2021-07-01
Crimi kamikaze: sfida Grillo e vince un Vaffa
Vito Crimi e Beppe Grillo (Ansa)
Il reggente boicotta la svolta: «Non sono d’accordo, devo pensare se rimanere». E travisa il Garante della privacy: «Su Rousseau non si può votare». Il comico lo minaccia: «Ne risponderai legalmente». E dà un altro schiaffo a Giuseppi: «Voleva essere al centro»Ormai ne fa fuori uno al giorno. Ieri, forse, anche tre in un colpo solo. Beppe Grillo chiede a Vito Crimi di organizzare le votazioni sulla piattaforma Rousseau per cambiare lo statuto. Crimi si rifiuta con una scusa pelosa («Il Garante della privacy non vuole»). Il garante del M5s gli risponde: leggi bene la sentenza, non è vero (ha ragione Grillo, ndr). E gli dà 24 ore per obbedire, con tanto di minaccia di azioni legali. A quel punto, oltre a Crimi, altre due figure inventate in tutto e per tutto dal comico genovese, Roberta Lombardi e Giancarlo Cancelleri, gli si ribellano e minacciano le dimissioni dal comitato dei garanti, in modo da paralizzare ulteriormente il Movimento. Dietro a loro, neppure troppo nascosta, si allunga l’ombra dell’epurato del giorno prima, Giuseppe Conte. Conte, al quale parla in serata ancora Grillo, anche se non direttamente. Lo fa in un video dai toni accorati e concilianti, ma nel quale, in sostanza, non gli concede un centimetro e fa anche capire che se qualcuno vuole andarsene, pazienza. «Uno vale uno», dicevano una volta i grillini, ma in questo scontro tra il garante e il reggente di paritario c’è solo il curriculum: diploma di ragioneria per Beppe Grillo e maturità scientifica per Vito Crimi. Uno nella vita ha fatto il comico, l’altro l’assistente giudiziario al tribunale di Brescia. In questo scontro tra titani del diritto, va detto che almeno Crimi sembra potersi giovare dei consigli dell’avvocato del popolo, Giuseppe Conte. Ma sulla sentenza che ha costretto la Casaleggio e associati a consegnare gli elenchi al Movimento, Conte e Crimi prendono un granchio. L’ultimo scontro esplode quando il reggente dice «no» al garante, facendosi scudo proprio di quella sentenza. «Beppe Grillo ha indetto la votazione del comitato direttivo impedendo una discussione e una valutazione della proposta di riorganizzazione e di rilancio del Movimento alla quale Giuseppe Conte ha lavorato negli ultimi mesi, su richiesta dello stesso Beppe», scrive il senatore siciliano su Facebook. E già dall’incipit si capisce che è passato con Giuseppi. Poi aggiunge che «pur rientrando fra le sue facoltà indire la votazione […] il voto, tuttavia, non potrà avvenire sulla piattaforma Rousseau, poiché questa è inibita al trattamento dei dati degli iscritti. Inoltre, consentire ciò violerebbe quanto disposto dal Garante della privacy». Il problema è che nel dispositivo della Privacy, per altro guidata da un uomo vicino a M5s come Pasquale Stanzione, si legge che «L’Associazione Rousseau dovrà astenersi da ogni ulteriore trattamento dei dati stessi, tranne per specifiche richieste del Movimento». E sarebbe proprio questo il caso della richiesta di Grillo, che oltretutto l’ha avanzata con l’accordo di Davide Casaleggio e non si aspettava certo che Crimi si mettesse di traverso. La replica del fondatore dei 5 stelle è quindi immediata e durissima, sempre a mezzo social. «Vito, ti ho già risposto ieri in privato con il seguente messaggio: credo che tu non abbia ben interpretato il provvedimento del Garante della privacy che ti rimetto», racconta Grillo. Che poi gli cerchia in rosso la parte della sentenza sulle «specifiche richieste» e gli ribalta addosso la questione dei rischi legali: «Sarebbe proprio il votare su una piattaforma diversa che esporrebbe il Movimento, e te in prima persona, ad azioni anche risarcitorie da parte di tutti gli iscritti». E visto che la battaglia sembra che debba svolgersi tutta su Facebook, Crimi posta sulla propria pagina la sua risposta a Grillo e gran parte dei commenti lo crocifiggono. Tra questi spicca quello, durissimo, di uno che sembra un militante qualunque: «Hai ammazzato politicamente tante persone per preservare il clan e ora te ne vai nel partito di Conte che ti assicurerà un bel collegio plurinominale». E invece è l’imprenditore Mario Conca, consigliere regionale pugliese fatto fuori l’anno scorso da Crimi e ora passato in Italexit con Gianluigi Paragone. È l’esempio di come la guerra nel Movimento sia anche tra chi tenta di avere un terzo mandato con Conte e chi spera di far carriera in un Movimento più o meno desertificato. Ma non è solo Crimi a voltare le spalle al garante. Dopo di lui, si schierano di fatto con Conte anche gli altri due membri del comitato di garanzia. La Lombardi, che divenne famosa con Crimi nel 2013 quando Grillo la scelse come capogruppo e la mandò ai famosi colloqui con Pier Luigi Bersani, sostiene di non poter accettare «quest’imposizione dall’alto» e minaccia le dimissioni non solo dal comitato, ma anche dal Movimento. Identico avvertimento da Cancelleri. Un’altra giornata di ordinaria follia a 5 stelle viene chiusa dal videoproclama dell’Elevato, che si definisce «papà del Movimento» e non «padre padrone», come gli hanno detto i contiani. In cinque minuti in cui sembra parlare davvero con il cuore in mano, Grillo ripercorre la storia dell’incarico a Conte e dello statuto dove «al centro si era messo lui (avrà frainteso)». E chiude così: «Forse Conte non è la persona più adatta. Io vi abbraccio tutti, poi se qualcuno vuole fare una scelta diversa la farà in tutta coscienza». In sostanza, da buon papà, ha quasi benedetto la scissione.
Era il più veloce di tutti gli altri aeroplani ma anche il più brutto. Il suo segreto? Che era esso stesso un segreto. E lo rimase fino agli anni Settanta