2023-06-23
Covid, mascherine e corruzione. Arrestato ex capo delle Dogane
Marcello Minenna, che aveva ottenuto la poltrona grazie ai 5 stelle, puntava ad accreditarsi presso la Lega favorendo l’azienda dell’ex deputato del Carroccio Gianluca Pini (finito in manette) nell’importazione dei dispositivi anti Covid.Sul suo sito web autobiografico si definisce un «civil servant», vantando un centinaio di pubblicazioni da economista e la propria firma su editoriali per i quotidiani progressisti nonché sul Wall street journal. I magistrati di Forlì che ieri hanno ottenuto il suo arresto (ai domiciliari), invece, di Marcello Minenna hanno un’opinione diametralmente opposta. E il civil servant nelle 452 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare è diventato un indagato che avrebbe «asservito la sua funzione pubblica». L’accusa è di corruzione per l'esercizio della funzione da direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei monopoli. Un incarico che proprio nel periodo della pandemia aveva un certo peso specifico. E lui, «bramoso di prestigio e potere», per usare le parole del gip di Forlì, Massimo De Paoli, sarebbe arrivato a siglare un «pactum sceleris», mettendo a disposizione «i suoi più stretti collaboratori per meri interessi privati». L’inchiesta della Procura di Forlì si è intrecciata con un’indagine anticrimine della Procura antimafia di Bologna, che ha portato all’emissione di 34 provvedimenti di custodia cautelare tra carcere e domiciliari e al sequestro di 63 milioni di euro. Minenna, invece, è finito nei guai con altre sette persone. Tra le quali l’ex parlamentare della Lega (in carica fino al 2018) Gianluca Pini. Diventato imprenditore, Pini si sarebbe saldato negli affari con il forlivese Gianluca Fiore. E mentre, secondo la Procura, «l’imprenditore forlivese si giovava di importanti conoscenze criminali legate alla malavita albanese e al narcotraffico per approvvigionarsi di denaro da reinvestire in attività formalmente lecite o per acquisto di immobili», Pini aveva agganciato Minenna, che grazie alla presenza di «persone a lui asservite all’interno di diverse istituzioni pubbliche locali e nazionali», era stato individuato come l’uomo giusto per il grande business delle mascherine. Pini era infatti riuscito a portare a casa, attraverso la sua società Codice srl, attiva nel settore della ristorazione, una commessa per fornire, dispositivi di protezione alla Ausl della Romagna. L’accordo quadro, firmato il 16 marzo del 2020, prevedeva la fornitura di almeno 500.000 pezzi (al prezzo unitario di 1,056 euro) certificati Ce, per un importo minimo di 3,16 milioni di euro e con un tetto massimo di 6,33 milioni. Gli inquirenti non ricostruiscono il dettaglio dei dispositivi consegnati, ma stimano il profitto illecito conseguito a danno della Ausl in 3,59 milioni di euro. Come già successo in altri casi, come quello della maxi commessa da 850 milioni di mascherine comprata dall’ex commissario Domenico Arcuri, o in quello delle mascherine ordinate (e mai arrivate) dalla Regione Lazio alla Ecotech di Frascati, le certificazioni promesse non ci sono. Ma stavolta il falso viene svelato in tempo reale dalle intercettazioni. Annota il gip: «Gianluca Pini dopo la stipula del contratto non sa ancora quali mascherine potranno essere reperite sul mercato cinese, non ha ancora la disponibilità delle mascherine indicate nel contratto, tantomeno sa se le mascherine avranno le caratteristiche concordate (marchio Ce rilasciato da Inspec o da altro ente certificatore, capacità di filtraggio pari al 99 per cento e rispetto degli standard di sicurezza ed efficacia secondo le norme tecniche Uni En appropriate)». Ma Pini non si perde d’animo e tramite un certo John Pesci (che non risulta indagato) cerca di far sì che vengano confezionati i certificati da presentare all'ente sanitario romagnolo, «allo scopo esclusivo di evitare la risoluzione del contratto e di dover restituire il prezzo versato in anticipo». Pesci dice a Pini: «Luca, stanno per stampare le scatole. Ho bisogno di sapere esattamente cosa va messo. Pini risponde: «Cazzo, mi avevi detto che erano già fatte! Dammi mezz’ora. Di sicuro Ce con il riferimento del certificato». Poi aggiunge: «Fammi avere una bozza». Ma il rapporto di Minenna con Pini risale nel tempo, gli inquirenti parlano di una «collaborazione» precedente rispetto «all’emergenza sanitaria». Risalirebbero a gennaio 2019 e si sarebbero intensificati nel marzo 2020. Poi sono diminuiti sensibilmente a giugno 2021. Ma Minenna, la cui misura cautelare inizialmente era stata rigettata dal gip, è poi finito a fare l’assessore della giunta regionale in Calabria. E questo «ulteriore elemento di novità», secondo il gip, «consente di ritenere ugualmente che il reato» contestato a Minenna «non rappresenti un unicum, quanto, piuttosto, un costante modus operandi delinquenziale, ripetibile in ogni altra istituzione nella quale egli è chiamato a svolgere un ruolo di rilievo». Un pericolo dimostrato dalla Procura anche depositando gli atti di un’indagine della Procura di Roma che vede Minenna accusato di minaccia e calunnia a danno di due dipendenti delle Dogane, Miguel Martina e Maurizio Montemagno. Il gip annota che «la lettura dei capi di incolpazione provvisoria evidenzia una condotta particolarmente grave ad opera del Minenna, il quale avrebbe abusato del suo ruolo apicale […] allo scopo di minacciare un suo collaboratore affinché rivelasse notizie coperte da segreto istruttorio». De Paolis, infatti, evidenzia anche una telefonata di Minenna al parlamentare del Partito democratico Luciano D’alfonso, durante la quale «il primo chiedeva al secondo alcuni consigli su come comportarsi nella fase delle indagini pendenti presso la Procura della Repubblica di Roma». Sferzate del gip a parte, però, Minenna, che con Virginia Raggi era stato assessore al Bilancio, patrimonio, partecipate, politiche sociali e spending review di Roma Capitale, era andato sulla poltronissima della Dogane in quota 5 stelle. E quando è il momento della riconferma cerca una sponda nella Lega. Il gip passa quindi all'esame dei rapporti con la politica. Perché Pini, per ricambiare i favori di Minenna, pensa a Giancarlo Giorgetti. Minenna in quel momento aveva cominciato ad avere problemi con lo sdoganamento delle mascherine. E un parlamentare della Lega, Paolo Tiramani, era appena stato in tv e se l’era presa con il supermanager delle Dogane. Pini chiama Giorgetti e gli spiega che il collega «è andato a Striscia [...] se ti va di fare una telefonata al povero Minenna perché abbiamo veramente dei coglioni [...] chiamalo e digli guarda è un deficiente, scusa, ti chiedo scusa io». Giorgetti chiude con un «sììì, mo lo chiamo io». Dopo gli sdoganamenti delle mascherine Minenna torna all'attacco, ottenendo «il ringraziamento» di Pini «e la promessa», annotano gli inquirenti, «di una cena a tre con Giorgetti». L’ex pentastellato sembra muoversi, però, a 360 gradi. Per «consolidare la sua immagine nell'ambiente politico», scrivono gli inquirenti, Minenna chiama anche l'ex ministro dell'Economia Vincenzo Visco: «Enzo, io sto cercando di tessere alleanze con tutti i partiti». Visco lo anticipa: «L’ho capito dalla distribuzione delle auto». Minenna in quel periodo aveva dato in giro i mezzi sequestrati e affidati alle Dogane. Tra questi una Porsche Macan con la quale se ne andava in giro il presidente di Patrimonio del Trentino Andrea Villotti. E Visco afferma: «Ma a quello gli dovevi dare una Porsche?». E Minenna: «Enzo, perché ognuno si sceglie l’auto che vuole». Al telefono Minenna sogna di diventare direttore generale della Consob, e proprio a Pini dice «che avrebbe in seguito saputo a chi essere grato». Parole che secondo gli inquirenti farebbero capre «esplicitamente la propria concreta capacità di remunerare il favore ricevuto».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.