Gli scottish eggs ci sembrano un gran piatto da fare per questa Pasqua. Ne abbiamo modificato un po’ la prassi ma il risultato è garantito.
Gli scottish eggs ci sembrano un gran piatto da fare per questa Pasqua. Ne abbiamo modificato un po’ la prassi ma il risultato è garantito. Buona Pasqua! Se per i cattolici è la festa delle feste va detto che il suo significato è universale: segna la rinascita, il mondo nuovo, l’apice della primavera che risveglia la natura. Viene da pensare a Pesach, la Pasqua ebraica che ricorda la liberazione dall’Egitto e la marcia verso la terra promessa. Anche gli ebrei hanno un uovo al centro del piatto del Seder, anche se per loro è piuttosto la memoria della distruzione del tempio. Ma dopo la distruzione c’è la rinascita. La tradizione cristiana fa forse più riferimento all’uovo cosmico greco/egizio, la sorgente primordiale ed è nel Medioevo che si cominciano a donare le uova in segno di benaugurio. Pensate alla mitiche Fabergè degli zar di Russia a cominciare da Alessandro III. Leggendo Petronio Arbitro si scoprirebbe che l’uovo era l’antipasto dei romani (ab ovo ad mala!) e così via. Ci è rimasto in presso da un viaggio a Edimburgo come gli scottish eggs siano considerati alla stregua della pizza, senza attribuire a queste ricetta alcun significato apotropaico, anche se noi li abbiamo mangiati come portatori di felicità e di felicità gastronomica. Ci sembra un gran piatto da fare per questa Pasqua. Ne abbiamo modificato un po’ la prassi ma il risultato è garantito. Ingredienti - 4 uova piccole e 2 grandissime, 150 grammi di pane grattato, 100 grammi di farina, 100 grammi di Parmigiano Reggiano o Grana Padano grattugiato, 350 grammi di carne di manzo macinato e una salsiccia abbondante, un mazzetto di prezzemolo, uno spicchio d’aglio, olio per friggere, sale, pepe e noce moscata q.b. Procedimento - In una terrina impastate macinato di manzo e salsiccia col formaggio grattugiato, il prezzemolo e l’aglio tritati finemente, condite con sale, pepe e noce moscata quest’ultima abbondante. Nel frattempo partendo da acqua fredda mettete a bollire le 4 uova piccole che farete lessare per circa 4 minuti da quando sale il bollore. Ora prendete l’impasto di carne ponetelo tra due fogli di carta forno e col mattarello stendetelo in una sorta di sfoglia alta meno di mezzo centimetro. Scolate le uova e immergetele in acqua fredda, meglio se con del ghiaccio per fermare la cottura. Privatele del guscio e avvolgete uovo per uovo in uno strato di sfoglia-carne! Dovete ottenere una sorta di polpetta. Sbattete le due uova grandissime, aggiustate appena di sale. Ora infarinate le polpette di carne e uovo, passatele nell’uovo sbattuto, nel pangrattato ancora nell’uovo e ancora nel pangrattato. E’ il famoso doppio cappotto! Ripetete l’operazione per ogni uovo. Portate a temperatura, meglio se in una pentola alta e stretta, ma capace di contenere comodamente le 4 uova, l’olio e friggete le polpette-uova finché non abbiano una bella doratura. Servite aggiustando ancora di sale, se del caso. Il cuore delle uova dovrebbe fare la lacrima, dunque le uova non devono essere completamente sode. Come far divertire i bambini - Fate fare a loro con le manine l’impasto delle carni! Sarà come giocare con la plastilina. Abbinamento - Noi abbiamo scelto un friulano Refosco dal peduncolo rosso, perfetto un Merlot. Se volete fare festa un ottimo spumante metodo classico, meglio se rosato.
Andy Mann for Stefano Ricci
Così la famiglia Ricci difende le proprie creazioni della linea Sr Explorer, presentata al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, concepita in Patagonia. «Più preserveremo le nostre radici, meglio costruiremo un futuro luminoso».
Il viaggio come identità, la natura come maestra, Firenze come luogo d’origine e di ritorno. È attorno a queste coordinate che si sviluppa il nuovo capitolo di Sr Explorer, il progetto firmato da Stefano Ricci. Questa volta, l’ottava, è stato presentato al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, nata tra la Patagonia e la Terra del Fuoco, terre estreme che hanno guidato una riflessione sull’uomo, sulla natura e sul suo fragile equilibrio. «Guardo al futuro e vedo nuovi orizzonti da esplorare, nuovi territori e un grande desiderio di vivere circondato dalla bellezza», afferma Ricci, introducendo il progetto. «Oggi non vi parlo nel mio ruolo di designer, ma con lo spirito di un esploratore. Come un grande viaggiatore che ha raggiunto luoghi remoti del Pianeta, semplicemente perché i miei obiettivi iniziavano dove altri vedevano dei limiti».
Aimo Moroni e Massimiliano Alajmo
Ultima puntata sulla vita del grande chef, toscano di nascita ma milanese d’adozione. Frequentando i mercati generali impara a distinguere a occhio e tatto gli ingredienti di qualità. E trova l’amore con una partita a carte.
Riprendiamo con la seconda e conclusiva puntata sulla vita di Aimo Moroni. Cesare era un cuoco di origine napoletana che aveva vissuto per alcuni anni all’estero. Si era presentato alla cucina del Carminati con una valigia che, all’interno, aveva ben allineati i ferri del mestiere, coltelli e lame.
Davanti agli occhi curiosi dei due ragazzini l’esordio senza discussioni: «Guai a voi se me li toccate». In realtà una ruvidezza solo di apparenza, in breve capì che Aimo e Gialindo avevano solo il desiderio di apprendere da lui la professione con cui volevano realizzare i propri sogni. Casa sua divenne il laboratorio dove insegnò loro i piccoli segreti di una vita, mettendoli poi alla prova nel realizzare i piatti con la promozione o bocciatura conseguente.
Alessandra Coppola ripercorre la scia di sangue della banda neonazi Ludwig: fanatismo, esoterismo, violenza e una rete oscura che il suo libro Il fuoco nero porta finalmente alla luce.
La premier nipponica vara una manovra da 135 miliardi di dollari Rendimenti sui bond al top da 20 anni: rischio calo della liquidità.
Big in Japan, cantavano gli Alphaville nel 1984. Anni ruggenti per l’ex impero del Sol Levante. Il boom economico nipponico aveva conquistato il mondo con le sue esportazioni e la sua tecnologia. I giapponesi, sconfitti dall’atomica americana, si erano presi la rivincita ed erano arrivati a comprare i grattacieli di Manhattan. Nel 1990 ci fu il top dell’indice Nikkei: da lì in poi è iniziata la «Tokyo decadence». La globalizzazione stava favorendo la Cina, per cui la nuova arma giapponese non era più l’industria ma la finanza. Basso costo del denaro e tanto debito, con una banca centrale sovranista e amica dei governi, hanno spinto i samurai e non solo a comprarsi il mondo.






