2024-09-06
Bomba al Csm: ecco il dossier contro i giudici di sinistra
Sergio Mattarella (Getty Images)
La consigliera Natoli (Fdi) ha chiesto l’annullamento in autotutela della nomina del procuratore di Catania: «Le toghe progressiste mi hanno impedito di partecipare al voto». Il partito le chiede di dimettersi, lei resiste.Il caso Palamara è stato un tè delle 5 tra educande se confrontato con quanto sta accadendo dentro al Csm in queste ore. Infatti uno dei quattro consiglieri laici in quota Fratelli d’Italia (tre sono donne), Rosanna Natoli, ha vergato un atto d’accusa violentissimo contro i magistrati, soprattutto quelli delle correnti di sinistra (Area-Dg e Md). Come preannunciato da questo giornale il 31 luglio scorso la penalista siciliana, stimata dal presidente del Senato Ignazio La Russa, considerato suo sponsor, ha depositato un’istanza di annullamento in autotutela delle delibere adottate nel plenum del 17 luglio 2024, ovvero il giorno in cui il parlamentino dei giudici ha scelto come procuratore di Catania Francesco Curcio, in uno scontro all’ultimo voto. Nel documento, preparato insieme con il suo legale Giuseppe Valentino, storico esponente della destra missina, contesta alle toghe progressiste di averla sottoposta a violenza psichica per la sua volontà di sostenere un candidato sgradito alle toghe progressiste, di fare nomine mirate per monitorare inchieste scomode, di aprire fascicoli senza averne la competenza e di divulgarne in tempo reale il contenuto, di usare i procedimenti disciplinari in modo discrezionale, colpendo gli esponenti di destra e salvando quelli di sinistra, di promuovere candidati senza i necessari titoli, di liquidare i nemici con esecuzioni sommarie in barba alle garanzie tipiche dello Stato di diritto.L’istanza, lunga sei pagine, è stata indirizzata al vicepresidente di Palazzo Bachelet Fabio Pinelli, agli due componenti di diritto del Comitato di presidenza, ma anche a tutti i consiglieri del Csm. Per questo ieri, appena un’ora dal deposito, l’istanza viaggiava già sui cellulari di centinaia di magistrati. Nel documento era elencato un florilegio di possibili reati, sebbene, al momento, a essere indagata per rivelazione di segreto (l’altro reato contestato, l’abuso d’ufficio, è stata nel frattempo abrogato) dalla Procura di Roma è la Natoli. A far partire il procedimento è stato lo stesso Comitato di presidenza che ha inviato a piazzale Clodio gli atti depositati in un’udienza della Sezione disciplinare dal giudice catanese Maria Fascetto. Quest’ultima, accusata di alcuni illeciti, il 3 novembre 2023 aveva registrato il dialogo avuto con la stessa Natoli a casa di amici comuni e a luglio ne ha depositato la trascrizione al Csm, mandando in tilt il parlamentino. La professionista siciliana, di cui adesso le correnti di sinistra chiedono l’immediata sospensione da Palazzo Bachelet, ritiene di essere vittima di un attacco ideologico: «I consiglieri di Area Dg cd Md prima di rivestire la veste di “politici" avrebbero dovuto ricordare di essere “giuristi" e dare il giusto peso ad una registrazione proveniente da una parte sottoposta a procedimento disciplinare, già definito da quasi quattro mesi. la cui trascrizione è stata profusa in una consulenza di parte non giurata, anziché condannarmi senza prova certa e senza processo». La Natoli, nell’istanza, ricorda così quei concitati momenti: «Nell'immediatezza, ancor prima che la sezione disciplinare si riservasse per la decisione, la sottoscritta ha depositato istanza di astensione. Su richiesta pressante ed esplicita del vicepresidente del Csm, sollecitato a suo dire dai componenti della sezione disciplinare, senza neppure rendermi conto di quanto stesse accadendo, ho protocollato le dimissioni quale componente della sezione disciplinare». E su Pinelli scrive: «Il vicepresidente avrebbe dovuto far rispettare le norme contenute nel regolamento e, soprattutto, denunciare l'illegittima condotta che mi veniva paventata anziché invitarmi ad abbandonare palazzo Bachelet. In uno Stato di diritto (sic!!) è bastata l'accusa, di una parte interessata, per impedire a un consigliere dr esercitare le prerogative della funzione, in primis di esercitare il proprio diritto di voto».Ed ecco la descrizione più forte, quella di come le sarebbe stato impedito di partecipare al plenum del 17 luglio scorso: «Non appena arrivata nella mia stanza, si sono ivi catapµltati i consiglieri: Bertolini (Isabella, laica di Fdi, ndr), Giuffrè (Felice, Fdi, ndr), Eccher (Claudia, Lega, ndr) e Aimi (Enrico, Forza Italia, ndr). Mi veniva riferito che la consigliera Francesca Abenavoli, a nome di tutto il gruppo di Area-Dg e di Md, aveva comunicato al vicepresidente che qualora fossi entrata in aula consiliare per partecipare ai lavori del plenum avrebbero, in apertura e in collegamento con Radio radicale, diffuso, mediante lettura, la trascrizione del contenuto della chiavetta usb depositata dalla Fascetto Sivillo e, conseguenzialmente, richiesto pubblicamente le mie dimissioni e inviato gli atti in procura. Terrorizzata, forzata e violentata psichicamente dalle parole e dalle intenzioni riferitemi dai consiglieri di Area e Md, e non avendo avuto neanche il tempo di riflettere in merito alla genuinità o meno della chiavetta usb depositata da parte della Fascetto Sivillo, temendo la ripercussione mediatica minacciatami da quei gruppi consiliari, sono stata "costretta", mio malgrado ad allontanarmi da Palazzo Bachelet». Ha dovuto rinunciare così alla votazione per il procuratore di Catania, nomina alla quale teneva «particolarmente», avendo esercitato per 20 anni l’attività di avvocato proprio nel capoluogo siciliano. La Natoli, nella sua istanza, ricorda che quella catanese è una «Procura nevralgica non solo per la lotta alla mafia ed all’immigrazione clandestina ma, altresì, perché competente […] per i procedimenti riguardanti i magistrati operanti» a Caltanissetta, «oggi nell'”occhio del ciclone” per i noti fatti riguardanti gli intralci alle indagini sulle stragi palermitane in cui persero la vita i giudici Falcone e Borsellino». La consigliera la butta lì, ma il messaggio è chiaro: chi comanda a Catania può mettere sotto tutela il lavoro dei colleghi che hanno iscritto sul registro degli indagati magistrati di primissimo piano come Giuseppe Pignatone e Gioacchino Natoli. Poi aggiunge: «In conseguenza di tale fortissima pressione psicologica. come detto, sono stata "costretta" a non votare con conseguente approvazione della proposta di nomina del dottor Curcio». Confessa che il suo voto sarebbe andato a Francesco Puleio (subito «risarcito» con la nomina a procuratore di Ragusa), il quale ha «operato sempre sul territorio siciliano» ed è «quindi profondo conoscitore delle dinamiche mafiose». Ma anche altre motivazioni avrebbero indirizzato la sua decisione: «Ho ritenuto che la domanda del dottor Curcio fosse illegittima» scrive la Natoli nell’istanza. Il perché lo spiega lei stessa: quando si è liberato il posto di procuratore di Catania, il 26 luglio 2023, Curcio non sarebbe stato «legittimato a concorrere non avendo maturato la permanenza quadriennale nel posto di provenienza», ovvero la Procura di Potenza. Secondo la laica di Fdi la propria scelta avrebbe spostato l’ago della bilancia: «Se io avessi potuto liberamente esercitare la mia prerogativa consiliare di esercizio del diritto di voto, vi sarebbe stata parità di voti e sarebbe stata approvata la delibera di nomina del dottor Puleio in quanto più anziano in ruolo». Il giudizio della Natoli è senza appello: «Ritengo che la seduta del plenum del 17 luglio 2024 sia stata viziata in radice per la mia forzata assenza e, pertanto, conseguenzialmente, siano viziate le delibere adottate compresa la delibera di nomina» di Curcio «e chiedo, quindi, che esse vengano annullate e/o revocate in autotutela». In conclusione dice di confidare che «per il futuro la sottoscritta, eletta, si sottolinea, dal Parlamento in seduta comune, possa esercitare le proprie prerogative consiliari, libera da qualsivoglia condizionamento esterno e da atti ostruzionistici già sperimentati nelle precedenti consiliature». Il riferimento all’epoca in cui dominava il Sistema denunciato da Luca Palamara è voluto. Probabilmente perché da allora sembra cambiato poco o nulla. La Natoli critica ferocemente pure l’operato degli inquirenti capitolini: «Con mio rammarico la Procura di Roma, in meno di una settimana, ha spazzato via le norme contenute nel codice di procedura penale. Innanzitutto, ha provveduto a iscrivermi, da giudice incompetente territorialmente, essendo i fatti avvenuti a Paternò (Catania), nel registro degli indagati […]; in secondo luogo, nel giro di pochi giorni ha formulato un avviso di garanzia e un invito per essere interrogata senza, però, che venissero rispettati i termini […] evidentemente al solo fine di dare la notizia alla stampa (cosa puntualmente accaduta prima ancora della notifica a me) ed espormi al pubblico ludibrio». I pm romani sono pure accusati di aver formulato i capi di imputazione «senza compiere alcun minimo atto di indagine, quale ad esempio il sequestro del cellulare della dottoressa Fascetto, al fine di verificare la corrispondenza del file contenuto nella chiavetta con la registrazione originale». Per la Natoli gli inquirenti avrebbero dovuto controllare che l’audio non fosse «stato artatamente manipolato», come sospettato dalla denunciante, anche perché agli atti sarebbe stata depositata solo una trascrizione non giurata che «non contiene l'integrale registrazione indebitamente ed illegittimamente effettuata». Nell’istanza la donna respinge, in punta di diritto, la concretezza delle ipotesi accusatorie, per lei completamente fuori bersaglio; il voto contro la Fascetto espresso dalla sezione disciplinare è stato collegiale e lei si è astenuta, mentre la presunta rivelazione riguardava un procedimento già concluso. In queste ore il governo è alle prese con i guai dei ministri Gennaro Sangiuliano e Daniela Santanché. Per questo abbiamo chiesto alla Natoli se non ritenga opportuno dimettersi come richiesto dalle toghe progressiste. L’avvocato siciliano ha risposto con piglio deciso: «Allo stato non ritengo di dimettermi anche perché non ho violato alcuna norma, né penale né disciplinare, l’unica cosa che mi rimprovero, col senno del poi, è la mia eccessiva umanità e bontà». Noi, però, abbiamo appreso da fonti di primo livello che il suo partito le avrebbe chiesto di dimettersi, allineandosi ai desiderata del presidente Sergio Mattarella. La Natoli, a questo punto, ha abbozzato un mezzo sorriso e ci ha spiegato il motivo per cui non obbedirà agli «consigli» di via della Scrofa: «Prenderò le mie decisioni in assoluta autonomia, ascoltando solo i suggerimenti dei miei avvocati. Finora ho esercitato le prerogative consiliari ed ho assunto le mie decisioni con autonomia e indipendenza da chicchessia, senza mai dimenticare che sono stata eletta dal Parlamento in seduta comune e, quindi, da tutte le forze politiche elette democraticamente dai cittadini italiani». Adesso c’è da capire se il Csm annullerà le delibere del 17 luglio, come richiesto dalla Natoli, e se trasmetterà (più probabile) la sua denuncia di «violenza psichica» alla Procura di Roma, come è stato fatto con gli atti depositati dal giudice Fascetto. Inoltre, nei prossimi giorni, il plenum dovrà esprimersi a scrutinio segreto sulla sospensione della denunciante. Se le correnti progressiste non riuscissero ad allontanare dal palazzo la «ribelle» dovrebbero rassegnarsi a rimanere minoranza ancora per un po’.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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