2023-12-24
Ecco cosa c’è dentro il nuovo Patto
Abbiamo letto i 38 articoli del testo negoziato da Giorgetti. Più tempo per sistemare i conti e vincoli meno stretti, però si prolunga il modello Pnrr: flessibilità in cambio di riforme. Aumenta il potere discrezionale della Commissione: se ci è nemica, siamo fregati.Clicca qui sotto per consultare il testo integrale del nuovo Patto di stabilità.Patto di stabilità.pdfEcco il Patto di stabilità: il primo testo redatto, dopo una lunga serie di strattoni in sede di Consiglio Ue, è stato spedito all’Europarlamento, guidato da Roberta Metsola. Con il nuovo anno al via le negoziazioni, il trilogo e il processo di approvazione. Sorprese ce ne saranno, ma lo scoglio è stato superato. Il che ci porta a dire che le 48 pagine del testo sono sufficienti a capire il senso profondo delle nuove regole fiscali che guideranno i Paesi membri per i prossimi 20 anni. Dentro ci sono parecchio sale e peperoncino, una lunga premessa e ben 38 articoli. Il cui senso complessivo si basa su quattro pilastri. Primo. Lo scopo delle nuove regole. Secondo. Il potere politico enormemente accresciuto del Consiglio e soprattutto della Commissione. Terzo pilastro: la flessibilità. Quarto e ultimo pilastro: le condizioni per accedere alla flessibilità, condizioni che a loro volta riportano attraverso uno schema ciclico al primo pilastro. Cioè, il motivo per cui l’Europa ha deciso di riformare il Patto di stabilità. Basta leggere il punto quinto della premessa del testo per capirlo. Di fronte alle diverse situazioni fiscali ed economiche degli Stati membri e a seguito del boom dei debiti pubblici post Covid, l’Unione adesso punta a scrivere un grande protocollo che uniformi le differenze e contribuisca a realizzare le strategie dell’Ue. Quali? Ahinoi, la transizione green: con tanto di dichiarazione di intenti per raggiungere le emissioni zero nel 2050, la Difesa comune, un approccio comunitario al mondo del lavoro e al mercato. Per concludere, la transizione digitale fino alla trasformazione dei governi in piattaforme online. A tal fine si creeranno degli indicatori di sostenibilità economica che serviranno per avviare cammini paralleli che consentano agli Stati una gestione dei budget fiscali a breve termine e un percorso di lungo termine per la riduzione dei debiti.Visti i fallimenti precedenti, che tra l’altro hanno portato allo stop del vecchio Fiscal compact, il nuovo Patto prevede due clausole di salvaguardia. Una generale (nel caso l’area euro vada in crisi: ma a chi toccherà decretarlo?) e l’altra specifica per un singolo Stato nel caso in cui quest’ultimo venga colpito da fatti esterni non prevedibili. Tolti i due eventi catastrofici, il resto del percorso anche nell’ambito del terzo pilastro, quello della flessibilità, è già tutto previsto. Come infatti si comprende dall’articolo «6 bis» del nuovo testo, i Paesi con forte indebitamento possono avviare un piano di rientro con percentuali dimezzate rispetto al vecchio schema e con tempi molto più lunghi. Fino a sette anni. I percorsi sono però - sia nella fase preventiva sia in quella consuntiva - sotto osservazione del Consiglio Ue e della Commissione.Il nuovo Patto dedica più di un articolo a come ampliare il ruolo del semestre europeo e dall’altro mette nero su bianco che la Commissione godrà pure del privilegio di un potere ispettivo. A pagina 45, l’articolo 34 recita: «La Commissione garantirà un dialogo permanente tra i Paesi. A questo fine, la stessa Commissione organizzerà missioni allo scopo di verificare la situazione socio-economica e le difficoltà nella messa a terra delle regole». Era dai tempi della Troika che non si organizzavano missioni per conto di Commissione e Consiglio. Tant’è che in futuro i due organismi avranno al loro fianco advisor «indipendenti». La riforma prevede infatti l’ampliamento del ruolo dell’Efb, l’European fiscal board. Si tratta di un gruppo di consulenza, già oggi formato da docenti europei (presieduto da un danese, mentre spicca un italiano, Massimo Bordignon). In futuro sarà rinnovato ogni tre anni, su scelta però della Commissione. Sarà un ente certificatore dei progressi degli Stati nel rientro del debito e del deficit, ma che potrà anche fornire consigli e suggerimenti pratici. Quanto saranno obbligatori lo capiremo. In ogni caso siamo di fronte ad elementi che spiegano in forma plastica come Consiglio e Commissione avranno un ruolo sempre più politico e accompagneranno ogni governo nella stesura dei singoli Def, delle manovre e nei programmi di lungo termine. L’accrescimento del potere centrale di Bruxelles è quindi decretato. In cambio i singoli Paesi membri hanno accettato maggiore flessibilità numerica e quantitativa. Il che significa che i margini di spesa delle leggi finanziarie annuali si ridurranno, mentre si amplieranno i piani di spesa o di investimento quinquennali su modello Pnrr.Perché terminato il Pnrr o il Recovery plan, con questo schema di stabilità fiscale entreranno in campo, dopo il 2027, altri Pnrr o altri piani europei di investimento. Cambieranno i nomi, ma non la sostanza della pianificazione. Esattamente il tassello che crea lo schema circolare di cui abbiamo fatto cenno nell’incipit di questo articolo. Il Patto serve a rientrare dai debiti e a realizzare i grandi piani europei di trasformazione green e digitale. Al tempo stesso, se gli Stati non attueranno le riforme connesse a queste trasformazioni, anche dimostrando di mantenere valide le percentuali di rientro di deficit o debito, la flessibilità fiscale concessa sarà negata. Che succede in questi casi? Si legge nero su bianco nell’articolo 19: «Se uno Stato membro percorre la strada dell’aggiustamento fiscale concordato, ma fallisce gli obiettivi di riforme e di messa a terra degli investimenti previsti, allora la Commissione introdurrà un percorso di tagli molto più breve». Punto e basta. Addio flessibilità. A questo punto sono chiare due cose. Conviene votare bene alle prossime europee, per evitare la catastrofe di una nuova Commissione a guida socialista. Per il semplice fatto che a Bruxelles la stanza dei bottoni avrà ancora più pulsanti, e l’arco di decisioni che si potranno prendere a Roma sarà sempre più stretto. Come ridotta sarà la sovranità nazionale. Serviranno, dunque, nuovi anticorpi. Uno su tutti. Una Confindustria forte e che sappia fare battaglie in Europa. Ieri uno dei big di Viale dell’Astronomia intervistato dal Corriere ha chiesto più attivismo in Ue. Peccato che il riferimento fosse alle grandi aziende. Servirà invece chi combatterà a Bruxelles per difendere le piccole imprese italiane per evitare che vengano schiacciate: da un lato dai grandi piani quinquennali e, dall’altro, dai colossi transnazionali.
Marco Risi (Getty Images)
Nel riquadro, la stilista Giuliana Cella
Eugenia Roccella (Imagoeconomica)
Mario Venditti. Nel riquadro da sinistra: Oreste Liporace e Maurizio Pappalardo (Ansa)