2020-05-22
Indagini sull’ospedale in Fiera, nulla sul gemello «rosso»
. E sulla sanità lombarda è rissa
Crollo degli ospiti nelle case di riposo diventate il fulcro delle inchieste giudiziarie. L'ultima è a Genova con sei direttori indagati. Troppi morti e tracollo finanziario.L'ipotesi di un sindacato: «I 21 milioni di donazioni spesi in modo illegittimo per costruire una struttura poco utilizzata». Silenzio sul «gemello», sempre curato da Guido Bertolaso, nelle Marche. Lì governa il Pd, che lo difende.Lo speciale contiene due articoli!function(e,i,n,s){var t="InfogramEmbeds",d=e.getElementsByTagName("script")[0];if(window[t]&&window[t].initialized)window[t].process&&window[t].process();else if(!e.getElementById(n)){var o=e.createElement("script");o.async=1,o.id=n,o.src="https://e.infogram.com/js/dist/embed-loader-min.js",d.parentNode.insertBefore(o,d)}}(document,0,"infogram-async");Non ci sono soltanto i commercianti che riconsegnano allo Stato le chiavi dei negozi. O gli imprenditori schiacciati da recessione e burocrazia. E i milioni di lavoratori che rischiano di perdere il posto. La crisi economica è arrivata anche laddove la crisi sanitaria è partita. Ovvero, in quelle Rsa diventate il fulcro delle inchieste giudiziarie nelle Procure di mezza Italia. L'ultima è della Procura di Genova: sei direttori sono indagati per epidemia colposa. Nelle loro strutture il tasso di mortalità, tra il febbraio e l'aprile 2020, sarebbe aumentato del 200 per cento. Case di riposo diventate lazzaretti: la giustizia farà il suo corso. Ma, intanto, le residenze per anziani cercano di fronteggiare l'aumento delle spese, il crollo degli ospiti e la chiusura forzata dei centri diurni. Centinaia di dipendenti sono finiti in cassa integrazione. Decine di Rsa vanno verso la chiusura. E cominciano i primi aumenti delle rette: decisione magari inevitabile, ma che non rinsalda certo il già deteriorato legame di fiducia con le famiglie. Il ritocco all'insù è, ad esempio, di 150 euro nel bolognese. Lo denuncia Silvia Piccinini, consigliera regionale dei Cinque stelle in Emilia Romagna. Quindi, ha chiesto lumi alla giunta guidata da Stefano Bonaccini: il rialzo è compatibile con le procedure per l'accreditamento? E sono saltati sulla sedia anche a Torremaggiore, in provincia di Foggia: qui la retta, attacca la lista civica Italia in Comune, sarebbe lievitata addirittura di 300 euro: «Una cifra spropositata». La richiesta di integrazione è stata inviata ai parenti di alcuni anziani. A loro volta, già in crisi. E l'Anaste, l'Associazione nazionale strutture terza età, ammette che, finita la complessa gestione dell'emergenza, sarà il momento di rivedere i costi.Accorate lettere sono arrivate, nei giorni corsi, pure a molte famiglie del bresciano. Il tono delle missive sembra desolato: perdonateci, ma la situazione è diventata insostenibile. Per i vostri cari, dunque, servono un centinaio di euro in più al mese. Del resto Marco Drera, segretario provinciale della funzione pubblica della Cgil, aggiunge che già una decina di Rsa sono ricorse alla cassa integrazione: da Ospitaletto a Quinzano d'Oglio. Su 6.800 posti letto, ne rimangono vuoti circa 1.600. Difficilmente, si riempiranno a breve. Anche perché tutte le strutture, chiuse ai parenti, non accettano nuovi ingressi. Le 65 case di riposo della bergamasca, che registrano quasi 2.000 morti su cui indaga la Procura, hanno un numero simile di posti: 6.196. Oltre 1.500 letti restano però deserti. Nelle residenze sanitarie della provincia orobica, tra dipendenti diretti e indiretti, lavorano 7.000 persone. Che adesso tribolano. Tanto da aver convinto i sindacati a inviare un'allarmata lettera alla Regione Lombardia e all'Ats di Bergamo: «Ancor prima di affrontare il rischio occupazionale, le Rsa stanno affrontando gli effetti del mancato pagamento delle rette e le spese esorbitanti per il reperimento dei dispositivi di protezione. Chiediamo che si faccia di tutto per evitare di perdere posti di lavoro tra dipendenti che, fino a pochi giorni fa, venivano descritti come “eroi". E ora potrebbero finire senza occupazione». Sempre in Lombardia, una delle situazioni più drammatiche resta quella della Ambrosetti Paravicini di Morbegno, in provincia di Sondrio. Il bollettino è tragico: 55 deceduti e 60 per cento di anziani contagiati. E alle rette perse, 1.500 euro a ospite ogni mese, si sommano i servizi sospesi e gli ingressi bloccati. I conti non possono tornare. Così, su 195 dipendenti, 47 sono finiti in cassa integrazione. Dall'11 maggio al 31 maggio, intanto. Poi si vedrà.Walter Gelli, segretario nazionale del sindacato Cub sanità, ammette che molte aziende stanno già pensando di estendere la misura a periodi più lunghi. «Alcune residenze hanno il 25 dei posti vuoti» spiega. «E, in questo momento, la paura non è passata. Chi ha un parente da accudire adesso lo tiene a casa, mentre prima c'erano ovunque lunghe liste d'attesa». Anche perché, come a Morbegno, ci sono strutture che hanno avuto una percentuale di morti spaventosa. In questi casi, i danni sanitari si accumulano a quelli d'immagine. E la ripartenza diventa ancora più accidentata. «È un settore che, già prima della pandemia, si teneva in piedi grazie a tre cose: la qualità di biscotti nel caffellatte, i risparmi sui pannolini e le turnazioni del personale» dice Gelli. «I ricavi erano modesti. E il rapporto tra assistiti e lavoratori è sempre stato inadeguato. Ma la situazione, ora, sta precipitando». Anche in Piemonte, al problema economico si aggiunge a quello sanitario: 15 per cento di posti letto non occupati e conseguente rischio di tracollo finanziario. E i costi di gestione, lamentano le case di riposo, continuano a lievitare per il potenziamento delle misure di prevenzione. Così adesso pure le rette, bloccate dal 2013, potrebbero essere ritoccate. Molte strutture, comunque, sono destinate alla chiusura. Meno ospiti, più costi, troppi dipendenti. E un volantino sindacale che sintetizza: «Da eroi a cassintegrati il passo è breve».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/crisi-spese-niente-ingressi-tante-rsa-verso-la-chiusura-le-altre-aumentano-le-rette-2646056457.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ospedale-in-fiera-esposto-in-procura-fontana-non-lo-chiuderemo-mai" data-post-id="2646056457" data-published-at="1590098346" data-use-pagination="False"> Ospedale in Fiera, esposto in Procura. Fontana: «Non lo chiuderemo mai» Esposto in Procura a Milano sull'ospedale in Fiera: un sindacato critica l'uso dei 21 milioni donati dai privati. Silenzio invece sulla struttura gemella di Civitanova Marche, che benché vuota è difesa dal governatore pd. Rissa sfiorata alla Camera per le parole insultanti del grillino Ricciardi sulla sanità lombarda. Il Covid Hospital costruito nei padiglioni della Fiera di Milano finisce nel mirino della magistratura. Ieri, in seguito a un esposto presentato dall'Adl Cobas Lombardia, la Procura di Milano, come atto dovuto, ha aperto un fascicolo conoscitivo, al momento senza ipotesi di reato né indagati, sulla realizzazione di questo ospedale, voluto dalla Regione Lombardia, che ha chiamato Guido Bertolaso a realizzarla (Bertolaso si è anche ammalato di Covid mentre si dedicava alla costruzione della struttura) e che è stato oggetto di molte polemiche politiche, basate in sostanza sul fatto che abbia ospitato pochi ricoverati. Al di là di quelle che saranno le risultanze dell'inchiesta, di cui si occupa il dipartimento di contrasto ai reati nella Pubblica amministrazione guidato dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, in un paese normale il fatto che un ospedale dedicato al coronavirus, costruito, tra l'altro, interamente con donazioni di privati, in piena emergenza, non abbia funzionato al massimo delle sue potenzialità, dovrebbe solo far ringraziare il Signore, tanto più che la stragrande maggioranza degli esperti non esclude la possibilità di un ritorno dell'epidemia in autunno. Sono stati 25 i ricoveri effettuati fino a ieri presso questa struttura, costata 17 milioni di euro per 221 posti letto. La raccolta di fondi ha portato a incamerare 21 milioni di euro, 10 dei quali elargiti da Silvio Berlusconi. Comunque sia, nella denuncia, firmata dal portavoce del sindacato Riccardo Germani e depositata tramite l'avvocato Vincenzo Barbarisi, si segnala che la costruzione della struttura modulare in Fiera «presenta delle criticità già dal giorno successivo alla decisione di pubblicizzazione da parte di Regione Lombardia della Fondazione Fiera Milano per la lotta al coronavirus». Il sindacato ha sempre sostenuto la possibilità di utilizzare una parte dei padiglioni dismessi e «con gli impianti funzionanti» dell'ospedale di Legnano. La scorsa settimana, intervistato da Fanpage.it, Antonio Pesenti, direttore del reparto di terapia intensiva del Policlinico di Milano e capo della task force della Regione Lombardia per la gestione delle terapie intensive durante il coronavirus, ha ipotizzato che l'ospedale potrebbe chiudere «entro un paio di settimane, se le cose vanno avanti così». Ovvero, se contagi e ricoverati continueranno a calare, come chiunque dotato di buon senso si augura. «Perché a Berlino», ha detto a Radio anch'io il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, «dove hanno già quattro volte il numero dei letti rispetto all'Italia, hanno realizzato una cosa identica all'ospedale della Fiera di Milano? Perché lo hanno fatto nelle Marche e in Emilia Romagna? È ovvio che si tratta di polemiche strumentali. Il significato di questo nuovo ospedale è sostenuto dal governo. Io ne dovrò realizzare altri di ospedali come quello della Fiera». Da una prima rendicontazione delle spese resa nota ieri dalla Fondazione Fiera di Milano, «le infrastrutture realizzate nella fase più acuta della pandemia Covid-19 da Fondazione Fiera Milano e date in comodato gratuito, come da indicazioni della Regione Lombardia, al Policlinico di Milano», hanno comportato «un investimento di 17,257 milioni di euro, Iva esclusa, per la realizzazione di 221 posti letto di terapia intensiva». La rendicontazione finale dei costi del progetto, aggiunge la nota, «sarà pubblicata sul sito di Fondazione Fiera Milano entro la fine del mese di luglio». Il finanziamento dell'opera è avvenuto attraverso una raccolta fondi, che ha oggi superato i 21,6 milioni di euro, attraverso la costituzione di un Fondo presso la Fondazione di Comunità Milano che si occuperà, con il supporto di un Comitato di Garanti, della rendicontazione puntuale nei confronti dei donatori dei costi. A sollevare dubbi e perplessità è stato anche Giuseppe La Scala, avvocato, che insieme ai colleghi del suo studio ha donato 10.000 euro per la realizzazione del Covid Hospital, e che ha denunciato «la mancanza di trasparenza sull'uso dei fondi», e ipotizzato un'azione legale nei confronti della Regione Lombardia. La Scala ha lamentato la mancanza di una rendicontazione dei fondi raccolti. «Mi ha chiamato Guido Bertolaso», ha detto il legale a Businessinsider.com, «per ringraziarmi di aver sollevato il caso Ospedale in Fiera. Mi ha inoltre autorizzato a diffondere pubblicamente la notizia che il dottor Bertolaso ha diffidato Regione Lombardia e Fondazione Milano, dal chiudere la struttura». «Il presidente Fontana», ha sottolineato lo stesso Bertolaso ad Agorà, su Rai Tre, «mi ha detto: non lo chiuderemo mai». Lo stesso Bertolaso ha curato anche la realizzazione di un Covid Hospital a Civitanova Marche, costato 12 milioni di euro, raccolti grazie a una sottoscrizione promossa dall'Ordine dei Cavalieri di Malta, e rimasto completamente vuoto, con tanto di critiche rivolte da sindacati dei medici al presidente della Regione Marche, Luca Ceriscioli, del Pd.