2021-09-30
La «cura» Speranza fa morti
Uno studio dell'ateneo di Pavia, uscito sul «Journal of medical virology», demolisce la vigile attesa con paracetamolo: «Più ricoveri per polmonite, specie tra gli anziani».Il ministero della Salute è rimasto per un anno e mezzo ancorato al protocollo anti Covid basato su tachipirina e vigile attesa. Ora, uno studio coordinato da due luminari di Roma e Pavia e pubblicato sul Journal of medical virology, lo smonta: il paracetamolo aumenta i rischi di ricoveri con polmonite ed esiti infausti, specie tra gli anziani.Il ministero della Salute ne è sempre stato certo: per combattere a casa i sintomi del Covid-19 non c'è nulla di meglio che tachipirina e vigile attesa. Un'impostazione che non ha riscontri negli altri grandi Paesi europei perché nessuno di essi ha varato linee guida come quelle volute da Roberto Speranza. E da lui difese anche in sede giudiziaria: ministero e Agenzia del farmaco fecero ricorso al Tar (vincendolo) contro la sospensiva urgente del protocollo. La sospensiva avrebbe lasciato liberi i medici di trattare i casi «in scienza e coscienza» e forse avrebbe fatto comodo allo stesso ministero, che avrebbe potuto togliersi la responsabilità di imporre una terapia domiciliare precisa. Invece no, tachipirina e vigile attesa sono stati difesi con determinazione.Eppure gli interrogativi si moltiplicano, così come le ricerche e le comunicazioni scientifiche che sollevano pesanti dubbi sull'uso della tachipirina. L'ultima è stata condotta da un gruppo di ricercatori di varie università italiane, coordinati dal neurochirurgo Sergio Pandolfi di Roma e dal professor Giovanni Ricevuti dell'università di Pavia. Essa ha confermato i sospetti sul paracetamolo. Dallo studio, pubblicato sul Journal of medical virology e liberamente scaricabile da Internet (all'indirizzo https://tinyurl.com/ymh2bus5), conferma che la tachipirina aumenta il rischio di evoluzione negativa del Covid. L'effetto del paracetamolo è quello di ridurre le scorte di glutatione, una sostanza naturale che agisce come antiossidante. La carenza di questa sostanza può portare a un peggioramento dei danni legati all'infiammazione causata dall'infezione da coronavirus. Il glutatione è il principale degli antiossidanti prodotti dall'organismo che aiutano a combattere i radicali liberi. Una barriera naturale che non può mancare per mantenersi in buona salute, ma che con il passare del tempo si indebolisce. Il Covid riduce ulteriormente questi antiossidanti e la tachipirina li butterebbe a terra. Le conseguenze più gravi si vedono soprattutto negli anziani, le cui difese sono già compromesse dall'età. La riduzione di glutatione, si legge nel paper, «è una condizione particolarmente grave per la risposta antiossidante e antinfiammatoria dell'individuo ed è comprensibile che il suo esaurimento sia cruciale per il peggioramento di Covid-19». Ma c'è di più: «L'uso del paracetamolo per trattare a casa i sintomi lievi della Covid-19, in particolare negli anziani con comorbilità, ha notevolmente aumentato il rischio di ricovero per dispnea da polmonite interstiziale», aggiungono i ricercatori, «aumentando così l'enorme preoccupazione di affollare le unità di terapia intensiva». Viene da chiedersi quanti ricoveri, e quanti decessi, sarebbero stati evitati disobbedendo alle indicazioni del governo italiano, e quanto «il paracetamolo è stato abusato nel mercato sanitario per affrontare i sintomi da Covid-19».Lo studio coordinato dal San Matteo (intitolato Paracetamolo nel trattamento domiciliare dei primi sintomi della Covid-19: un possibile nemico piuttosto che un amico per i pazienti anziani?) cita anche altre ricerche che vanno nella stessa direzione. Il primo contributo risale addirittura al maggio 2020 e porta le firme del professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, e di Fredy Suter, ex primario di malattie infettive all'ospedale Papa Giovanni di Bergamo. Secondo le loro ricerche, condotte nella prima fase dell'epidemia, se la febbre non è l'unico sintomo presente nei malati di Covid, è meglio preferire altri antinfiammatori rispetto alla tachipirina. Per esempio, l'acido acetilsalicilico (Aspirina) o gli antinfiammatori non steroidei, i cosiddetti Fans: principi attivi come ibuprofene (Brufen), celecoxib (Celebrex), nimesulide (Aulin) e altri. Il paracetamolo ha una bassa attività antinfiammatoria e diminuirebbe le scorte di glutatione. Viceversa, «il beneficio offerto dai Fans nel ridurre l'infiammazione potrebbe tradursi in una minore progressione della malattia».Nell'aprile scorso, Remuzzi e Suter hanno presentato una ricerca clinica che ha fatto molto discutere (la si trova qui: https://tinyurl.com/42f3wb7y). Sono stati messi a confronto due gruppi di pazienti, il primo curato secondo la ricetta Speranza, cioè tachipirina e vigile attesa, e l'altro con i Fans. In questi ultimi si è registrata una riduzione del 90% sia dei giorni di ospedalizzazione sia dei costi sostenuti dal sistema sanitario. Due ospedalizzazioni su 90 con la cura Fans, 13 su 90 nei pazienti trattati con cura tradizionale: una differenza abissale. I risultati giunsero alle orecchie perfino del ministro e dei suoi collaboratori. Il 26 aprile, una ventina di giorni dopo l'uscita della ricerca condotta da Remuzzi e Suter, nelle linee guida della sanità pubblica sono stati inseriti anche gli antinfiammatori non steroidei. Ma la tachipirina è rimasta.Anche Piero Sestili e Carmela Fimognari hanno studiato l'effetto del paracetamolo sul consumo di glutatione giungendo alle medesime conclusioni di Pandolfi e Ricevuti. E nella stessa direzione va una ricerca condotta dall'Istituto indiano di tecnologia di Madras e pubblicata sul portale Medrxiv (https://tinyurl.com/3bmrbpvw). Lo studio conferma l'efficacia e la sicurezza anti Covid di un altro Fans, l'indometacina, rispetto alla tachipirina. Su 102 pazienti trattati con indometacina nessuno ha mostrato desaturazione al contrario di chi è stato curato con paracetamolo: 20 su 108.
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