2020-03-30
Criticare i musulmani è un diritto umano
L'islamofobia è lo psicoreato con cui il politicamente corretto vuole toglierci la libertà di parola. Quella conquistata dai nostri padri, quella che è costata la vita al regista Theo Van Gogh, ucciso da uno jihadista. E per cui altri autori coraggiosi devono girare scortati.PSICOREATO (PARTE 3) «Islamofobia» è una strana parolina inventata qualche tempo fa, che etimologicamente significa avere paura dell'islam, ma che secondo i soloni che ne fanno abuso dovrebbe significare essere intolleranti con l'islam, anzi, con gli islamici. Dunque, non ha alcun senso. Queste potrebbero sembrare piccole sfumature prive di significato, ma non lo sono affatto, perché l'islamofobia può fare perdere il lavoro, può fare perdere processi, può fare perdere fiumi di denaro. L'islamofobia può fare perdere anche la vita, come successe al regista Theo Van Gogh, «aperto in due come un panino», come disse il suo assassino, per un unico cortometraggio, Submission, che nessuna televisione ha osato trasmettere. La sceneggiatura del cortometraggio è della scrittrice somala Ayaan Hirsi Alì, che deve girare con la scorta perché condannata dalla jihad islamica e non può parlare nei campus statunitensi. L'islamofobia può fare perdere la libertà, come è successo al filosofo Robert Redaeker, per un unico articolo sul magnifico discorso di sua santità Benedetto XVI a Ratisbona, che da allora vive segregato, oppure per un unico post su Instagtam, come è successo per la sedicenne francese Mila, sommersa da minacce di morte.È infatti insito nel significato etimologico della parola e in quello che gli si attribuisce la natura di vero e proprio psicoreato dell'islamofobia. Per prima cosa, nello Stato di diritto occidentale è diversissimo essere intolleranti con una persona o una categoria di persone rispetto a esserlo con una idea o ideologia. Oppure vogliamo farci dire quello che dobbiamo e non dobbiamo pensare? Si può rispettare la persona ma non condividere quello in cui crede o quello che pensa. Quindi, essere islamofobico vorrebbe dire non condividere un sistema valoriale diverso dal nostro, ma non essere intolleranti con chi crede in questo sistema valoriale. Ma poi, andando avanti, come abbiamo visto, il significato vero della parola «islamofobia» è avere paura dell'islam: da quando avere paura di qualcosa è diventato un reato? Sarà un diritto di tutti avere paura del buio, dei ladri che ci svaligiano casa, dello psicopatico serial killer o di una invasione islamica nel nostro continente che rischia di stravolgere in pochi decenni le basi culturali, religiose ed etniche dei nostri Paesi europei che si sono stratificate e formate nel corso di secoli? Il vero diritto umano per il quale generazioni di nostri antenati hanno combattuto e sono morti è il diritto di parola, il diritto di dire quello che pensiamo. Non è un diritto quello di non essere offesi, se lo fosse annienterebbe la libertà di parola, e inoltre qualunque discorso sull'islam può essere ritenuto offensivo dalla la comunità islamica, imbavagliando per sempre la libertà di parola dell'Occidente. «Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere» è una frase che esprime questo concetto, falsamente attribuita a Voltaire, d'altronde lui non avrebbe potuto concepire una frase simile a giudicare dai suoi figli spirituali, primo fra tutti Maximilien de Robespierre. Il fatto che qualcuno possa essere condannato per islamofobia, come Magdi Cristiano Allam alcuni anni fa, vuol dire che siamo in una dittatura delle minoranze, ognuna rinchiusa nel suo ringhioso vittimismo, come scrisse il filosofo francese Pascal Bruckner in un libro del 2008, Il singhiozzo dell'uomo bianco, ogni giorno più attuale. Il concetto di psicoreato prima citato per la cosiddetta islamofobia è introdotto in un libro, stranamente non distribuito e venduto in traduzione italiana ma circolante gratuitamente sul Web in una forma che è simile a quella clandestina in cui circolavano i libri all'indice dei libri proibiti, Islamofobia: lo psicoreato del futuro totalitario, di David Horowitz e Robert Spencer. Ambedue questi signori hanno il divieto di entrare nei campus statunitensi, ottusamente appiattiti sul rinnegare le libertà più elementare in nome di un'etichetta sempre più demente. Gli autori oggi, come in Italia il già citato Magdi Cristiano Allam, devono girare con la scorta. Essi ci dimostrano come i 56 Paesi islamici che sono membri delle Nazioni Unite esercitino la propria egemonia sull'Onu portando avanti una campagna contro l'islamofobia i cui veri intenti sono di silenziare tutti i critici della jihad e dell'islam politico, mettendo a repentaglio la libertà di parola e la nostra incolumità, così come ci viene spiegato dalla descrizione del libro gratuitamente scaricabile da Internet. Sì, il sistema editoriale e librario italiano non lo reputa degno di tenerlo sugli scaffali, dunque scarichiamolo tutti in pdf, stampiamolo e teniamolo sul comodino. Alain Finkielkraut, filosofo e giornalista francese ebreo, non può girare liberamente per Parigi senza rischiare di essere aggredito. Così è accaduto durante una manifestazione dei gilet gialli, aggredito da un salafita che gli ha urlato contro «bastardo», «sionista di merda» e «la Francia è nostra». Ci spiega Finkielkraut che affianco a un antisemitismo archeologico europeo, vi è ormai un antisemitismo di natura islamica non riconosciuto dalla sinistra perché i musulmani sono visti come «i nuovi ebrei», ossia sono considerati le vittime del razzismo e in una parola dell'islamofobia. In un futuro distopico non troppo lontano, contenuto nel libro Sottomissione di Michel Houellebecq, anche lui additato come islamofobo, la Francia è ormai sottomessa all'islam: un partito musulmano tradizionalista e patriarcale, Fratellanza musulmana, vince le elezioni in Francia contro il partito di Marine Le Pen grazie a un'alleanza al secondo turno con i partiti socialisti, liberali e moderati. E sta qui il punto: l'islam utilizza il ventre molle dell'Europa, l'ignavia, le divisioni, la crisi demografica, la perdita di valori, le braccia tese della cosiddetta gauche caviar che, pur di non scendere a ragionamenti con i sovranisti sporchi brutti e cattivi dei vari Paesi, che raccolgono sempre più consensi, preferisce amoreggiare con l'islam politico. Mentre noi discorriamo di islamofobia, migliaia di cristiani in Africa, Medio Oriente e Asia sono assassinati e di loro non importa un fico a nessuno. E presto sarà così anche in Europa, anzi è già così, le chiese in fiamme ogni giorno in Francia ci dicono qualcosa? Sarah Halimi, l'anziana ebrea gettata dal balcone in Francia da un islamico che recitava versetti del Corano ci dice qualcosa? L'omicida non è stato neanche processato perché «incapace di intendere e di volere» in preda ai fumi della cannabis. Jacques Hamel, l'anziano sacerdote sgozzato da due islamici sull'altare durante la celebrazione della messa ci dice qualcosa? E tutti quelli come loro? Per evitare l'accusa dello psicoreato di islamofobia molti hanno omesso di denunciare soggetti sospetti. Ad esempio il 5 novembre 2009, lo psichiatra dell'esercito americano, Nidal Malik Hasan, diede alla sua vicina di casa una copia del Corano dicendole: «Sto per fare un buon lavoro per Dio». Più tardi lo stesso giorno, entrò a Fort Hood, in Texas, dove i soldati ricevono visite mediche prima di essere dispiegati negli scenari bellici. Urlando «Allah akhbar», Hasan tirò fuori una pistola e iniziò a sparare. Prima di essere fermato uccise tredici soldati americani disarmati e ne ferì 30. Perché nessuno l'aveva fermato? Da più di un anno quell'uomo diceva che gli Stati Uniti devono essere puniti per aver osato opporsi all'islam. Lo diceva apertamente e aveva addirittura organizzato conferenze per dirlo. Perché chi avesse osato denunciarlo si sarebbe beccato l'accusa di islamofobia, la carriera bloccata e sei mesi di rieducazione all'antirazzismo, tre sedute alla settimana con una via di mezzo tra uno psicologo e un sociologo che ti spiegano quanto sei cattivo. L'islamofobia è uno psicoreato che lede la libertà dell'individuo di esprimersi e che paralizza la difesa dai crimini. Inoltre è una parola mal costruita e senza alcun significato, basta scriverla su Microsoft Word per accorgersene, il programma la sottolinea in rosso. L'islamofobia non esiste nemmeno come parola, ma di islamofobia si può morire. E coloro che sono stati condannati a morte vengono additati come razzisti, islamofobi appunto: il colpo di puro genio è stato equiparare l'islamofobia al razzismo, non possono parlare nei campus del politicamente corretto, ogni giorno più platealmente scemo.