo alla botte si trovò una piccola chiave attaccata ad un nastro di cuoio».
Ansa
Leone XIV torna a invocare il cessate il fuoco nella Striscia e il rilascio dei rapiti: «Dio ha comandato di non uccidere». L’Ue annuncia sanzioni contro Israele, ma per i provvedimenti più severi servirà l’ok del Consiglio. Decisive Germania e Italia.
(IStock)
Prima di rimettere in circolazione il maliano di San Zenone, la giudice progressista «graziò» un altro straniero che abusava della moglie. Dopo 40 giorni fece retromarcia.
Il Consiglio di Stato dà ragione al Comune di Roma che aveva censurato il manifesto con la foto di un feto. L’ennesimo blitz liberticida dei progressisti, che però sbraitano contro l’intolleranza di Meloni e Trump.