2019-05-04
Il giudice decide: prima gli immigrati
Il tribunale di Bologna accoglie il ricorso di due richiedenti asilo che pretendono di essere iscritti all'anagrafe contro le disposizioni del decreto sicurezza. Avranno più diritti degli italiani. Matteo Salvini: «Sentenza vergognosa».A che cosa serve fare una legge per cercare di arginare l'immigrazione clandestina? Se si è in Italia a niente, perché una volta fatta la legge c'è chi la contesta e rifiuta di applicarla. In genere, a obiettare contro le norme sulla clandestinità, sono i sindaci di sinistra, tipo Luigi De Magistris e Leoluca Orlando, ossia due che per evitare di far parlare di sé per le buche o la spazzatura agli angoli delle strade delle città che amministrano preferiscono ergersi a paladini degli extracomunitari, così da distrarre l'attenzione dell'opinione pubblica e dei giornali dalle magagne cittadine. In effetti il polverone sollevato dai due finora ha funzionato, perché nessuno ha chiesto conto della pessima amministrazione di Napoli e Palermo.Ma oltre ai sindaci pro immigrati, a contestare la legge voluta da Matteo Salvini sono anche alcuni magistrati i quali, ritenendo che i richiedenti asilo debbano essere iscritti all'anagrafe comunale (e dunque ottenere tutti i benefici di cui godono gli italiani, sussidi e case popolari comprese), danno torto al governo e ragione agli stranieri. Era già accaduto qualche settimana fa a Firenze, dove un somalo si era visto rifiutare l'iscrizione all'anagrafe e aveva deciso di fare ricorso ai giudici per contestare la decisione. Il tribunale, dopo aver valutato il caso, aveva dato ragione all'immigrato, ordinando l'iscrizione del profugo all'anagrafe, in quanto ritenuto «regolarmente soggiornante». Ieri la storia si è ripetuta, ma a Bologna. In questo caso a rivolgersi alla magistratura sono stati due richiedenti asilo. Nonostante la legge precisi che i richiedenti asilo non possano essere trattati alla stregua di cittadini regolari e una circolare del ministero dell'Interno sia stata esplicita nel negare l'iscrizione all'anagrafe, i giudici hanno deciso il contrario, sentenziando che «la mancata iscrizione ai registri anagrafici impedisce l'esercizio di diritti di rilievo costituzionale a essa connessi, tra i quali rientrano ad esempio quello all'istruzione e al lavoro». In pratica, in poche righe, il tribunale ha demolito la norma voluta dal nuovo governo gialloblù, che per frenare l'invasione migratoria aveva deciso che la sola richiesta di asilo non potesse essere il presupposto per poi avere diritto al sistema di welfare di cui gode chi è nato in Italia e qui paga le tasse. Con il risultato che, avendo spesso requisiti più favorevoli (nessun reddito e più figli), prima verranno gli stranieri. Per i giudici, una legge che «evidenzi come il permesso di soggiorno per la richiesta di asilo non costituisca titolo per l'iscrizione all'anagrafe» è illegittima. Quindi, chiunque arrivi in Italia e faccia richiesta di protezione umanitaria (cosa che fa ogni extracomunitario appena messo piede a terra), non deve attendere di ottenerla, cioè che gli venga riconosciuto il diritto d'asilo, ma può subito pretendere l'iscrizione all'anagrafe, dunque la residenza e i conseguenti benefici. Perché, secondo le toghe, aver presentato l'istanza equivale a essere riconosciuto come «regolarmente soggiornante».La decisione ovviamente equivale a un invito a venire in Italia, perché se basta dichiararsi profugo per ottenere il diritto di soggiorno è assai probabile che in molti pensino di approfittarne. Non a caso Matteo Salvini, appena ricevuta la notizia, è montato su tutte le furie. Da quando è diventato ministro dell'Interno ce l'ha messa tutta per arginare l'invasione e si è beccato pure qualche grana giudiziaria per aver fermato il traffico delle Ong. Ma adesso il lavoro rischia di andare in fumo, perché se basta fare domanda per vedersi spalancate le porte, c'è da giurare che sarà uno sprone in più per partire. Per questo il capo leghista ha definito la decisione dei magistrati una sentenza vergognosa: «Se i giudici vogliono fare politica e aiutare gli immigrati, si candidino con la sinistra». Nel frattempo, per rimanere nel campo dei pronunciamenti giudiziari che fanno discutere, da Treviso arriva la notizia che tentare di sparare a una finanziera non è da considerarsi tentato omicidio, perché la nigeriana che ha aggredito la militare, strappandole l'arma che questa aveva in dotazione, non è riuscita a fare fuoco. Siccome la Beretta aveva la sicura ed era sprovvista del colpo in canna, nonostante l'extracomunitaria abbia più volte provato a sparare, non si tratta di tentato omicidio, ma di tentata evasione aggravata e resistenza a pubblico ufficiale.Ah, dimenticavamo: la signorina che ha cercato di accoppare il maresciallo in gonnella aveva nello stomaco 74 ovuli di cocaina e la finanziera, per essersi fatta sfilare l'arma, potrebbe rischiare un procedimento disciplinare. E poi uno si chiede perché i voti della Lega salgono.