
La polemica sull’aborto, lo scontro Bonaccini-governo sul suicidio assistito, la campagna per la surrogata mentre la natalità crolla: le battaglie progressiste sono tutte anti vita. E pure l’Ue prova a mettersi in mezzo: «I pro life nei consultori? Non c’entrano col Pnrr».Dev’essere un segno dei tempi: le battaglie etiche più in voga, ormai, hanno tutte per oggetto la morte. La morte del feto; il diritto a «scegliersi» la morte, protagonista del contenzioso tra il governo e la Regione Emilia-Romagna, del dem Stefano Bonaccini; persino l’utero in affitto ha il retrogusto del miglio terminale prima della morte di un popolo. Un popolo avvolto dall’inverno demografico, che distorce maternità e paternità, riducendole a un capriccio.La retorica dell’apocalisse climatica e la deriva medicalizzante - dopo il feticcio di mascherine e vaccini, dilagano i divieti di fumo, la guerra al vino, la tagliola sulle bibite edulcorate - sono solo in apparente contraddizione con il paradigma tanatologico: la mente progressista oscilla tra la fissa per la gestione burocratica della morte e la paralizzante paura della morte stessa.È lo spirito di un’epoca, appunto: quella del tramonto di una civiltà, il cui immaginario è monopolizzato dalle atmosfere cupe.Perciò è bizzarro che, su Repubblica, Francesco Bei abbia scomodato la categoria di biopolitica, per commentare l’ultima drammatica emergenza politica: quella dell’emendamento al decreto Pnrr, che autorizzerebbe i pro life a entrare nei consultori, così da sensibilizzare le donne intenzionate ad abortire. Ieri, sulla vicenda, è intervenuta direttamente l’Europa: una portavoce della Commissione ci ha tenuto a informare che il provvedimento voluto dalla maggioranza non ha «alcun legame» con il Piano di ripresa e resilienza. Chissà se i paladini della sovranità sul corpo sentiranno vilipesa da Bruxelles la nostra sovranità sul processo legislativo…Ma il punto della faccenda è un altro. L’agenda dei conservatori a qualcuno sembra un intollerabile assalto ai diritti, ma non è detto che l’alternativa possa esercitare sul serio la funzione liberante che si pretende di attribuirle.Sul quotidiano di largo Fochetti si legge che la destra, priva di «risultati tangibili sull’economia, […] cerca di marcare il passo con una crociata identitaria sul corpo delle donne e dei malati terminali». La Stampa, curiosamente, offre l’interpretazione opposta: la destra s’impegna piuttosto a «non disturbare chi vuole lavorare e produrre ricchezza», mentre mette «i bastoni tra le ruote alle cittadine e ai cittadini che vogliono liberamente disporre del proprio corpo o esprimere il proprio dissenso». In ogni caso, il senso è che Giorgia Meloni & C. starebbero approfittando della loro posizione per acquisire il controllo dell’organismo stesso delle persone.Non è un mistero che la biopolitica sia diventata, con il raffinamento delle tecnologie e l’incremento della capacità di dominio dell’uomo sulla natura, una cifra tipica dell’esercizio della responsabilità di governo. Ed è vero che essa, prevedendo che la pubblica autorità penetri fin dentro la nuda forma biologica dell’umanità, implica risvolti inquietanti. Tuttavia, il biopotere sorge non solo e non tanto per soddisfare una brama di dominio quasi dell’intimo; sfrutta le possibilità di dominio profondo che man mano si schiudono per costruire un’egemonia politica. Un esempio? In Sicurezza, territorio, popolazione, Michel Foucault descrive gli apparati dello Stato moderno, fino allo Stato di polizia, proprio nei termini delle strategie per intervenire sulle condizioni di esistenza degli individui, così da accrescere la popolazione e amplificare la ricchezza e la potenza di una nazione. Dunque, nella biopolitica è inclusa una tensione positiva, vitale. La stessa che affiora nella difesa del feto, nella preoccupazione che al suicidio assistito comincino a ricorrere anziani soli o persone affette da depressione, nella volontà di promuovere la natalità anziché l’oggettificazione delle gravidanze.Dopodiché, fatalmente, sulla biopolitica aleggia lo spettro del suo oscuro complemento: la tanatopolitica, la politica della morte. Lo aveva intuito Giorgio Agamben: «Quanto più il diritto comincia a occuparsi esplicitamente della vita biologica dei cittadini come un bene da curare e promuovere», ha scritto in Idea della prosa, «tanto più questo interesse getta immediatamente la sua ombra nell’idea di un vita che […] “non merita di essere vissuta”». Il pensiero corre subito a certe retoriche che accompagnano la pratica dell’eutanasia.La destra utilizza il biopotere in chiave vitalistica? Ammettiamolo pure. Conculca i diritti fondamentali delle donne o dei malati? Chi lo sostiene, credendo di promuovere l’idea giusta di libertà, tra l’altro dopo aver glorificato il regime basato sul green pass, non indica comunque la strada per l’autorealizzazione. Semmai, si predispone a oltrepassare il valico della biopolitica, per scendere lungo il crinale della politica della morte. Una morte che temiamo, tormentati come siamo da ansie escatologiche e nevrosi salutiste. L’epopea dei diritti cela la rassegnazione finale di una civiltà.
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
iStock
In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






