2023-11-02
        «Da 20 anni non paga l’affitto». Sfrattato il papà della stellina Pd
    
 
        Mia Diop e Elly Schlein (Facebook)
    
L’uomo è il genitore di Mia Diop, pupilla della Elly Schlein e giovanissima componente della direzione dem. Occupa abusivamente un appartamento a Livorno. Solo ora il Comune (di sinistra) si è deciso a cacciarlo.A Livorno Mbaye Diop, senegalese conosciutissimo per essere stato un attivista degli sportelli dell’Arci, presidente provinciale delle comunità straniere e presidente della Federazione africana in Toscana oltre che esponente del Consiglio superiore dei senegalesi all’estero e papà di Mia Bintou Diop, 21 anni, membro del comitato costituente degli 87 che a livello nazionale dovranno riformare il Pd, pupilla di Elly Schlein e membro della Direzione nazionale dem, vive in un immobile del Comune e, ha scoperto Fuori dal coro, il programma condotto da Mario Giordano su Rete4, non paga il canone. «Perché non parla con noi che sono 20 anni che non paghi l’affitto?», chiede l’inviata Annalisa Grandi che ha provato a bussare alla sua porta. Babbo Diop, cinquantenne dai capelli rasta, vive lì dal 2003 e, stando ai documenti mostrati, avrebbe un debito da 27.213 euro. L’immobile è stato affidato nel 2003 dal Comune all’associazione il Villaggio (che non esiste più da anni e della quale non c’è più traccia neanche sul web) con lo scopo di favorire l’integrazione dei cittadini stranieri tramite canoni di favore, cioè al disotto del valore di mercato. Il 10 ottobre di quell’anno il contratto di Diop viene ratificato. E ora il dirigente comunale dell’ufficio patrimonio, Enrico Montagnani, ha chiesto all’Avvocatura di avviare le pratiche per le procedure di sfratto per «morosità». Ben 19.591 euro dei 27.213 di canoni non pagati sono già stati mandati al ruolo, ovvero sono parte di un contenzioso civile. Il sindaco di Livorno Luca Salvetti, che guida una coalizione di centrosinistra nella quale la spina dorsale è rappresentata dal Pd, con l’inviata di Fuori dal coro rivendica comunque un risultato: «In questa città siamo passati da 300 abitazioni occupate a 50». Incalzato, si mostra offeso: «Fate un tipo di giornalismo sbagliato». Fatto sta che tra le 50 abitazioni occupate c’è quella di Diop. Il resto del servizio dimostra come alcune delle abitazioni dello stesso palazzo sono state occupate di recente. All’arrivo della polizia municipale la donna che ha occupato l’immobile si convince a lasciarlo. Altre unità abitative, come quella di Diop, sono occupate da 20 anni. Per un totale di oltre 264.000 euro di canoni non corrisposti. Mia Diop, la fedelissima di Schlein, se ne era uscita con «Il partito deve puntare sui diritti». L’inviata di Fuori dal coro nel servizio si è chiesta: «Quali diritti? Quelli di poter occupare una casa del Comune?». Babbo Diop già nel 2011 viveva lì. E all’epoca, quando era anche un attivista del Partito democratico, uno stipendio ce l’aveva. In una delle tante interviste rilasciate sulla stampa locale rivendicava di lavorare per gli sportelli dell’Arci e che da quel lavoro gli derivava il suo «unico stipendio». Nel 2013 la tensione nel Pd livornese era salita per le iscrizioni dei senegalesi al partito, coincidenza, nei giorni del congresso. La sfida a tre per la poltronissima da segretario dei dem era tra Matteo Renzi (che poi l’ha vinta), Pippo Civati e Gianni Cuperlo. Diop, renziano, viene accusato di aver trascinato alle urne la sua comunità, truccando il risultato. «Parlano tanto dei diritti degli immigrati», si sfogò Diop, «poi quando si toccano i loro interessi sono i primi a mandarci a quel paese. E pensare che, quando è venuto Pier Luigi Bersani a Livorno mi hanno fatto portare mia figlia sul palco del Goldoni per abbracci e fotografie, come se fosse un trofeo». Mia Diop già faceva gola al Pd. Nel frattempo, però, a Livorno deve essersi aperto uno scontro anche nella comunità senegalese. E nel 2019 il nuovo presidente Modou Serigne si è scagliato proprio contro babbo Diop, accusato di fare «solo i suoi interessi politici» per mandare a casa il sindaco dell’epoca, il pentastellato Filippo Nogarin, al quale è poi subentrato Salvetti. Poco dopo, proprio nel 2019, in un articolo di Livornopress Diop fa sapere di stare meditando di scendere in campo alle amministrative. «Ci sto lavorando, è una intenzione che mi piacerebbe concretizzare», riportano i cronisti. In quel momento deve essersi anche consumato lo strappo con i dem: «Vediamo se c’è un insieme di liste autonome, fuori dai partiti classici come Pd e Forza Italia». Aveva pure annunciato un pezzo del suo programma: «Rendere partecipi della vita politica i cittadini cosiddetti stranieri con la carta di soggiorno e un certo tempo di residenza». E non aveva nascosto i suoi interessi: «Fare un salto di qualità nell’integrazione». Magari con le case gratis e un condono sui canoni non versati. Babbo Diop però non deve essere riuscito a formare la coalizione ed è uscito fuori dai giochi. È tornato alla ribalta lo scorso gennaio, quando, nonostante sua figlia fosse già ai vertici del Pd, se l’è presa con il suo vecchio partito ribaltando le accuse che riceveva ai tempi delle primarie del 2013. Quando ha appreso che la sezione democratica di Collinaia (una frazione di Livorno) aveva fatto registrare un boom di tesseramenti di senegalesi se ne è uscito così: «Il Pd ha dei problemi. Il fatto di sfruttare spudoratamente gli immigrati quando servono, cioè per le primarie, è brutto. Vengono spremuti e poi buttati via. Chi è artefice di questo giochetto dovrebbe solo vergognarsi. Sono stati manipolati per interesse di qualcuno, per portare voti a qualcuno, e questo non va assolutamente bene. I senegalesi non si buttano a occhi chiusi in politica e questa situazione va denunciata». Un maestro di coerenza.
        Alberto Stefani (Imagoeconomica)
    
        
    (Arma dei Carabinieri)
    
All'alba di oggi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti, con il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un quarantacinquenne bengalese ed hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina. 
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del NIL di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania che, utilizzando in maniera fraudolenta il Decreto flussi, sono riusciti a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando false proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione, oggi disarticolata, era strutturata su più livelli e si avvaleva di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day” oltre che di di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi.  Si servivano di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, considerando che ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme consistenti. Non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria «miniera».
Nel corso delle indagini nel luglio 2024, i Carabinieri del NIL di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento.
Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia in carcere presso la Casa Circondariale di Pescara.
Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo. 
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